P. Manuel João, comboniano
Riflessione domenicale
dalla bocca della mia balena, la sla
La nostra croce è il pulpito della Parola

Inviti rifiutati, inviti accolti ed inviti traditi

Anno A – 28a Domenica del Tempo Ordinario
Matteo 22,1-14: “Tutto è pronto; venite alle nozze!”

Sono ormai cinque domeniche che Gesù ci parla con parabole e questa di oggi è la terza rivolta ai capi dei sacerdoti e ai farisei. In realtà, si direbbe trattarsi di due parabole accollate: quella del banchetto aperto a tutti (vv. 1-10) e quella della veste nuziale richiesta a tutti (vv. 11-14).

Ci siamo abituati al genere parabolico usato spesso da Gesù, ma non bisogna dimenticare che dietro l’apparente semplicità del suo messaggio, la parabola richiede da noi un doppio sforzo: la sua comprensione nel contesto culturale-storico-biblico del tempo di Gesù e la sua applicazione alla nostra vita attuale.

1. Una parabola strana ed inverosimile!

Si tratta di una parabola e, quindi, di un racconto simbolico in vista della trasmissione di un messaggio. Ma San Matteo rilegge questa parabola di Gesù in funzione della sua comunità, rendendola complessa ed inverosimile. Per capirlo basta leggere la versione di San Luca, con un’altra intenzione catechetica, dove il messaggio è molto semplice e diretto (vedi Luca 14,15-24, forse ispirata ad un fatto davvero accaduto!).

La nostra parabola di oggi parla di un pranzo preparato da un re per le nozze di suo figlio, quindi una circostanza di festa e di gioia. Ebbene, nel racconto sono introdotti tre elementi anomali che contrastano con l’ambiente di festa: il rifiuto e addirittura la reazione violenta dei primi invitati; l’invio dell’esercito per uccidere gli assassini e bruciare la loro città; e, quando la sala è piena di nuovi invitati, il duro intervento del re al vedere che uno degli invitati non indossava la veste nuziale. Come comprendere la parabola?

Matteo presenta in forma allegorica la storia della salvezza. Non dimentichiamo che Gesù sta parlando ai responsabili religiosi d’Israele. I primi due gruppi di servi rappresentano i profeti inviati al popolo di Dio (prima e dopo l’esilio?). La distruzione della città è una allusione alla distruzione di Gerusalemme (“che uccide i profeti!” Matteo 23,37), prima dai babilonesi nell’anno 587 a.C., e poi dai romani nel 70 d.C. Il terzo gruppo di inviati sono gli apostoli mandati nel mondo per invitare tutti quanti ad entrare nel festino del Regno. L’aggiunta dell’uomo sprovvisto dalla veste nuziale è un avvertimento rivolto alla comunità cristiana.

Qual è il messaggio della parabola? La prima parte rivela la chiamata universale di Dio rivolta adesso a tutti gli uomini, cattivi e buoni, nessuno escluso. Non c’è più un solo popolo eletto e una nazione privilegiata, ma tutti sono chiamati: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Marco 16,15). Così si realizza quanto profetizzato da Isaia: “Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati” (vedi prima lettura, Isaia 25,6-10). La seconda parte, però, sottolinea che non basta accogliere l’invito, bisogna convertirsi, cioè sintonizzarsi con la gioia delle nozze del Figlio del Re ed entrare nella convivialità con tutti i commensali. Concentriamo la nostra attenzione su questo doppio messaggio.

2. Un invito alla festa: Venite alle nozze!

Ecco, ho preparato il mio pranzo… e tutto è pronto; venite alle nozze!”.
Tutta la Sacra Scrittura potrebbe essere riletta alla luce della parola dell’invito:Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Lettera agli Ebrei 1,1-2). Si tratta di un invito alla festa, a gioire, a partecipare alla vita di Dio, alle sue nozze d’amore con l’umanità. Purtroppo, la visione prevalente della vita come sofferenza e sacrificio ha travisato il nostro rapporto con Dio e la pratica della fede.

Non è da stupirsi perciò del triste spettacolo delle nostre chiese vuote, come la sala vuota del banchetto. L’invito non è percepito come una chiamata alla festa. L’Eucaristia è la caparra del banchetto celeste delle nozze dell’Agnello. Il Padre invita, il Figlio festeggia, ma dov’è lo Spirito? Tante volte lo Spirito è lasciato fuori della porta. Ecco perché manca la gioia e l’entusiasmo. Senza lo Spirito non c’è festa! Senza lo Spirito non c’è convivialità. E si vede quando è presente lo Spirito: il viso diventa raggiante, l’allegria della celebrazione contagia, la gente si avvicina perché la festa unisce le persone! Invece spesso si ha l’impressione che la celebrazione sia “un atto di devozione” privato, ognuno con “il suo Dio” consuma il suo pasto per conto suo. Comunichiamo al corpo di Cristo, ma non comunichiamo tra di noi!

Ecco l’urgente conversione della Chiesa: aprire le porte alla novità, alla giovinezza e alla gioia dello Spirito Santo. Allora ogni invitato diventerà un “angelo”, un inviato, un apostolo, un missionario e la sala del banchetto si riempirà!

3. Dov’è la tua veste nuziale?

Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”
Cos’è la veste nuziale? Tanti pensano alla rettitudine morale o l’impegno cristiano. Sant’Agostino e San Gregorio Magno dicono che è la carità. Qualcun altro, l’abito del servizio, cioè spogliarsi della propria veste per servire, come ha fatto Cristo per lavare i piedi degli apostoli. Infatti “Cristo spogliò se stesso” e nudo celebrò le sue nozze con l’umanità sulla croce. A me risulta più spontaneo pensare alla veste battesimale. Sembra che nell’antico Oriente il re offriva ai convitati anche l’abito per le nozze. Nella Genesi è Dio stesso che copre la nudità dei nostri progenitori (3,21) e nell’Apocalisse viene data alla sposa (la Chiesa, cioè noi!) “una veste di lino puro e splendente” (19,8).

L’invitato colto senza l’abito nuziale potrebbe essere colui che non accoglie la novità di Cristo, ma si limita a mettere una toppa di panno nuovo su un vestito vecchio (Luca 5,36). In conclusione, l’abito nuziale è Cristo stesso: “Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo” (Galati 3,27). Per questo San Paolo ci esorta: “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo” (Rom 13,14).

Per la nostra riflessione personale

Riflettiamo sui nostri rifiuti di fronte ai molteplici inviti e appelli di Dio nella nostra vita. Come partecipiamo al banchetto eucaristico, con o senza lo Spirito, con l’abito nuziale o una veste rattoppata? Siamo pronti ad essere “angeli” dell’invito?

P. Manuel João Pereira, comboniano
Castel d’Azzano (Verona) 13 ottobre 2023