Antonello da Messina: lo sguardo di Maria.

Antonello da Messina, lo sguardo di Maria.

Le vicende di Antonello da Messina (sui documenti che lo riguardano è chiamato “Antonio de Antonio”) si possono ricostruire con fatica, nonostante ai suoi tempi fosse un pittore affermato e ben introdotto nelle corti in qualità di ritrattista. Purtroppo molte delle carte che lo interessavano sono andate distrutte nel terremoto del 1908; il sisma non ha risparmiato alcune delle sue opere più famose.

Durante la sua breve vita (morì a 49 anni) compì numerosi viaggi, non soltanto nella sua isola, per soddisfare le esigenze di una variegata committenza. Fu nel nord dell’Europa, e nelle botteghe dei pittori di quei paesi imparò la tecnica del dipingere ad olio, oltre che uno sviscerato amore per i particolari più minuti. Non mancò di sostare a Venezia, allora una delle capitali mondiali della pittura. Vi dipinse anche una pala d’altare: la Pala di San Cassiano; opera rara, ora purtroppo smembrata. I pezzi di maggiori dimensioni sono conservati a Vienna.

Ebbe rapporti con i potenti del suo tempo, perfino con Gian Galeazzo Sforza che lo voleva alla sua corte come pittore ufficiale. Morì nel 1479 ricco e onorato. Lasciò un figlio al quale toccò in sorte il non facile compito di portare a compimento i lavori paterni.

Le sue opere sono disperse nei musei di mezzo mondo, dove sono vantate come le perle delle collezioni. I musei italiani conservano alcuni ritratti virili da lui eseguiti: il Museo Malaspina di Pavia, la Galleria Borghese di Roma, la Fondazione Mandralisca di Cefalù, il Museo Civico di Torino; senza contare quanto conservano i musei siciliani e il museo di Reggio Calabria.

Antonello dipinse l’Annunziata (conservata nella Galleria Nazionale di Palermo) nel 1476. Maria è inginocchiata, sta meditando sulla pagina di un libro aperto su un basso leggio davanti a lei. Il rapido gesto può essere interpretato come la richiesta di un momento di pausa per capire ciò che le è proposto.

Roberto Longhi (1890-1970), uno dei più autorevoli storici dell’arte contemporanei, ha definito questa composizione la “piramide umana”. Una definizione non solamente destinata a creare suggestioni, ma estremamente pertinente. Come un architetto che progetta uno spazio, così Antonello ha racchiuso la Vergine del dipinto in uno spazio cristallino: con la mano sinistra stira il mantello, dando la sensazione di possedere l’asse attorno cui far ruotare idealmente tutta la composizione. Il suo sguardo orienta verso di noi, quasi si trattasse di un cuneo, lo spigolo che ha inizio nella piega del mantello sopra la fronte, passa attraverso lo spigolo della faccia e discende fino alla prominenza dell’inginocchiatoio. La mano destra avanza timida, quasi a voler saggiare il limite possibile del volume, e, trovatolo, si arresta, mentre le si contrappone il fendente affilato del foglio candido del libro aperto.

All’interno dello spazio lasciato libero dal mantello, a forma di goccia capovolta, sulla colonna del collo si depone l’ovale perfetto del viso, sul quale si delineano, lievissime, le larghe ombre regolari. Nulla rompe l’incanto: non il fondo opaco, non lo spigolo tagliente del mobile in primo piano. Il Longhi ha definito la mano protesa la “più bella che io conosca nell’arte”.

Natale Maffioli SDB

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