P. Manuel João, comboniano
Riflessione domenicale
dalla bocca della mia balena, la sla
La nostra croce è il pulpito della Parola

Domande e sguardi, un percorso verso la luce

Anno A – Quaresima – 4a domenica
Giovanni 9,1-41

La quarta domenica di Quaresima è una seconda catechesi battesimale, sulla LUCE, dopo quella sull’ ACQUA di domenica scorsa. Il protagonista è il cieco nato guarito da Gesù, che Giovanni ci presenta nel capitolo 9 del suo vangelo. Si tratta di un testo bellissimo che, da sempre, viene letto come una illustrazione del battesimo. Il cieco nato rappresenta ciascuno di noi che Gesù riplasma (Genesi 2,7) ed invia verso la piscina di Siloe, il battesimo.

La vita nasce cieca, l’umanizzazione è un processo di illuminazione

La vita sulla terra è sorta nello stato di non-vedente e così rimase durante milioni di anni. Anche il neonato diventa vedente solo progressivamente. In realtà, si potrebbe dire che l’umanizzazione è un lento e faticoso processo di illuminazione. Ed è così anche per la vita di fede, che si innesta in questo processo e lo porta al suo pieno compimento. Dalla visione della realtà naturale, la fede ci avvia verso la visione dell’invisibile, fino all’ingresso nella Luce piena che è Dio stesso. Senza l’apertura della fede la visione rimane monca e rischia di ripiombare nelle tenebre del non-senso.È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce (Salmo 36,10).

Domande e sguardi

Il racconto della guarigione del cieco nato è tessuto attorno ad una lunga serie di domande (sedici). Cercherò di riassumerle in sette. Domande e risposte ci mettono davanti degli atteggiamenti e sguardi diversi. Questo vangelo induce anche noi a porci delle domande per prendere coscienza della qualità del nostro sguardo e per vedere a che punto siamo nel nostro cammino dell’illuminazione battesimale.

Il brano inizia dicendo che “Gesù passando vide”… Gesù è Colui che passa e vede, come il samaritano della parabola: “passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione” (Luca 10). E continua a passare e ci guarda con compassione. Ma noi siamo ciechi e tante volte nemmeno ci accorgiamo, abituati come siamo a passare e a non vedere o magari a guardare o essere guardati con indifferenza o commiserazione.

1. «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?»

Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita”. Anche gli apostoli lo vedono e fanno una domanda: “Chi ha peccato…?”. Ecco lo sguardo del pregiudizio, che colpevolizza ancora prima di cercare di capire la situazione dell’altro!

2. «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?»

I suoi vicini e conoscenti si interrogano: ma sarà proprio lui? Sì, sono io! E come mai ora ci vedi? È stato l’uomo chiamato Gesù! E dov’è? Non lo so. E tutto finisce lì! Si tratta di uno sguardo di curiosità, superficiale, che non è interessato a cercare, ad approfondire quello che vede, anche se è qualcosa di inedito come un miracolo.

3. «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?»

Entra in scena lo sguardo inquisitore dei farisei, che vogliono indagare se la legge è stata rispettata. Un barlume di luce sembra trapelare: “Come può un peccatore compiere segni di questo genere?”, ma viene subito spento. A loro non interessa se un cieco è stato guarito, perché a loro non sta a cuore il bene della persona! A loro poco importa la grandezza del segno, ma a loro importa solo che la legge del sabato non sia trasgredita!

Viene interrogato il testimone. Il suo sguardo è entrato in un processo di illuminazione. Quando gli viene chiesto: “Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?”, Gesù non è più soltanto “un uomo chiamato Gesù”, ma “è un profeta!”.

4. «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?»

I guardiani della legge non vogliono ammettere la realtà perché non si inquadra nel loro schema mentale. La vita, per loro, non è autonoma. Anche la realtà deve sottomettersi alla legge! E interrogano i suoi genitori che, per paura, si svincolano dal figlio: “Noi non sappiamo!”. Lo sguardo del timore non è solidale, ma abbandona l’altro al suo destino, fosse esso anche un figlio!

5. «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?»

Il cieco vedente viene interrogato di nuovo, nel tentativo di intimidirlo, di coglierlo in fallo, in modo da mettere in salvo la legge e loro stessi, la loro posizione di detentori del potere. I farisei sfoggiano tutto il loro sapere: “Dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore”. “Noi sappiamo… Noi sappiamo!”. Loro sanno tutto! Il testimone, da parte sua, dice: “Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo!”. Loro insistono: “Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?”. Il neo-vedente, sempre più sicuro di sé, diventa spavaldo: “Perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?”. E qui scatta il furore dello sguardo della menzogna che non ammette di essere sfidato, di essere messo in questione: “Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?”. E lo cacciano fuori. Le tenebre diventano più fitte e si chiudono alla luce: “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” (Giovanni 1,5).

6. «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?»

Allora Gesù lo cerca e trovandolo lo interroga anche lui: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo? Egli rispose: E chi è, Signore, perché io creda in lui? Gli disse Gesù: Lo hai visto: è colui che parla con te. Ed egli disse: Credo, Signore! E si prostrò dinanzi a lui”. È lo sguardo della fede. Il cieco viene pienamente inondato dalla Luce!

7. «Siamo ciechi anche noi?»

Il racconto finisce con una affermazione inquietante di Gesù: È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi”, seguita da una domanda preoccupante, che, a dire il vero, dovremmo porci tutti quanti: Siamo ciechi anche noi?”. La prima illuminazione è riconoscerci ciechi! “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane”. C’è un peccato ‘buono’, salvifico, che ci apre alla misericordia di Dio. E c’è un peccato ‘cattivo’ di colui che si sente giusto, a posto, che ci chiude alla grazia.

Per concludere…

Vi invito a rileggere il testo della seconda lettura: “Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce” (Efesini 5,8-14). La possibilità di ricadere nella tenebra è un rischio quotidiano. Prendere coscienza della nostra cecità (Apocalisse 3,17-18) e curare la luminosità del nostro occhio (Matteo 6,23) sono un compito quaresimale. Gridiamo anche noi al Signore, come Bartimeo: Signore, che io riabbia la vista!

P. Manuel João, comboniano
Castel d’Azzano (Verona), 16 marzo 2023