P. Manuel João, comboniano
Riflessione domenicale
dalla bocca della mia balena, la sla
La nostra croce è il pulpito della Parola

Anno B – Tempo Ordinario – 6a Domenica
Marco 1,40-45: “Lo voglio, sii purificato!”

Il protagonista del vangelo di questa domenica è un lebbroso che osa fare qualcosa di impensabile per la sua condizione: avvicinarsi a Gesù per chiedere la guarigione!

Siamo ancora alle prime battute del vangelo di Marco. Dopo la giornata programmatica di Cafarnao, di cui si è parlato domenica scorsa, Gesù è in giro per i villaggi della Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni” (v. 39). In questo contesto viene introdotta questa guarigione. Si tratta del primo grande miracolo raccontato nei vangeli sinottici (Marco, Matteo e Luca). È un miracolo con una profonda portata simbolica. Si parla, infatti, di un lebbroso, senza specificare nome, circostanze, tempo e luogo dove avviene il miracolo. Il lettore viene velatamente invitato a identificarsi con questo uomo e, in un incontro personale con Cristo, professare la fiducia nella sua compassione e potere salvifico: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Questo lebbroso è lo specchio della nostra propria condizione. Un vangelo che ci predispone già all’ingresso nella Quaresima, mercoledì prossimo.

1. Un miracolo strepitoso e… rischioso!

Per capire meglio la portata di questo miracolo, bisogna tenere conto che la lebbra era la più temuta delle malattie, non solo per i terribili effetti sfiguranti che rendevano irriconoscibile la persona, ma soprattutto per la segregazione e la stigmatizzazione che essa comportava. Per di più, era ritenuta un castigo divino. Il lebbroso era considerato un “impuro” non solo per la malattia, ma anche per il suo presunto peccato. Abbandonato da tutti e da Dio, era come un morto vivente. Il libro di Giobbe dice: “la lebbra è la primogenita della morte”. Guarire un lebbroso era come risuscitare un morto! Ecco perché Gesù lo ammonisce, dicendo: “Guarda di non dire niente a nessuno”. Gesù non cerca pubblicità. Sa bene che i miracoli sono “rischiosi”: possono creare delle aspettative che stravolgono la sua missione. Come di fatto avverrà! La gente lo cercherà, non per ascoltare la Parola del Regno, ma per i miracoli.

Il lebbroso, osando avvicinarsi a Gesù, commette qualcosa di molto grave, punibile con la lapidazione. Dall’altra parte, Gesù, accogliendolo e toccandolo, corre il rischio di essere contagiato non solo dalla sua malattia, ma pure dalla sua “impurità”. Infatti, dato che il lebbroso non rispetta la consegna datagli da Gesù, si verifica un curioso rovesciamento della situazione: mentre il lebbroso, guarito, poteva tornare in città, “Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti”. Un anticipo profetico della sua crocifissione fuori di Gerusalemme, per avere caricato su di sé tutte le lebbre del mondo!

Come non vedere qui un appello rivolto a noi a coinvolgerci nella lotta contro tutte le lebbre, osando avvicinare e toccare i lebbrosi di oggi, gli emarginati della nostra società, correndo il rischio di essere “contagiati” e stigmatizzati anche noi dai benpensanti!

2. La domenica delle trasgressioni!

Nel vangelo di oggi troviamo tre trasgressioni. Prima di tutto, il lebbroso trasgredisce la legge che prescriveva di non avvicinarsi mai alle persone e, per evitare il contatto, quando si spostava doveva gridare: impuro, impuro! (vedi prima lettura dal Levitico). Poi, anche Gesù trasgredisce la legge, che vietava di toccare il malato. Infine, il lebbroso guarito non obbedisce all’ordine di Gesù di non dire a nessuno dell’accaduto. Mentre i demòni obbedivano all’ingiunzione di non dire che egli era il figlio di Dio, questo uomo, invece, gli disobbedisce. Era troppo grande la sua gioia per riuscire a contenerla. E diventa così il primo “predicatore” del vangelo!

Anche qui troviamo un richiamo per il cristiano: non ci sono leggi che tengano, quando è in causa il bene della persona. Per questo Gesù è stato tanto critico riguardo ad una visione legalista del sabato e di altre prescrizioni religiose: “L’uomo non è fatto per il sabato…”. Il credente è chiamato ad esercitare la sua capacità critica e a seguire la voce della sua coscienza, i cui dettami sono spesso in netto contrasto con il pensare comune. “Bisogna obbedire a Dio prima che agli uomini…”. Questo richiede oggi una grande dose di coraggio e una vigilanza continua per non lasciarsi “contagiare” dalla “mentalità del mondo”!

3. La giornata della… rabbia!

Ci stupisce il fatto che, dopo essere stato mosso dalla compassione verso questo lebbroso, subito dopo Gesù sembri come infastidito e quasi arrabbiato: “E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito”. Questa espressione “lo cacciò via” è alquanto sorprendente perché è la stessa impiegata con i demòni. Ma c’è di più. Alcuni codici antichi invece del verbo “ebbe compassione” (greco esplankemisteis), impiegano il verbo “orghisteis”, cioè “si è indignato, si è arrabbiato”. Secondo gli esperti questo sarebbe il termine originale. Ci chiediamo, dunque: perché era Gesù adirato? Potremmo ipotizzare che Gesù manifesti la sua indignazione contro il male che affligge l’uomo e soprattutto per l’emarginazione di cui è oggetto il lebbroso.

Questa rilettura del testo ci può sconvolgere. Siamo abituati ad una idea troppo “dolciastra” di Gesù e facciamo fatica a immaginare un Gesù che, oltre ad essere “mite e umile di cuore”, talvolta è preso da sentimenti di ira e di indignazione davanti a situazioni di chiusura (vedi le sue invettive contro i farisei), di ingiustizia (vedi il suo approccio scandaloso verso pubblicani e peccatori) e di strumentalizzazione di Dio (vedi l’espulsione dei venditori dal Tempio).

Attorno a questa domenica si celebrano delle Giornate che ci invitano a coltivare questa “giusta rabbia”: la Giornata mondiale per i malati di lebbra, l’ultima domenica di gennaio; la Giornata contro la tratta di persone, l’otto febbraio, memoria di Santa Bakhita; la Giornata del malato, l’undici febbraio, memoria della Madonna di Lourdes…, occasioni per mantenere sveglia la nostra lotta contro ogni ingiustizia, contro tutte le lebbre che affliggono il nostro mondo.

Dobbiamo dire che ci manca spesso questa “giusta rabbia” davanti a tante situazioni di eclatante ingiustizia. Siamo molto sensibili quando ci toccano “i nostri diritti”, ma ci abituiamo troppo facilmente alle situazioni di ingiustizia altrui, col rischio di cadere nell’indifferenza. Dobbiamo riconoscere pure che le “voci profetiche” spesso ci infastidiscono. Ma se il cristiano non esercita la sua “vocazione profetica” è sale che ha perso il sapore e luce sotto il moggio!

Per la riflessione settimanale

Riflettere sul nostro atteggiamento di fronte ad una particolare ingiustizia riportata dai media: sensibilità accompagnata da una forma di coinvolgimento; abitudine che rasenta l’indifferenza; non voler sentirne parlare per non essere disturbati…

P. Manuel João Pereira Correia
Verona, 9 febbraio 2024