Passi nella fede con il Vangelo di Marco (4)
Marco 4
TESTI DI MONS. MARIO ROLLANDO E FR. CESARE VAIANI OFM
IL SEMINATORE AL TRAMONTO

DESCRIZIONE DEL DIPINTO
Nel dipinto dominano due tinte fondamentali, i colori che l’occhio può avvertire singolarmente: il blu del campo e del contadino ed il giallo del cielo e del campo di grano. Al centro del dipinto c’è il sole, mentre il seminatore è spostato più lateralmente. L’enorme disco del sole immerge tutto lo sfondo del cielo in un giallo intenso e carico. Il terreno, in primo piano, risponde con un blu caliginoso e con macchie di viola brillante. È uno scambio vero e proprio dei colori e della realtà. Il campo, normalmente giallo, qui è riprodotto in blu, e il cielo, generalmente azzurro-blu, qui è giallo.
Si semina a novembre, in autunno, e il grano matura in estate e dunque viene raccolto. Un sole così luminoso c’è appunto in estate, in autunno è improbabile vederlo. Nel dipinto il sole sta tramontando, lo dice il titolo stesso, e il terreno è di colore blu come il cielo ma pure come il mare; c’è una sorta di sentiero che lo divide in due. La linea di confine è data dal campo di grano. Il contadino volta le spalle al sole e va nella direzione opposta rispetto al sentiero.
IN ASCOLTO DELLA PAROLA
Giornate e giornate di lavoro sembrano pesare sulle spalle di questo seminatore e quel sole all’orizzonte pare accompagnarlo da sempre. La parabola evangelica è qui descritta con un unico sguardo: il terreno che attende il seme, il selciato, gli uccelli rapitori del seme e la messe che biondeggia già all’orizzonte. E il seminatore continua a seminare, instancabile. Nel suo andare ha ancora lo slancio della prima ora, getta il seme senza calcolo, non si attarda a considerare la qualità della terra, non bada agli uccelli, semina semplicemente e generosamente. Addirittura il suo abito ha i colori del terreno. È diventato tutt’uno con esso. Il seminatore, che getta il seme con abbondanza, senza risparmio, senza calcolare la qualità del terreno, è il Verbo di Dio che getta con liberalità la sua Parola.
Ha colto nel segno Van Gogh, riempiendo la scena della luce aurea del Padre che accompagna il lavoro del suo Verbo nel campo del mondo. Non sta all’uomo giudicare chi sia dentro al Mistero o chi ne sia fuori, ma è l’accoglienza del seme della Parola a deciderlo. L’insegnamento sul mistero del Regno diventa pertanto anche un insegnamento sull’identità del vero discepolo, che è l’altra grande domanda a cui risponde il Vangelo di Marco. Il mistero del Regno non obbedisce alla logica del successo, delle conversioni di massa, ma conosce la logica del seme, fatta di attese e di maturazioni, di inizi modesti e di sviluppi lenti ma costanti, fino alla piena manifestazione del Mistero e della Potenza nascosti in esso. Colui che annuncia il Regno deve entrare in questa dinamica, deve assumere la pazienza del contadino senza arrogarsi il diritto di giudicare su quali terreni seminare, ma lasciare al seme di sprigionare in tutto la sua forza intrinseca. La potenza insita nel seme ha infatti una sua evidenza che non verrà mai smentita.
Cosa suscita dentro di noi lo sguardo attento su questo dipinto?
CONTINUIAMO AD ASCOLTARE
“Colui che dà il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, darà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia.” (2 Cor 9,10)
“Accostati ad essa come uno che ara e che semina, e resta in attesa dei suoi buoni frutti; faticherai un po’ per coltivarla, ma presto mangerai dei suoi prodotti.” (Sir 6,19)
“Seminate per voi secondo giustizia e mieterete secondo bontà; dissodatevi un campo nuovo, perché è tempo di cercare il Signore, finché egli venga e diffonda su di voi la giustizia.” (Os 10,12)
“In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.” (Gv 12,24-25)
“Tenete presente questo: chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà.” (2Cor 9,6)
“Non fatevi illusioni: Dio non si lascia ingannare. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede.” (Gal 6,7-10)
“Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».” (Mc 4,30-32)
NOTE SULL’AUTORE
Van Gogh nacque nel 1853 in un piccolo villaggio, di nome Goot Zundert, del Brabante olandese. Questa regione, situata ai confini con il Belgio, pur appartenendo ai protestanti Paesi Bassi, dal punto di vista religioso risentì delle influenze cattoliche delle Fiandre.
Il padre e lo zio di Vincent erano pastori protestanti e appartenevano alla Scuola di Groninga, un movimento riformista sorto nell’Ottocento all’interno del Calvinismo olandese che, aspirando al prevalere della religiosità sentita rispetto all’aridità del dogma, volentieri si ispirava all’Imitazione di Cristo di Kempis e al Viaggio del Pellegrino di Bunyan.
Anche Vincent, dopo alcuni fallimenti nel lavoro e in amore, maturò in Inghilte rra la vocazione religiosa decidendo di seguire le orme paterne. Il tentativo fallì, ma egli riuscì tuttavia a dedicarsi per un certo tempo alla predicazione come evangelizzatore laico.
Esistono alcuni sermoni sul tema della semina dove egli paragona Dio a un seminatore che “infonde la sua benedizione nel seme del suo Verbo gettato nei nostri cuori” (sermone del 1876).
Un’espressione che getta luce non solo sulla parabola, ma anche sulla tela di Vincent raffigurante il seminatore. Il Seminatore di Otterlo è stata realizzata nel 1888 ad Arles in Provenza, durante il suo soggiorno con Gauguin nella Casa Gialla.
(Spunti tratti dal sito http://www.culturacattolica.it)
– PRIMA LECTIO –
“Il seminatore uscì a seminare” (MC 4,1-9)
Fede e accoglienza della Parola
1 Cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva. 2 Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: 3 «Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4 Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5 Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, 6 ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7 Un’altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. 8 Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno». 9 E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
Lo scenario che Marco presenta è grandioso poiché intende sottolineare la solennità del fatto che sta per narrare. Questo viene evidenziato anche dall’esortazione di Gesù: ascoltate.
Le parabole raccontate sono tre: il seminatore, il seme che cresce da solo, il granellino di senapa. Tutte e tre hanno un duplice centro: il seme e il Regno. Notiamo che la parabola non è per Gesù un semplice accorgimento didattico per rendere più comprensibile o interessante quello che dice, ma una scelta teologica, poiché del Regno di Dio e della sua operosità possiamo parlare adeguatamente solo per immagini. Il linguaggio simbolico della parabola aiuta l’ascoltatore ad andare oltre il racconto, obbligandolo a pensare.
Soffermiamoci su Mc 4,1-9, la parabola della semina.
È difficile che il seminatore presentato dal racconto esista nella realtà. Quale seminatore lascerebbe cadere indistintamente il seme tra i rovi, sulla terra battuta, sulle pietre e sul buon terreno? È un seminatore folle. È immagine del Padre che seminerebbe anche sull’asfalto, anche sul cemento armato. È una figura fuori dalle regole ordinarie, come il fattore che invita al lavoro a ore diverse della giornata e dà a tutti lo stesso salario (Mt 19,30-20,16), o come il pastore che lascia le novantanove pecore per andare alla ricerca di quella perduta (Mt 18,10-14).
Gesù stesso, poco più avanti (cfr. Mc 4, 13-20), spiega che il seme è la Parola di Dio e i quattro terreni dove il seme cade sono il cuore dell’uomo. Ci si può domandare se i quattro terreni indicano quattro cuori umani diversi, oppure il cuore d’una sola persona, in quattro condizioni differenti. Prevale per gli esegeti la seconda interpretazione. È la stessa persona che, a seconda del proprio stato interiore, può essere un groviglio di rovi, terra battuta, pietre o terreno buono.
Nel racconto di Gesù è notevole il contrasto tra l’insuccesso della semina nei tre terreni cattivi e il frutto straordinariamente abbondante nel terreno buono. In Palestina, assicurano gli esperti, di solito il seme rende il 7,5 per uno; secondo la parabola invece rende il 30, il 60, e il 100 per uno. Pare che la disponibilità del terreno sia determinante per la fecondità della Parola.
La piccolezza del seme – quello di senapa poi è come pulviscolo – sta ad indicare l’aspetto qualitativo, non quantitativo, del seme della Parola. Inoltre dice che il seme della Parola di Dio, essendo di dimensioni minute, può penetrare ovunque. Il seme cade nel terreno e rimane nascosto tra le zolle. L’inesperto può anche non accorgersi che in un campo è stato gettato il seme. Ciò significa che la Parola di Dio è discreta e opera silenziosamente nella storia, non è mai invasiva. Molte realtà, persone e collettività, possono sembrare campi senza vita, mentre invece la Parola di Dio sta lavorando in essi.
Il seme diventerà spiga progressivamente, secondo le leggi della vita vegetale. Gesù per parlarci dell’efficacia della Parola nel cuore umano non dice che Dio trapianta spighe o alberi – e potrebbe farlo – ma getta soltanto dei semi. La Parola di Dio opera pazientemente. Nel seme di grano non c’è una spiga in miniatura, come nella ghianda non c’è una minuscola quercia. La Parola opera attraverso profondi cambiamenti, secondo le leggi della vita, in modo organico e duttile, non in modo rigido o schematico.
Il seme della Parola non cade in un terreno asettico, predisposto per riceverlo. Nel terreno ci sono sterpi, radici, letame, concime. Gesù ci dice che la Parola di Dio non fugge e non teme il contagio ma lo cerca. Il seme della Parola è solidale col terreno, ne assorbe tutti i succhi. Nel cuore dell’uomo, dice S. Paolo, la Parola entra a contatto con idolatria, invidia, rancori, maldicenza, sensualità, insieme a umiltà, mitezza, dolcezza, purezza, povertà.
Infine, secondo un principio agreste, il seme deve essere gettato nel terreno a piene mani: non si gettano semi isolati, ma un gruppo di semi. Essi agiscono insieme nel terreno e sprigionano energie l’uno per l’altro per poter fruttificare. Sembra che la parabola voglia dire che il seme della Parola opera comunitariamente, all’interno d’una appartenenza. S. Agostino diceva “Incontriamo la verità comunicandocela”.
Nella spiegazione che offre della parabola (Mc 4,10-20), Gesù insiste sull’importanza fondamentale dell’ascolto per essere suoi discepoli e indica le particolari difficoltà ad ascoltare che hanno incontrato i diversi terreni. S. Paolo dirà che la fede nasce dall’ascolto, “Fides ex auditu” (Rom 10,4). Gesù stesso, a chi lo interroga su quale sia il primo comandamento della legge, risponde citando il Deuteronomio (6,4-9) e il Levitico (19,18): Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mc 12,29-31a).
Il primo comandamento non è “amerai”, ma “ascolta”, Shemà Israel. Il fondamento della fede biblica e cristiana è l’ascolto della Parola di Dio. Diceva un Vescovo ai suoi fedeli, forse eccedendo ma per trasmettere questo concetto: “La parte più importante della S. Messa è la liturgia della Parola, perché senza la fede non si può celebrare l’Eucarestia”. In Israele lo Shemà è pregato tre volte al giorno ed è scritto in piccoli papiri, contenuti in cilindri di vetro, appesi agli stipiti delle porte. Qualcuno ama pensare che lo Shemà cristiano sia la preghiera dell’Angelus, ripetuta tre volte al giorno, ove con Maria, prima discepola in ascolto, il cristiano rinnova la propria consegna di fede al Signore.
Nel primo libro dei Re (3,9) è narrata la vicenda del re Salomone. A Dio, che gli propone di chiedere qualunque cosa e gli sarebbe stata concessa, il re risponde domandando al Signore di dargli un “leb shomea” un cuore capace di ascolto. E Salomone diventa il re sapiente, capace di ascoltare Dio e gli uomini.
L’ascolto è grazia da chiedere ogni giorno, è esercizio al quale essere fedeli quotidianamente. L’ascolto della Parola di Dio educa ad ascoltare, discernere, interpretare e orientare tutte le altre realtà del creato e della storia.
Solo l’ascolto continuo e attento della Parola, seme sparso con abbondanza anche nei diversi terreni del nostro cuore, ci garantisce di non perdere di vista l’essenziale.
Dalla vita al Vangelo, dal Vangelo alla vita
Come il seme cade in qualsiasi terreno, così la Parola è sparsa con gratuità e non teme il nostro rifiuto e le nostre difficoltà.
≠ Riconosciamo e diamo nome ad alcuni segni di novità, che l’ascolto assiduo della Parola sta seminando oggi nella nostra vita …
≠ Cerchiamo alcuni aspetti della realtà e della storia dei nostri Paesi, delle nostre città, dei nostri ambienti di vita ordinaria, da discernere e interpretare alla luce della Parola.
ISTITUTO SECOLARE MISSIONARIE DELLA REGALITÀ DI CRISTO