Il 24 marzo la Chiesa italiana celebra la Trentunesima Giornata in memoria dei Missionari Martiri che quest’anno ha per titolo “Di me sarete testimoni” La scelta della data ricade non a caso nel giorno del martirio di San Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, noto alla storia per la sua vicinanza al popolo salvadoregno oppresso da un sistema politico a protezione delle èlite e assassinato da un cecchino dell’esercito nazionale il 24 marzo 1980. Lo slogan “Di me sarete testimoni”,invito di Gesù rivolto ai suoi apostoli(at 1,8) risuona forte ancora oggi in chiunque scelga di raccoglierlo: è l’invito a farsi prossimi, a imitare il Maestro nella vicinanza a chi sta al nostro fianco,a raggiungere coloro che sono tanto distanti da sentirsi smarriti, ad abbattere i muri del pregiudizio, a soccorrere chi è nel bisogno.

Nel 2022 sono stati uccisi 18 missionari e missionarie: 12 sacerdoti, 1 religioso, 3 religiose, 1 seminarista, 1 laico. Dal 2001 ad oggi i missionari/e cattolici uccisi sono 634. Ma oltre ai missionari/e, ci sono vittime fra i comuni cristiani, centinaia, migliaia di cattolici uccisi in molti paesi del globo il cui resoconto è fornito dall’“Aiuto alla Chiesa che soffre”. La maggior parte di loro è morta proprio a causa del fondamentalismo religioso o etnico. Ma anche quando il motivo può essere la semplice rapina, è un fatto che segue una tendenza: si uccide il cristiano perché è indifeso, non porta armi, non si vendica, perché si impegna per i diritti umani, per il recupero psicologico delle vittime di guerre civili, perché parla di uguaglianza sociale, promuove la cultura per tutti.

Oggi si parla di oltre 300 milioni di cristiani che vivono negli oltre 50 paesi nei quali è più facile essere perseguitati, ostacolati nell’esercizio della fede, emarginati, discriminati e imprigionati. Sono quasi tremila quelli uccisi ogni anno (più di otto al giorno). È alto il numero delle donne, dei giovani e giovanissimi cristiani che subiscono violenza.

Le storie che arrivano da Nigeria, Siria, Pakistan, Libia, India, dal Mozambico, e da molti altri paesi, lasciano l’amaro in bocca. E non è solo l’integralismo islamico, segno della crisi interna allo stesso Islam, che preoccupa. L’intolleranza religiosa e il suo uso politico si manifestano anche, ad esempio, in un paese induista come l’India, o in uno buddhista come il Myanmar, dove vengono perseguitati sia cristiani che musulmani, come pure in quei paesi nei quali gruppi settari e ultra tradizionalisti di cristiani si legano a leader più o meno populisti e antiliberali (come sta accadendo nelle Americhe e anche in alcuni paesi europei).

Pure la cosiddetta cultura laica della nostra Europa, ufficialmente paladina della libertà, non è immune da tale virus, quando promuove idee verso le quali non è ammessa nessuna critica, mettendo a rischio la libertà di pensiero e quindi anche la libertà religiosa.

Un’altra forma di esclusione e ostracismo nei confronti dei cristiani è praticata attraverso i social e i media, con la promozione di modelli di vita centrati sull’io, sull’autorealizzazione della persona tramite denaro, divertimento, consumi, gioco, rischio, sesso. L’attacco a valori cristiani come la sobrietà, la castità, l’altruismo, il perdono, la famiglia, la vita, anche quando non è esplicito, è pervasivo e potente, soprattutto su chi lo subisce, più in modo emotivo che razionale, durante il delicato processo di formazione della sua personalità.

I cristiani, oggi, sono perseguitati come e più di quanto non lo fossero nei primi secoli dopo Cristo. Non è un dato felice. Eppure, paradossalmente, è un bel segno, un segno di grande vitalità. Nonostante la crisi di fede, molto forte soprattutto in Europa e nelle Americhe, il Vangelo non ha perso sapore. I cristiani continuano a imitare il loro Maestro, abitando le periferie del mondo, in mezzo ai poveri, agli esclusi, ai marginali. Il Vangelo continua a dar fastidio agli Erodi e ai grandi sacerdoti del nostro tempo. Continua a contestare una logica politica ed economica che dimentica la dignità della persona, indipendentemente dalla sua cultura o stato sociale, una politica che preferisce investire in armi invece che su pace, salute ed educazione, un’economia che depreda il pianeta a vantaggio di pochi. «Fratelli tutti», ha scritto papa Francesco. Parole semplicissime, ovvie forse, ma non per tutti. Parole che portano al martirio.

Se da una parte la conta delle vittime, le terribili violenze, le umiliazioni sistematiche, gli imprigionamenti ingiustificati, la distruzione di chiese, il bavaglio all’informazione, spezzano il cuore, dall’altra lo rinvigoriscono, perché sono segni di quanto sia ancora viva e forte la buona notizia di Gesù. Se milioni di cristiani, ancora oggi, sono disponibili a pagare di persona per la fede, una fede che non chiama alla vendetta, che promuove il perdono, che ama i nemici, che fa crescere la vita, possiamo avere speranza.

da: comboninsieme