P. Manuel João, comboniano
Riflessione domenicale
dalla bocca della mia balena, la sla
La nostra croce è il pulpito della Parola

La prima missionaria del vangelo

Anno A – Quaresima – 3a domenica
Giovanni 4,5-42

Dopo le prime due domeniche del nostro itinerario quaresimale, che ci hanno prospettato la vittoria sulla tentazione e la trasfigurazione della nostra vita, le prossime tre domeniche ci invitano a meditare su tre tematiche eminentemente battesimali e pasquali: l’acqua, la luce e la vita. Ci aiuterà il vangelo di Giovanni, che in questa terza domenica ci offre il lungo dialogo tra Gesù e la donna samaritana, attorno alla SETE e l’ ACQUA. Si tratta di un dialogo, intrecciato di simbolismi, di allusioni bibliche, di sentimenti umani, che finalmente diventa un vero corteggiamento di Dio verso la sua sposa infedele.

L’appuntamento al pozzo

Oggi Gesù ci dà appuntamento al pozzo di Giacobbe con la donna samaritana. Il pozzo era il luogo di incontro. Come è tuttora in certe parti d’Africa. Questo pozzo era, oltretutto, “il pozzo di Giacobbe”, quindi un luogo ancestrale, carico di simbolismi e di tradizioni, il pozzo degli amori (cfr. Genesi 24 e 29). Questo pozzo esiste tuttora, tremila anni dopo, profondo 32 metri. C’è una continuità, nel tempo e nello spazio, di bisogni e di desideri e di luoghi dove l’uomo cerca di soddisfare la propria sete.

Il pozzo è una metafora della nostra vita di ricerca continua di un’acqua in grado di dissetare la sete profonda di felicità. Il dramma è credere che ogni acqua che sembra specchiare il cielo sia in grado di dissetarci, che ogni bene, ogni affetto, ogni piacere possa appagare finalmente il nostro desiderio. Ma, ahimè, tutto è ancora troppo poco, come dice il poeta Eugenio Montale:
«Sotto l’azzurro fitto
del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto:
“più in là”».

E Colui che era “più in là” è venuto più in qua ad aspettarci al pozzo dei nostri desideri. L’amore precede sempre l’amato. E questa donna samaritana, simbolo dell’umanità assetata di amore, con cinque mariti alle spalle e con un sesto uomo che non era nemmeno suo, non poteva immaginare che il settimo marito, il Messia, l’aspettava al pozzo per corteggiarla con un amore che lei non conosceva e per sposarla per sempre. La sete di Dio è la sete più profonda che ci sia e solo Cristo l’ha sperimentata fino in fondo. Dio è anche lui assetato di un desiderio che lo rende mendicante: il desiderio di poter concedermi ciò che da sempre desidero, la vita.

Dagli da bere, Samaritana!

Il vangelo di Giovanni è il vangelo dei dialoghi. Gesù ama intrattenersi con la gente e dialogare con le persone. La nostra vita di fede in fondo non è altro che un ininterrotto dialogo con lui. Si tratta di un dialogo che va avanti da molti anni, approfondendo la conoscenza e l’amicizia, con momenti belli di intesa che ci riempiono di pace, ma non senza malintesi e dei periodi di smarrimento, se non di allontanamento che, purtroppo, rischia talvolta di diventare definitivo e, allora, io e lui diventiamo degli sconosciuti. La quaresima è il momento propizio per approfondire questo dialogo o per riprendere a frequentarsi, prima che questo rapporto sia irrimediabilmente stroncato.

Gesù apre il dialogo con la samaritana rompendo regole e tabù, parlando con una donna, una straniera e di dubbia moralità. Si presenta senza finzioni, come una persona nel bisogno, stanco e mendicante: “Dammi da bere!”. Nella sua umanità, riconosce di essere nel bisogno. Ci sarà un’altra ora “circa mezzogiorno” in cui Gesù esprime questo stesso bisogno, per l’ultima volta e come ultima indigenza, sulla croce: “Ho sete” (Giovanni 19,28-30).

Non sorvoliamo troppo in fretta questa necessità fisica, la più fondamentale per la sopravvivenza umana. Siamo abituati a vedere Gesù come risposta ai nostri bisogni, senza pensare ai suoi. E questo è uno dei (sei) bisogni, che lui ha voluto ritenere suo fino alla fine dei tempi: ho avuto sete e mi avete dato da bere(Matteo 25). Pensiamo, amici, ai bisogni di Gesù, negli assetati che incarnano oggi la sua sete. Conoscere i bisogni di Gesù e degli altri è il modo migliore per capire i nostri propri bisogni e desideri.

Cuori, pozzi da ripulire!

Tanti cuori, trascurati, si sono inariditi o sono diventati cisterne screpolate di acqua stagnante (Geremia 2,13) perché non si attinge più alle acque profonde del cuore. Andiamo ad attingere acqua a pozzi altrui, spesso inquinati, e trascuriamo l’acqua del nostro pozzo. È l’ora di fare come Isacco: ripulire e riattivare i pozzi che i nostri “filistei” hanno otturato. (Genesi 26,15ss). Bisogna scavare nelle profondità dell’anima per liberare quella “sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”. Forse si nasconde sotto la roccia. Il bastone di Mosè, cioè la croce di Gesù, può spaccare la roccia e fare scaturire l’acqua (Esodo 17, prima lettura).

È questa l’ora in cui, nella nostra vita, “Gesù, ritto in piedi, grida: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva» (Giovanni 7,37-38). La samaritana l’ascoltò e divenne la prima apostola dei suoi concittadini. Dimenticò la brocca dei suoi bisogni e corse in città ad invitare tutti quanti a venire al Pozzo dell’acqua viva! Mi stupisce come la samaritana propone la sua testimonianza, suscitando curiosità e stimolando la ricerca di tutti: «Venite a vedere… Che sia lui il Cristo?». E così la conoscenza, l’esperienza e la testimonianza si moltiplicano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». Insomma, un’esperta missionaria!

Cos’hai visto, samaritana?

Un giorno, al Pozzo seduto l’ho trovato,
E mi ha chiesto da bere, straniero assetato.
L’acqua viva da bere egli stesso mi ha dato,
E da allora il mio cuore smarrito si è ritrovato,
Per sempre di lui perdutamente innamorato
A tutti annuncia con gioia: il Messia è arrivato!

P. Manuel João, comboniano
Castel d’Azzano (Verona), 9 marzo 2023