Società e Cultura

Le ondate migratorie attuali, invece, sono al 90% di islamici. Che cosa può succedere domani se una percentuale notevole di abitanti del nostro Paese, essendo di religione islamica, rivendica il diritto di essere giudicata in base alla sharìa? Non è una domanda retorica. La cosa sta già avvenendo in qualche Paese europeo molto aperto all’emigrazione, come la Gran Bretagna o la Svezia: dove a poco a poco vengono ammesse la poligamia, il matrimonio fra minori, e tollerate le brutali forme di oppressione spesso riservate alle donne nelle comunità islamiche

(Lucetta Scaraffia – La Stampa)

Vorrei tornare ancora una volta sulla famigerata frase del ministro Lollobrigida. Per dire subito che si tratta certamente di un’affermazione tra le più infelici, che rivela innanzi tutto come il nostro ministro abbia poca dimestichezza con la storia: cioè che in sostanza, come lui stesso ha confessato candidamente, sia “ignorante”.

Una volta superato il fastidio per le sue parole, dobbiamo ammettere però che esse evocano un problema reale. Infatti, se continua il calo delle nascite che da anni ormai caratterizza l’Italia, e che quindi impone il conseguente ricorso all’emigrazione, gli italiani “nativi”, chiamiamoli così, rischiano effettivamente di scomparire o, in tempi non troppo lunghi, di diventare una minoranza nel loro stesso Paese. E va bene: niente di male, possiamo anche dire. Niente di male che non si parli più italiano, che a scuola non si insegni più chi era Dante o il Risorgimento. In fondo, nel corso della storia di ondate di migrazioni il nostro Paese ne ha viste tante, non è la prima volta. E i risultati di queste mescolanze sono stati anche buoni, se non ottimi.

Ma c’è un problema del quale si preferisce non parlare, c’è un argomento che si direbbe quasi vietato: tranne la parentesi araba in Sicilia, esauritasi ed assorbita nel corso di un paio di secoli prima dell’anno Mille, le invasioni del passato sono avvenute sempre da parte di popoli cristiani. Perfino i primi invasori – quelli che noi chiamiamo ancora i “barbari” – si convertirono prontamente.

Le ondate migratorie attuali, invece, sono al 90% di islamici. Non ho niente contro una religione antica e degna di ogni rispetto come l’Islam, ma dobbiamo ammettere che essa si differenzia profondamente dal cristianesimo per molti aspetti che riguardano la sua manifestazione, il suo modo d’essere nell’ambito della vita sociale. A cominciare (o al finire…) con la secolarizzazione, che praticamente l’Islam non conosce e che invece è diventata un esito quasi obbligato nei paesi di tradizione cristiana.

Mi sembra davvero difficile contestarlo: la nostra morale, la nostra cultura e quindi il nostro sistema giuridico sono invariabilmente nati da un ceppo cristiano, cioè da qualcosa dalle caratteristiche fin dalle origini molto diverse dalla sharìa. La separazione fra Chiesa e Stato, fra precetti religiosi e leggi laiche, la parità fra donne e uomini, la famiglia monogamica che prevede parità di diritti, la libertà di pensiero, nascono tutti da questa comune appartenenza.

Ma che cosa può succedere domani se una percentuale notevole di abitanti del nostro Paese, essendo di religione islamica, rivendica il diritto di essere giudicata in base alla sharìa? Non è una domanda retorica. La cosa sta già avvenendo in qualche Paese europeo molto aperto all’emigrazione, come la Gran Bretagna o la Svezia: dove a poco a poco vengono ammesse la poligamia, il matrimonio fra minori, e tollerate le brutali forme di oppressione spesso riservate alle donne nelle comunità islamiche.

Riflettendo sul nostro futuro dobbiamo considerare anche questa prospettiva, e di conseguenza cominciare a preparare una strategia di accoglienza che ne tenga conto. E magari – se fosse ancora possibile – cercare anche di aumentare le nascite, perché no? Non è una strategia reazionaria, non è un atteggiamento identitario di tipo fascista. Per parlar chiaro, dobbiamo renderci conto che non ha senso, ad esempio, da un lato sostenere tutti i diritti per gli LGBTQ+ e dall’altro assistere senza reagire alla prospettiva di una società futura in cui per influenza dell’islamismo l’omosessualità possa venire ostracizzata o peggio. Ma una forte minoranza musulmana non può forse significare proprio questo?

Insomma dobbiamo sforzarci di allungare lo sguardo un po’ di più sul lungo periodo, non limitarci a crogiolarci con i discorsi di accoglienza indiscriminata, facendo finta che sicuramente andrà tutto bene. Da questo punto di vista gli italiani e gli altri europei che stanno votando per i partiti di destra rivelano di essere più consapevoli e preoccupati da questi problemi delle loro élites intellettuali, le quali, invece, continuano a preferire chiudere gli occhi. Non sarebbe il caso che la sinistra capisse la lezione e magari si sforzasse di proporre soluzioni all’altezza della gravità del problema?