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SALE IMPAZZITO O LUCE SOTTO IL MOGGIO?

V Domenica del Tempo Ordinario (A)
Matteo 5,13-16
Voi siete il sale della terra. Voi siete la luce del mondo!

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«
Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Di sorpresa in sorpresa!

Vi ricordo che siamo in sosta al Monte delle Beatitudini, seduti attorno al Maestro, nuovo Mosè sulla cattedra del nuovo Sinai, proclamando la Legge della nuova Alleanza. Gesù fa il suo primo discorso, un discorso solenne e programmatico, e rivela quali sono i destinatari privilegiati delle attenzioni di Dio: i poveri e gli oppressi, gli affamati di pace e di giustizia…

Domenica scorsa, il Signore ci ha sorpresi a tutti con il preambolo delle Beatitudini, capovolgendo i nostri parametri della felicità. Le sorprese però non finiscono qui. Oggi il Signore si rivolge direttamente a noi suoi discepoli e ci stupisce ancora. Le sue parole non ci lasceranno indifferenti, a meno che non fossimo perdutamente immunizzati contro la carica di novità di cui esse sono portatrici!…

Di che cosa si tratta?

Oggi Gesù ci rivela la nostra identità profonda, la nostra verità più autentica: “Voi siete il sale della terra. Voi siete la luce del mondo!” Si rivolge al gruppetto dei suoi discepoli: “Voi”! e usa il verbo al presente “siete”, non al futuro. Lo sono già, il sale e la luce! Non è tanto un’esortazione o un imperativo a diventare qualcosa che non sono ancora, ma la constatazione o una vera investitura. Gesù afferma, inoltre, che sono “il” sale, “la” luce. Non c’è un altro sale, un’altra luce!

Per cogliere la carica provocatrice di una tale affermazione, basta pensare che i rabbini dicevano: “La Torah – la Legge data da Dio al suo popolo – è come il sale e il mondo non può vivere senza il sale”! E dicevano ancora: “Come l’olio porta luce al mondo, così Israele è la luce del mondo” e “Gerusalemme è luce per le nazioni della terra”.

Quello che Gesù sta dicendo, quindi, è qualcosa di paradossale: il piccolo gruppo insignificante dei suoi discepoli, che non conta nulla a livello sociale e religioso, è paragonabile alle istituzioni sacre di Israele o addirittura le rimpiazza!

Voi siete il sale della terra!

Tutti possiamo cogliere la forza di questo paragone. Il sale dà sapore agli alimenti, li rende saporiti! Senza sale non c’è gusto, non c’è piacere nel mangiare. Quindi, il discepolo di Gesù porta sapore alla terra, gusto al convivio umano, senso alla vita.

Il sale è collegato anche con l’intelligenza. Ancora oggi diciamo di qualcuno che ha “sale in testa” e di una conversazione insulsa, senza sale (cfr. Colossesi 4, 6). Il discepolo di Gesù è portatore di una sapere, una saggezza, una sapienza nuova (vedi Paolo nella seconda lettura, 1 Corinzi 2,1-5) che conferisce una nuova intelligenza!

Il sale, inoltre, era usato per impedire la decomposizione degli alimenti. Il discepolo di Gesù allora è un antidoto alla corruzione della società. Da questo attributo del sale proveniva pure l’abitudine di spargere del sale sui documenti come segno della loro perennità. Un “patto di sale” era definitivo, non poteva essere violato. Anche l’alleanza di Dio con il suo popolo era chiamata di sale o salata per dire che era eterna. Il discepolo, dunque, è chiamato a garantire la veridicità della parola e la durevolezza dell’alleanza.

Spingendoci oltre, il sale era un elemento indispensabile nei sacrifici offerti al Tempio: le vittime dovevano essere cosparse di sale e all’incenso si aggiungeva anche del sale (Levitico 2, 13; Ezechiele 43, 24; Esodo 30, 35).

Con la parola “sale”, dalla stessa radice latina, sono imparentate delle parole che hanno a che fare con la salute, come salve (stammi bene!), salute, salvezza… Per questo i neonati venivano strofinati col sale (cfr. Ezechiele 16, 4). E, in passato, era usato il sale nel nostro battesimo.

Al termine “sale” è legata la parola salario (dalla antica usanza romana di pagare soldati e magistrati), e regalare il sale era un tradizionale augurio di fortuna, salute e prosperità.

A quali significati pensa Gesù quando ci dice “voi siete il sale della terra”? Molto probabilmente all’insieme di questo simbolismo.

Il sale impazzito!

“Ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente”.
Ci sembra un po’ strano che il sale possa perdere le sue proprietà. Forse c’è un riferimento ad un certo tipo di sale estratto nel mare Morto che perdeva facilmente il sapore. In realtà la traduzione letterale di questa espressione è “se il sale impazzisce”. Il discepolo che “impazzisce”, che perde la sua identità e non dona più sapore e sapienza alla terra, non serve a niente e merita il disprezzo della gente.

Voi siete la luce del mondo!

“Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa”.

Nella Bibbia, la luce è una delle realtà più cariche di simbolismo. Essa compare all’inizio, come la prima opera creata da Dio (Genesi 1, 3), e si ritrova alla fine: “Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà” (Apocalisse 22, 5). Nel vangelo di Giovanni, Gesù dice “io sono la luce del mondo” (Giovanni 8, 12) e, nella sua prima lettera, Giovanni dichiara: “Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna” (1 Giovanni 1, 5). E san Paolo chiama i cristiani “figli della luce”.

La “città che sta sopra un monte” potrebbe alludere alla città santa di Gerusalemme, mentre la “lampada sul candelabro” ci introduce nell’umile casa palestinese. Il moggio era l’unità di misura per il grano.

La luce delle opere buone

“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”.
Quali sono queste opere buone? Le opere di giustizia, di cui ci parla la prima lettura (Isaia 58, 7-10), e le opere di misericordia menzionate nel Salmo 111.

Essere per gli altri

Sale e luce hanno un elemento in comune. Entrambi sono in funzione degli “altri”, si fondono con la realtà, il sale si dissolve negli alimenti, diventa invisibile, e la luce si disperde negli oggetti che illumina. Così il cristiano non vive per se stesso, ma per dare sapore agli altri, rendere saporita la società in cui vive e, come la luce, illuminare la realtà che lo circonda. Una presenza discreta, che non richiama l’attenzione su di sé, ma promuove il bene degli altri. Il cristiano non è uno spettatore o una persona che sta da parte, ma pienamente immerso nella realtà del mondo e della storia. Tanti cristiani non possono fare sentire la loro voce né esprimere la propria identità cristiana, ma dov’è un discepolo di Cristo l’Amore sta fermentando la massa del mondo! Grande è la responsabilità del cristiano. Non c’è un altro ‘prodotto’ che possa rimpiazzarlo!

Sale o luce?

Il sale e la luce, però, hanno modalità distinte di presenza. Mentre il sale sparisce, la luce si rende visibile. È il discernimento che ci dirà, di volta in volta e secondo le circostanze, se agire come sale o come luce.

Gioia ed entusiasmo? Crisi e confusione? Scandalo e vergogna?

Qual è la nostra reazione davanti a questa sorprendente rivelazione di Gesù, della nostra identità profonda di essere il sale della terra e la luce del mondo? La più immediata e spontanea dovrebbe essere la gioia e l’entusiasmo di vederci così associati alla vita e alla missione di Gesù!

Il peso e la responsabilità di una sì alta vocazione possono anche intimidirci, con giusta ragione. Chi può sentirsi all’altezza di un tale compito? Eppure Gesù crede in noi, ci fa fiducia, malgrado i nostri limiti e debolezze. E poi non ci lascia soli!

Ma cosa proveremmo, se Gesù ci dichiarasse il sale della terra e la luce del mondo davanti ai non credenti di oggi, nella nostra società occidentale? Quasi sicuramente tanta vergogna! Potremmo ben dire con il salmista: “la vergogna copre il mio volto” (Salmo 44). Come potrebbe reggere un tale confronto una chiesa umiliata dagli scandali, frenata da un clericalismo che ha stravolto il servizio in potere, spaccata dagli estremismi di quelli che vogliono cancellare il Vaticano II e di quanti pretendono un Vaticano III? Una chiesa che è diventata, per certi versi, una campo di battaglia, dilaniata dalle lotte intestine? Una chiesa che ha perso vitalità e rilevanza, che va avanti per inerzia, che rischia l’implosione?

Come può essere credibile una chiesa che ha perso il sale della profezia e della testimonianza evangelica? Come può sopravvivere una chiesa che ha nascosto la luce sotto il moggio degli opportunismi e della autoreferenzialità, invece di collocarla sul candelabro della Croce? Una chiesa dove certuni scendono dalla barca per ritentare l’avventura di Pietro, di affrontare da soli le onde della tempesta, rischiando di sprofondare?

Ha questa nostra chiesa la possibilità di rinascere e, piccola che sia, diventare il sale di questa terra e la luce del nostro mondo? Sì, ci dice la storia bimillenaria della chiesa! Sì, ce lo assicura la speranza! Un solo virgulto basta per fare rinascere il tronco di Iesse (Isaia 11,1). Gli apostoli davanti a Gesù sul Monte delle Beatitudini erano appena… quattro: Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni! Dio non cerca le folle ma un uomo, una donna. Lo/la troverà? (Ezechiele 22, 30). Cerca te, cerca me! Siamo noi assai coraggiosi per fare un passo in avanti e dire: “Eccomi, io ci sto!”?

P. Manuel João, comboniano
Castel d’Azzano, 03 febbraio 2023