Martedì della VII settimana del Tempo Ordinario
Mc 9,30-37: Il Figlio dell’uomo viene consegnato. Se uno vuole essere il primo, sia il servitore di tutti.
Testo del VangeloIn quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Commento
di Enzo Bianchi
Ecco, qui c’è di nuovo i discepoli che pensano po’ per conto loro e lui che li riconduce alla sostanza…
Non solo ma mostrano che proprio lui ha annunciato che farà una fine ignominiosa di fallimento, quindi la fine non di chi è grande, ma la fine di chi è l’ultimo e loro discutono ma invece tra di noi chi è il più grande, cioè c’è proprio la contestazione per il potere già fin di qui e Gesù…
Quanto è presente nella vita religiosa…
Tantissimo! Direi che è il vizio dei vizi, io credo poi che quando noi uomini facciamo alcune cose secondo coscienza e pensiamo di farle per Dio, allora dentro in noi scatta da subito la pretesa di essere riconosciuti, del premio, del merito e quindi ci garantiamo per così dire la carriera. Questo è un tema che poi è una malattia nella Chiesa, lo sappiamo. Quello che sottolineerei qui è una particolarità di Marco che dobbiamo stare attenti… Qui è differente davvero da quello che dirà Luca ad esempio in un passo parallelo, perché Marco dice: “C’è qualcuno tra di voi che vuole essere il primo?” Perché un primo ci deve essere all’interno della comunità… non è che Gesù esclude che ci sia un primo… ci vuole un riferimento. D’altronde lui aveva scelto come primo Pietro, c’è un primo… Allora dice, è molto semplice: pigliate chi è ultimo, il servo di tutti e fatelo primo… Invece no: noi facciamo uno “primo” e poi gli facciamo gli auguri che sia il servo di tutti. Questo è il capovolgimento del vangelo ed ecco che allora Gesù pone un bambino, ma può anche essere un povero, attenzione, perché qui il termine pone in mezzo e dice: “Ecco, soltanto può essere primo chi sa accogliere un povero, chi sa accogliere un bambino”. Se uno è primo nella Chiesa e non sa ascoltare gli ultimi, se non sa ascoltare i poveri, se non sa ascoltare quelli che non contano niente, costui può essere il primo ma è un primo mondano, non è un primo nella comunità del Signore. Qui c’è come un legiferare costitutivo da parte di Gesù, qui davvero Gesù dà la costituzione alla Chiesa. C’è qualcuno di voi che vuole essere primo in una comunità, in una parrocchia, in una diocesi, nella Chiesa stessa? Vediamo se è l’ultimo di tutti e se sa servire tutti…
di Ermes Ronchi
Il Vangelo riferisce uno dei momenti di crisi tra Gesù e i discepoli. Per paura non lo interrogano, per vergogna non gli rispondono, si isolano da lui: meglio il buio che la luce. Nei Dodici si esprime la mentalità che si dirama ovunque in tutte le vene del mondo: competere, primeggiare, imporsi, «chi è il più grande?».
A questa voglia di potere, che è principio di distruzione della convivenza umana, Gesù contrappone il suo mondo nuovo: «Se uno vuol essere il primo sia il servitore di tutti». Servo non per rinuncia, ma per prodigio di coraggio.
Servire: verbo dolce e pauroso insieme, perché il nostro piacere è prendere, accumulare, comandare, non certo essere servi. Invece servizio è il nome nuovo della storia, il nome segreto della civiltà. Ma questo non basta, c’è un secondo passaggio: «Servitore di tutti» dice Gesù, senza limiti di gruppo, di famiglia, di etnìa, di chi lo meriti o non lo meriti, senza porre condizioni.
Ma non basta ancora, c’è un terzo gradino: «prese un bambino e lo mise in mezzo» il più inerme e disarmato, il più indifeso e senza diritti, il più debole tra gli ultimi! Se non sarete così…Parole mai dette prima, mai pensate prima, scandalo per i giudei, follia per i greci, ma parole finalmente liberate come uccelli, come angeli, a raggiungere i confini del cuore. Diventate come bambini che vivono solo perché sono amati.
Gesù abbraccia il più piccolo perché nessuno sia perduto, non una briciola di pane, non un agnello del gregge, non due spiccioli di un tesoro. «Neppure un capello del vostro capo andrà perduto, neppure un passero cade a terra» e come potrebbe andare perduto un bambino? Da lì parte il Signore Gesù, dall’infinitamente piccolo inizia la sua cura perché nessuno si senta escluso. Dio e l’uomo hanno oggi nomi inusuali: servitore, bambino, ultimo! Il servitore di tutti, il bambino per cui il solo fatto di esistere è estasi, l’ultimo. Sono quelle parole abissali: o ti conquistano o le cancelli per paura che siano loro ad abbattere il tuo sistema di vita.
Il mondo nuovo, il mondo «altro» nasce da un verbo ripetuto quattro volte nell’ultima riga del Vangelo: «Chi accoglie uno solo di questi bambini, accoglie me; chi accoglie me non accoglie me ma Colui che mi ha mandato». «La vulnerabilità della vita nella sua fragilità è il luogo da cui prende le mosse l’etica condivisa» (Ricoeur).
La Chiesa o è accogliente o non è. Accogliere un bambino è accogliere Dio. Il volto di Dio inizia dal volto dell’altro (Levinass).
Avvenire
di Paolo Curtaz
Non solo gli apostoli cercano ingenuamente di sostituirsi al Maestro, ma peggiorano la situazione subito dopo. No, non hanno affatto capito l’intenzione di Gesù e mentre questi vede profilarsi all’orizzonte la sconfitta e la croce, loro ancora discutono su quali posti occupare nel nuovo Regno (tutto terreno) che pensano stia per iniziare. Ciechi e illusi, idioti come noi sempre in cerca di visibilità, in costante ricerca di approvazione. Vedono la gloria senza guardare alla croce, pensano di superare ogni fatica con eleganza, non mettono in conto il fallimento e la morte di sé. Gesù ha appena parlato della sua dipartita, dell’ostilità crescente nei suoi confronti che, pure, è disposto ad affrontare. E invece di ricevere sostegno, incoraggiamento da coloro che con lui hanno vissuto giorno e notte per molto tempo, deve mettersi da parte e tornare ad insegnare. Tenerissimo Signore che non guarda alla propria preoccupazione e veste i panni del rabbino, ponendosi a sedere e mettendosi ad insegnare! Dobbiamo imitare i bambini, non nel senso di essere infantili, ma nella semplicità del cuore di chi si fida, come i bambini si fidano ciecamente degli adulti.