P. Manuel João, comboniano
Riflessione domenicale
dalla bocca della mia balena, la sla
La nostra croce è il pulpito della Parola

DALLA COMPASSIONE ALLA MISSIONE!

Anno A – Tempo Ordinario – 11a domenica
Matteo 9,36-10,8

Dopo il percorso quaresimale e pasquale e le grandi solennità, ritorniamo al tempo liturgico Ordinario, accompagnati dal vangelo di Matteo. Si tratta di riprendere “l’ordinarietà” della nostra vita cristiana, vissuta nella sequela di Gesù.
Il vangelo di oggi ci introduce nel secondo dei cinque grandi discorsi di Gesù nel vangelo di Matteo. Il primo è quello programmatico sul monte delle beatitudini (capitoli 5-7). Dopo aver “parlato”, Gesù ha “operato”, guarendo “ogni malattia e ogni infermità” (capitoli 8-9). Questo secondo discorso, che occupa il capitolo 10 di Matteo, è chiamato il “discorso della missione”.

Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore.

Questo discorso (come il primo, d’altronde!) parte da uno sguardo di Gesù, che gli tocca profondamente il cuore, uno sguardo di compassione. Come vorremmo sentire anche noi questo sguardo di Gesù quando ci sentiamo stanchi, sfiduciati e smarriti! Ma questo stesso sguardo si posa ancora sulle folle sofferenti di oggi, su ogni uomo e ogni donna, su di me e su di te! Perché ne dubitiamo? Per caso, questo sguardo di Gesù è diventato miope? o il suo cuore indurito? Non saremmo noi, forse, come quelle popolazioni dell’Africa occidentale (dove ho fatto missione) che credono sì in un dio supremo, Mawu, ma un dio che si sarebbe allontanato in cielo, per non essere disturbato dagli uomini, e avrebbe affidato la terra ai vodù, che la governano a loro piacimento?! Solo che i nostri vodù si chiamano diversamente: il destino, il caso, l’infortunio, la cattiva sorte, il malocchio… Ah Gesù, incrocia il tuo sguardo con il nostro e guariscilo!

Allora disse ai suoi discepoli: La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!

La messe è abbondante?! Forse si riferisce al vasto campo da seminare! No, parla proprio di messe da raccogliere, che rischia di perdersi per mancanza di operai! E dove?! Non certamente qui, dove c’è solo zizzania! Ci domandiamo perfino se vale la pena ancora predicare il vangelo in questa società che sembra infischiarsene! Gesù, invece, con il suo sguardo di compassione, vede qui una messe da raccogliere nel suo granaio!

Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!».

Pregare per le vocazioni? questo sì! Ma perché il Padrone si fa tanto pregare? Non vede lui stesso che manchiamo di preti, di suore, di missionari?! E, invece, il Signore ci fa pregare per poter cambiare il nostro sguardo e rendere il nostro cuore simile al suo. Per poi… inviare noi! Eh sì, non pensa tanto ai preti e alle suore, lui pensa a noi. E qui l’affare diventa serio!

Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.

Ecco che ci chiama e ci prepara, non ci manda allo sbaraglio in questo compito così immane. Si tratta, infatti, di lottare contro “gli spiriti impuri” che attanagliano la nostra società. Sono tanti: la guerra, la fame, l’ingiustizia, lo sfruttamento, il consumismo… Bisogna scacciarli e rimandarli all’inferno! Ma crediamo davvero in questo potere che ci ha dato il Signore, la forza dello stesso Spirito che operava in lui?
Si tratta, inoltre, di guarire “ogni malattia e ogni infermità”, fisica e spirituale. Tutte! perché il Signore vuole promuovere l’integrità della vita e la nostra libertà. Ma attenti! noi siamo dei guaritori feriti, non immuni a queste infermità: l’egoismo, l’invidia, l’amore proprio, l’indifferenza, la paura, il dubbio, la violenza…

I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.

Sono dodici. Rappresentano le dodici tribù di Israele, tutto il popolo di Dio. Solo uomini? Non è questa una intenzione esclusivista di Gesù. Oggi ne siamo ben certi. È la totalità del numero dodici che importa. Notiamo, in primo luogo, che sono persone molto diverse, con i loro pregi e difetti, non certo “santi e capaci” come voleva Comboni dei suoi missionari. Non so quanti sarebbero adatti per entrare in seminario! Questo per dire che Gesù non cerca persone perfette, ma te e me!
Notiamo, inoltre, che gli apostoli sono nominati due a due. Non si tratta solo di una questione mnemonica, ma per dire che non siamo franco-tiratori. Siamo dei testimoni, con una comunità alle spalle. Notiamo, infine, che nella “foto di famiglia” c’è una figura imbarazzante: Giuda. Perché? È un monito: Giuda può rappresentare ciascuno di noi!

Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele.

Ahi ahi ahi, Gesù ci invia tra i nostri, i vicini, quelli di casa. Non l’hai detto proprio tu, Gesù, che nessun profeta è bene accetto nella sua patria?! Preferirei andare in Africa!

Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

Mandati per testimoniare, con il sorriso e la gioia, con la bontà e il perdono, che il Regno dei cieli è vicino! Inviati ad operare prodigi, non quelli strepitosi di Padre Pio, ma i piccoli miracoli quotidiani, gratuiti e spesso inosservati, di gesti di amore capaci di guarire le ferite, di risuscitare la speranza di qualcuno, purificare i lebbrosi nell’anima e scacciare i demòni dai cuori!

P. Manuel João, comboniano
Castel d’Azzano (Verona), 16 giugno 2023