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Testo Parte 2:
CRISTIANI E MUSULMANI:
dialogo nella verità (parte 2)
Tonino Falaguasta Nyabenda
Il Gesù dei Vangeli
Andiamo alla scoperta del vero Gesù. Per conoscerLo veramente bisogna leggere i Vangeli, che sono quattro (e non uno solo, come dice il Corano), e poi anche gli altri libri del Nuovo Testamento, che sono 23. I Vangeli non sono dei libri di storia, ma piuttosto delle catechesi, che non escludono la realtà storica di quello che raccontano. San Luca scrive testualmente: “Molti hanno già cercato di mettere insieme un racconto degli avvenimenti verificatisi tra noi, così come ce li hanno trasmessi coloro che fin dall’inizio furono testimoni oculari e ministri della parola. Tuttavia, anch’io, dopo aver indagato accuratamente ogni cosa fin dall’origine, mi sono deciso a scrivertene con ordine, egregio Teofilo, affinché tu abbia esatta conoscenza di quelle cose intorno alle quali sei stato catechizzato” (Luca 1, 1-4).
Quello che san Luca ha fatto, lo hanno fatto anche gli altri scrittori dei libri del Nuovo Testamento. Conosciamo Gesù, e conosciamo i fatti capitati in un determinato periodo storico (Luca 3, 1-3). Gli scritti che noi abbiamo sono opera di credenti che vogliono suscitare e rafforzare la fede. Illuminati dal mistero pasquale, ci consentono di conoscere con certezza Gesù di Nazareth. “Ma voi chi dite che io sia?” (Luca 9, 20) chiese Gesù ai suoi discepoli. E Pietro a nome del gruppo rispose con fermezza: “Il Cristo di Dio”.
Nel Vangelo di Marco, che è una catechesi rivolta particolarmente a pagani, cioè a non Ebrei, la fede in Gesù si esplicita come Cristo nella bocca di Pietro (Marco 8, 29) e, alla fine, nella bocca del centurione: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio” (Marco 15, 39). Il Gesù quindi, in cui crediamo, è il Cristo ed è il Figlio di Dio (Marco 1, 1 e passi paralleli).
L’insegnamento di questo Gesù è davvero straordinario. Egli è la visita di Dio, inviato dal Padre, affinché: “chiunque crede in Lui abbia la vita eterna” (Giovanni 3, 15). Bisogna partire dalla religione al tempo di Gesù, per comprendere meglio la predicazione rivoluzionaria del Cristo. Nel Nuovo Testamento la parola religione è utilizzata una volta sola e per la religione ebraica: “Avevano solo con lui (= Paolo) non so che cosa contro la loro religione, e nei riguardi di Gesù, che è morto, ma che Paolo afferma di essere vivo” (Atti 25, 19).
Nei Vangeli, tutto ciò che riguarda la religione è assente oppure Gesù ne parla in modo negativo. Perché? Perché la religione e le persone che la utilizzano come strumento di dominio sono nemici di Dio e profondamente contrari al suo piano di salvezza per l’umanità. Per questo Gesù è stato condannato a morte. “Noi abbiamo una legge – han detto i capi dei Giudei a Pilato – e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio” (Giovanni 19, 7). La religione è giustificata dalla distanza che deve esistere tra Dio e l’uomo. Questa distanza giustifica il bisogno di rappresentanti (= sacerdoti), di momenti particolari (= feste) e di luoghi appropriati (= templi) per consentire all’uomo di incontrare Dio.
Gesù non ha insegnato nulla di tutto questo. Anzi Gesù vuole liberarci dal potere esercitato in nome di Dio, che è il potere più pericoloso di tutti. Basta guardare a ciò che l’Islam ha fatto nel corso della storia e come agisce ancora oggi. L’Islam infatti, sull’esempio del suo fondatore Maometto, che era nello stesso tempo un profeta, un uomo politico e uno stratega militare, continua sulla strada del dominio assoluto della società (Giuseppe Scattolin, “Islam, realtà e problematiche”, MCCJ Bulletin, n° 264, p. 50 ss.). Del resto l’Ayatollah Rouhollah Khomeiny (1902-1989) diceva: “Se l’Islam non è politico, non è nulla!”.
Nella religione, il Dio che crea e che continua a comunicare la sua vita all’uomo, è stato sostituito da un Dio legislatore. Con il suo insegnamento e con i suoi gesti, Gesù ha operato un radicale cambiamento dei valori della religione e ne ha distrutto anche le radici (Alberto Maggi, “Roba da preti”, 2003, p. 119 ss.). Tutta l’attività di Gesù consisterà nel passaggio dei suoi discepoli e di coloro che vogliono seguirlo, dalla religione alla fede, da quello che l’uomo deve fare, per essere accetto a Dio, all’accoglienza dell’amore di Dio.
Questo è il vero esodo o l’esodo definitivo. Quello vissuto ai tempi di Mosé non era che un preannuncio di questo. Per realizzarlo Gesù ha distrutto tutto ciò che è alla base della religione (= il culto, i riti, i giorni di festa, i sacrifici di animali, gli interdetti, i precetti, ecc.), ma Egli ha cambiato anche l’immagine di Dio, la sua foto, la sua definizione. Gesù sostituisce il Dio della religione, sovrano inaccessibile ed esigente (= leggere per esempio: Esodo 34, 19; Levitico 27, 30), con un Dio che dona gratuitamente e si chiama Abbà, Papà, Padre (Luca 11, 2; Matteo 6, 9). Questo Dio non chiede nulla, ma piuttosto ci dona la sua vita. Non toglie il cibo dalla bocca degli uomini, ma è diventato Egli stesso pane perché gli uomini abbiano la vita (Giovanni 6, 32-33). Non chiede che gli uomini si mettano al suo servizio, ma diventa lui stesso servo del suo popolo: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire” (Matteo 20, 28).
La religione si manifestava in tutto ciò che l’uomo doveva fare per piacere a Dio. Ora il Dio di Gesù Cristo non chiede più nulla. Questo è ciò che san Paolo ha detto agli intellettuali di Atene, riuniti nell’Areopago: “Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che è in esso, Lui, il Signore del cielo e della terra, non abita in templi fatti da mani d’uomo. Non è servito da mani umane come se avesse bisogno di qualcosa, Lui dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa” (Atti 17, 24-25). Con Gesù, Dio abbandona definitivamente il piedistallo dove la religione L’aveva messo (leggi Salmo 11, 4) e diviene l’Emanuele, Dio con noi (Matteo 1, 23). Con Gesù, Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi, “e noi abbiamo contemplato la sua gloria” (Giovanni 1, 14).
Al tempo del Primo Testamento, contemplare il volto del Dio della religione era causa di morte (Esodo 33, 20). Attualmente contemplare la sua gloria è una condizione indispensabile per avere la vita. Il Dio di Gesù, invece di sottolineare la distanza che separa l’uomo da Dio, vuole elevare l’uomo al suo livello. Dice il Vangelo: “A tutti coloro che lo hanno accettato, ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Giovanni 1, 12). Non si tratta di un Dio che esige dei sacrifici e dei doni da parte dell’uomo, ma di un Padre che chiede solo che noi accogliamo il suo amore da condividere con tutta l’umanità.
Dio non ha bisogno delle nostre cerimonie, delle nostre offerte, dei nostri canti, delle nostre danze, come aveva già detto il profeta Isaia: “Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di vitelli pasciuti; del sangue di tori, agnelli e capre non prendo alcun piacere… Potete moltiplicare le preghiere, io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue: lavatevi, purificatevi. Togliete dalla mia vista le vostre cattive azioni! Cessate di fare il male, imparate a fare il bene!” (Isaia 1, 11-17). Secondo san Giacomo, l’unico culto, che Dio approva, è questo: “Avvicinare gli orfani e le vedove nelle loro prove” (Giacomo 1, 27), vale a dire prendersi cura di coloro che sono poveri, indifesi, scartati, abbandonati e senza protezione. Ciò che il Signore ci chiede è di creare rapporti fraterni fra di noi, a imitazione di ciò che fa il Padre per i suoi figli, che “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Matteo 5, 45). Ci si può chiedere perché il Dio di Gesù Cristo si comporti in questo modo. L’unica spiegazione è data da san Giovanni: “O Theòs agàpe estin”, in greco, e cioé: “Dio è amore” (1 Giovanni 4, 8).
Maometto: profeta, uomo politico e stratega militare
Di Gesù sappiamo molto e ci sono tanti documenti che sono testimonianze dirette della sua esistenza, del suo insegnamento e della sua azione (= il Nuovo Testamento, gli scritti dei Padri Apostolici e dei Padri della Chiesa, e anche i reperti archeologici). Maometto è storicamente esistito, è nato in Arabia, una regione al margine del mondo che si considerava “sviluppato”, nel 570 dopo Cristo. A nord ovest c’era l’Impero Romano d’Oriente con capitale Costantinopoli (= Bisanzio, odierna Istanbul) e a nord est c’era l’Impero Persiano, che non aveva una capitale, ma la corte imperiale si spostava da una grande città all’altra (= Susa, Ecbatana, Persépoli), secondo le esigenze amministrative o militari. Al tempo di Maometto, nel sesto secolo, questi due Imperi erano in crisi. Le lotte fra di loro, nonostante la pace cinquantennale firmata da Cosroe I° (531-579) con Giustiniano (482-565) non resse e la loro debolezza favorì l’espansione araba.
Il fondatore dell’Islam nacque alla Mecca nel 570 dopo Cristo. Maometto è stato, senza alcun dubbio, un uomo eccezionale, un genio religioso e uno stratega militare, che con le sue gesta ha cambiato la mappa politica e religiosa dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa. In età adulta ha abbracciato la carriera commerciale. Accompagnava le carovane di commercianti in Siria. Entrato al servizio di una ricca vedova di nome Khadija, la sposò e divenne un uomo importante nella sua città, la Mecca. Nel 610, sull’esempio dei monaci cristiani, si ritirò in una grotta e fece una forte esperienza spirituale. Egli ritenne di sentire la voce dell’arcangelo Gabriele (= Jibril in arabo), che gli ordinava di proclamare la parola di Dio, ricevuta in arabo e proveniente direttamente da Dio. Questo è quello che fa con la moglie e con una ristretta cerchia di familiari. Ma la sua predicazione, di un monoteismo puro, non piace agli abitanti della Mecca, che facevano affari con i politeisti che si dirigevano verso la ka’ba in pellegrinaggio. Nel 615, Maometto fu obbligato a rifugiarsi in un territorio controllato dalla cristiana Abissinia (= lo Yemen).
Alla morte della moglie Khadija, egli perse l’appoggio della sua famiglia e fu obbligato alla migrazione (= hijri; in italiano egira) a Medina, il 24 settembre 622: data che il califfo (= successore) ‘Umar (o Omar) ha scelto per segnare l’inizio del calendario musulmano. A Medina, Maometto ha fondato il primo degli stati islamici, modello e riferimento di ogni società musulmana. In questo stato è stata realizzata l’unificazione del mondo: una sola religione (= din), una sola nazione (= umma), una sola guida (= imam). Questa visione era chiara nello spirito di Maometto ed è passata tale e quale nei suoi successori.
Egli era convinto che il suo messaggio religioso e politico, l’Islam, era destinato a diffondersi dappertutto e a dominare il mondo. Il Corano dice: “Voi siete la migliore comunità che sia stata suscitata tra gli uomini… Se la gente della Scrittura (= Giudei e Cristiani) credesse, sarebbe meglio per loro; ce n’è qualcuno che è credente, ma la maggior parte di loro sono empi” (Corano 3, 110). A questo scopo inviò otto ambasciate ai potenti dell’epoca per invitarli a convertirsi all’Islam; fra di essi c’era il negus dell’Abissinia, il capo dei Copti dell’Egitto, l’imperatore Eraclio di Costantinopoli e Cosroe, re di Persia. Il risultato non fu incoraggiante. Ma per Maometto le idee erano chiare. Il Mondo era diviso in due. C’è il mondo dell’Islam (= dar al-islam), dove regna la pace (= dar al-salam). E c’è il mondo dei miscredenti (= dar al-kufr), che non accetta l’ordine islamico e quindi deve subire la guerra (= dar al-harb). Questa guerra, fatta in nome di Allah, si chiama jihad (Bat Ye’or, “Il declino della cristianità sotto l’Islam”, 2016, p. 85 ss.). Maometto ha diretto personalmente 27 spedizioni militari e per altre 59 ha dato i suoi consigli.
Nel 623, in seguito a una visione, ha invitato i suoi fedeli a non pregare più diretti verso Gerusalemme, ma verso la Mecca. Infatti in ogni moschea c’è il mihrab (= nicchia), che indica la quibla (= direzione della ka’ba alla Mecca). Questo ha significato due cose: l’arabizzazione dell’Islam e l’unificazione della penisola araba in un movimento religioso monoteista. Nel 632, Maometto ha fatto il suo unico pellegrinaggio alla Mecca, determinando i rituali che devono essere eseguiti da tutti i Musulmani. Questo pellegrinaggio (= hajj) deve essere fatto almeno una volta in vita. Pochi mesi dopo, l’otto giugno dello stesso anno, 632, Maometto morì e venne sepolto nella città di Medina.
La sua predicazione, trasmessa soprattutto per via orale, venne raccolta e messa per iscritto, aggiungendovi anche le vocali, dal terzo califfo, Uthman ibn Affan (al potere dal 644 al 656), in un solo libro, il Corano (da Al Qu’ran = recitazione), perché il testo della predicazione di Maometto deve essere imparato a memoria e ripetuto senza sosta da tutti i Musulmani devoti.
Il Corano, testo dettato da Dio
Boualem Sansal, celebre intellettuale e scrittore algerino, sostiene che il testo del Corano, scritto in arabo, ha una musicalità che entra nel più profondo dell’anima. Ascoltandolo, a volte si entra come in trance (= estasi). Questa bellezza eccezionale è una delle cause della sua diffusione. Il Corano è diventato un classico della letteratura araba e ha contribuito alla formazione della lingua degli abitanti della penisola arabica, favorendone la loro unità culturale e politica. Maometto era un illetterato, un analfabeta (Corano 7, 157), ma ha ascoltato il messaggio trasmesso da Jibril (= arcangelo Gabriele) e proveniente direttamente da Dio e lo ha ripetuto con fedeltà ai suoi ascoltatori.
Secondo la concezione islamica della rivelazione, in cielo, sulla “Tavola ben protetta”, esiste un solo libro, (Umm al-kitab: cfr.: Corano 3, 7) e cioè la “Madre del Libro” (François Jourdan, “Dio dei Cristiani, Dio dei Musulmani”, 2010, p. 109 ss.). E questo Libro è sceso più volte dal cielo. E’ stato rivelato oralmente ad Adamo, a Noé, ad Abramo, a Mosé, a Davide, a ‘Isa (= Gesù) e infine a Maometto. Leggiamo il Corano: “Crediamo in Allah e in quello che ha fatto scendere su di noi e in quello che ha fatto scendere su Abramo, Ismaele, Isacco, Giacobbe e le Tribù, e in ciò che, da parte del Signore è stato dato a Mosé, a Gesù (‘Isa) e ai Profeti: non facciamo alcuna differenza tra di loro e a Lui siamo sottomessi” (Corano 3, 84).
Secondo il Corano quindi le rivelazioni fatte agli uomini di Dio prima di Maometto, sarebbero parola di Dio al pari del testo del Corano. Ma purtroppo le Scritture Ebraiche e Cristiane sono state falsificate (= tahrif). Dice il Corano: “O gente della Scrittura, perché avvolgete di falso il vero e lo nascondete, mentre ben lo conoscete?” (Corano 3, 70 e inoltre 4, 46; 5, 13; 6, 91; ecc.). Secondo il Corano, la rivelazione inizia con Adamo e finisce con Maometto, il”sigillo dei profeti” (Corano 33, 40). I profeti per il Corano sono solo dei trasmettitori passivi di un messaggio unico: annunciano il patto primordiale (= mithaq) inaugurato da Dio con tutta l’umanità in Adamo (Corano 7, 172-206). Abramo quindi non è il principio della storia della salvezza. Giustamente il padre Michel Hayek (1928-2005), teologo libanese, diceva: “L’islam è una religione adamitica” e non abramitica.
Ma la Bibbia che cosa dice della relazione di Dio con l’uomo? Si tratta essenzialmente dell’alleanza. Secondo André Neher (1914-1988), scrittore e sociologo ebreo, “l’idea di un’alleanza… è il contributo più originale del pensiero ebraico alla storia religiosa dell’umanità“. Gesù disse alla donna samaritana: “La salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” (Giovanni 4, 22-23). Gesù intendeva portare a compimento questa Alleanza, che da Abramo é arrivata al Cristo ed è poi stata estesa a tutte le nazioni del mondo. Nell’Islam, niente di tutto questo. Non c’è Alleanza, né Redenzione, né Messia. C’è solo Maometto, che, come profeta, chiude e mette il sigillo alla Rivelazione. La chahada (o professione di fede del Musulmano) dice esattamente: “Allah è Dio e Maometto è il suo profeta“. Il celebre romanzo dello scrittore francese Michel Houellebecq, dal titolo significativo “Soumission” (= sottomissione), del 2015, finisce appunto con questa professione di fede. Il protagonista, dopo tante vicissitudini e tanti interrogativi, trova finalmente la pace nell’Islam. E’ proprio il nostro destino? Non è possibile nessun dialogo? Non è possibile nessun arricchimento reciproco? Gesù non è il Salvatore dell’umanità e quindi anche dei nostri fratelli Musulmani? Evidentemente nei modi e nei tempi che Dio solo conosce.
Alla scuola di san Giovanni Damasceno e di altri due
San Giovanni Damasceno (676-749), figlio di Sarjun ibn Mansur, era un cristiano di famiglia araba. Ha collaborato nell’amministrazione del califfo omayyade Mu’awiya di Damasco (Siria). Caduto in disgrazia, si ritirò nel monastero di Mar Saba tra Gerusalemme e Betlemme. Lottò contro l’iconoclastia imposta nel 726 dall’imperatore di Costantinopoli Leone III. Ma ha scritto anche sull’Islam e lo mette al numero 100 nella sua lista delle eresie. Egli pensava che forse l’Islam era una eresia cristiana e non una nuova religione. Questa idea gli era venuta per il posto importante che il testo del Corano ha nell’Islam. Sarebbe, secondo san Giovanni Damasceno, come il Logos (= parola) del vangelo di san Giovanni. Ma l’Islam si è dimostrato subito una religione onnicomprensiva, capace e vogliosa di sostituire tutte le altre. Questo è il primo tentativo di approccio, di qualcuno che conosceva l’Islam anche dall’interno.
Il secondo tentativo si ha nel 1390, in occasione di un dialogo tra il futuro imperatore Manuele II Paleologo (1350-1425) con un saggio musulmano. Anche il Papa Benedetto XVI si è interessato a questa diatriba, nella famosa conferenza di Ratisbona, tenuta il 12 settembre 2006. Si trattava di stabilire un ordine di superiorità tra la Legge di Mosè, quella di Gesù e quella di Maometto. Manuele Paleologo affermava che la Legge musulmana è inferiore a quella ebraica a causa del Jihad, (= guerra), per cui gli uomini erano obbligati a scegliere tra la conversione o la morte (oppure vivere nella situazione di dhimmi = protetti, mediante il pagamento di una tassa, per restare Cristiani). Ora Dio non vuole la violenza. A maggior ragione la legge musulmana è inferiore a quella di Cristo. Ma il saggio musulmano obiettò che la legge di Cristo è effettivamente migliore di quella di Mosè, però è impraticabile, perché troppo elevata. Amare i nemici, ricercare la povertà, vivere la castità e la verginità sono atteggiamenti eccessivi. Il Corano invece si pone in una posizione intermedia tra la legge mosaica e quella di Cristo. Quindi il giusto mezzo è sinonimo di virtù. Ma Manuele Paleologo controbatté dicendo che i comandamenti di Mosé sono una cosa, i consigli evangelici sono un’altra. Inoltre la legge musulmana è un ritorno a quella di Mosé; per di più l’Islam l’ha corrotta.
Il terzo tentativo di approccio all’Islam è opera del Cardinale Niccolò da Cusa o Niccolò Cusano, teologo e filosofo tedesco (1401-1464). Egli ha scritto “De pace fidei” (= intorno alla pace della fede) nel 1452, alla vigilia della conquista di Costantinopoli ad opera del sultano turco Maometto II, avvenuta il 28 maggio 1453. Per farsi capire dall’Islam, Niccolò Cusano utilizzò solo argomenti filosofici cari ad Avicenna, filosofo e medico persiano (980-1037). Ma ciò lo obbligò ad abbandonare il tema della salvezza come opera di Dio (che si realizza nella storia e descritta nei due Testamenti della Bibbia), e a cercare nella sapienza religiosa la soluzione dei conflitti e la possibilità di un dialogo.
L’Islam è una rivelazione o una religione naturale?
Questi tre tentativi di approccio all’Islam, per non citare che i più significativi, ci obbligano a porci una domanda: l’Islam è una religione rivelata oppure una religione naturale? Secondo Alain Bésançon, un francese sociologo delle religioni, dalla risposta a questa domanda derivano le possibili condizioni per un dialogo nella verità. Per noi Cristiani l’umanità sta vivendo l’Alleanza di Noé (o alleanza noatica), grazie alla quale è possibile conoscere la legge naturale, vissuta dalle religioni cosiddette “pagane”. All’interno di questa umanità, Dio ha scelto Abramo, con il quale ha stipulato un’Alleanza, sviluppata in seguito da Mosè ai piedi del monte Sinai.
Lo stesso Dio poi, nel suo Verbo Incarnato, Gesù Cristo, venuto come Messia di Israele, ha stabilito una “Nuova Alleanza”, che è estesa all’umanità intera. Qual è il posto dell’Islam in questa visione del mondo? L’Islam è vicino agli insegnamenti di Mosè, perché crede nel Dio Unico, Creatore e Misericordioso. Ma questo Dio non è Liberatore, come si legge nella Bibbia: “Ed Egli (il Signore) ascoltò la nostra voce, vide la nostra miseria e la nostra oppressione e ci fece uscire dall’Egitto, con mano forte, con braccio teso, operando segni e prodigi” (Deuteronomio 26, 7-8). Nel Corano non si parla mai di storia della salvezza. Anche nel Cristianesimo ci sono delle similitudini con l’Islam. Nel credo cristiano, infatti, si afferma: “Credo in un solo Dio”. E questo va bene anche per l’Islam. Ma questo Dio per noi Cristiani è Padre, ha cioè una relazione personale con gli uomini, che, grazie a Gesù, diventano suoi figli, come dice san Paolo: “Tutti infatti siete figli di Dio in Cristo Gesù, mediante la fede” (Galati 3, 26).
Per il Corano invece l’umanità è divisa in due. Da una parte si trovano i “pagani” (= kafir) e dall’altra coloro che hanno ricevuto una rivelazione (= Ebrei, Cristiani e Musulmani). Il rapporto tra questi due gruppi non è basato sulla storia, ma sulla rivelazione di un messaggio. Questa rivelazione è la trasmissione di un testo che viene dalla “Madre dei Libri“, che si trova presso Dio. Ci sono stati degli inviati per trasmettere questo testo, come Adamo, Noé, Mosé, Davide, Gesù (‘Isa), che sono stati mandati a popoli particolari. Ma questi inviati sono stati superati. Infatti Maometto è il “sigillo dei profeti” (Corano 33, 40), perché è l’ultimo dei profeti e ha anche ricevuto una missione universale. Ebrei e Cristiani hanno prodotto dei libri, come la Torah, i Salmi e il Vangelo (= Injil, al singolare, nel Corano), ma questi libri per il Corano non sono considerati veridici, perché il loro testo è stato manipolato. Solo il Corano contiene tutta la verità e quindi la Bibbia (Antico e Nuovo Testamento) deve essere letta solo con la visione del Corano. La vera Torah (= la legge di Mosé), il Vangelo autentico, devono essere cercati solo nel Corano. I veri discepoli di Gesù, conoscitori del suo messaggio autentico, pertanto, sono solo i Musulmani. Con queste idee, che sono nella testa dei nostri amici Musulmani, è piuttosto difficile dialogare. Il dialogo presuppone la ricerca comune di ciò che unisce.
Ostacoli al dialogo nella verità
Ci sono alcuni punti nell’Islam che hanno bisogno di una maggiore chiarificazione, per permettere un dialogo tra Cristiani e Musulmani nella verità.
1- Taqiyya
Questa parola indica, soprattutto nella tradizione sciita, la possibilità di nascondere esteriormente la propria fede, in caso di grave pericolo o di una persecuzione a motivo della fede islamica. Storicamente la taqiyya è stata praticata dai Moriscos, al tempo della “reconquista spagnola” del 16° secolo. Attualmente è stata praticata dagli Yazidi nell’Iraq. Anche coloro che preparavano attentati (come quello dell’undici settembre 2001 alle torri gemelle di New York, oppure quelli che hanno investito la folla con una camionetta a Barcellona, il17 agosto 2017, ecc.) avevano l’obbligo di non farsi notare, di vestirsi all’occidentale, di bere alcolici, di frequentare locali per giovani normali, ecc. Era la taqiyya o dissimulazione, per meglio riuscire nei loro progetti sanguinari contro i miscredenti e in favore dell‘Isis (= organizzazione fondamentalista che si propone di diffondere lo stato islamico nel medio oriente e in tutto il mondo)). Taqiyya può significare in italiano: paura, circospezione, timore di Dio, ambiguità, dissimulazione o menzogna. Se il Musulmano che parla con me cristiano non racconta la verità, che dialogo è possibile fare?
2- Dhimmi
I dhimmi erano i protetti che pagavano la jizya (= tassa, tributo) per poter conservare la loro religione. Si basava sul Corano che diceva: “Combattete coloro che non credono in Allah e nell’Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati” (Corano 9, 29). Questo regime ha incoraggiato la conversione all’Islam, soprattutto di Cristiani (Bat Ye’or, “Il declino della cristianità sotto l’Islam”, 2016, p. 85 ss.).
3- La Bibbia manomesssa
Dice il Corano: “Alcuni tra i Giudei stravolgono il senso delle parole e dicono: ‘Abbiamo inteso, ma abbiamo disobbedito’. Oppure: ‘Ascolta senza che nessuno ti faccia ascoltare’ e ‘rà’na’, contorcendo la lingua e ingiuriando la religione” (Corano 4, 46; leggere inoltre questi testi: Corano 5, 41-45 e sura 2, 75 e anche 3, 78). Per i Cristiani, e cioè per il Vangelo (= injil), vale lo stesso discorso . Quattro libri, secondo il Corano, sarebbero scesi dal cielo, attraverso l’azione di Jibril (= Gabriele arcangelo) su Ibrahim (Abramo), Musa (Mosè), Dawud (Davide) e ‘Isa (Gesù), ma sarebbero scomparsi. I testi che esistono oggi sarebbero solo delle falsificazioni (Corano 3, 84-91). Pertanto Bibbia e Vangelo non sono riconosciuti dall’Islam, come gli Ebrei e i Cristiani li conservano ancora attualmente.
Questa pretesa dell’Islam però non ha fondamento storico. I manoscritti del Nuovo Testamento, datati prima del 400, che sono pervenuti fino a noi sono più di 24.000. Per confutare questa teoria della manomissione, è sufficiente citare le scoperte archeologiche più recenti. I manoscritti di Qumran (dal 1947 in poi) e almeno 70 testi (= pergamene e papiri), che tutti possono consultare nelle principali Biblioteche del Mondo, scritti prima delle rivelazione del Corano, provano che il testo che abbiamo non è stato manipolato ed è identico a quello che è stato tramandato dalla prima Comunità Cristiana e dai nostri fratelli Ebrei.
Maometto invece aveva una concezione del testo rivelato che era propria dei Manichei. E cioè: il testo viene prima di tutto. Si trova presso Dio. E’ immutabile e si deve accettare così com’è. Ma chi era Mani, fondatore del Manicheismo? Mani era nato nel 216 della nostra era, a Seleucia, vicino a Babilonia. Visse fino al 276. A 24 anni, ricevette una rivelazione dal suo gemello divino (Syzygos o angelo della luce), che lo convinse di essere l’ultimo dei profeti, dopo Buddha, Zarathustra e Gesù. La sua predicazione fece nascere il Manicheismo, una religione che si diffuse in occidente e, attraverso la via della seta, fino in Cina. Manicheo fu anche sant’Agostino di Ippona (354-430) per alcuni anni.
Mani stette molto attento ai contenuti della sua rivelazione, perché fosse conservata tale e quale in tutti i paesi dove fosse stata diffusa. Per questo Mani mise per iscritto con cura il suo messaggio. Maometto fece lo stesso. Per evitare eresie e scismi, che laceravano le altre religioni, specialmente i Cristiani, Maometto controllò la trasmissione orale del messaggio ricevuto da Jibril (= Gabriele arcangelo) e vegliò sui segretari che trascrivevano il Corano (François Jourdan, “Dio dei Cristiani, Dio dei Musulmani”, 2010, p. 118 ss.). Il terzo Califfo, successore di Maometto, Uthman ibn Affan poi impose l’unico testo del Corano, aggiungendo anche le vocali, eliminando tutte le possibili differenze. Questo testo doveva essere diffuso in tutto il mondo musulmano.
Nella tradizione biblica invece il lavoro redazionale si protrae per generazioni. E il testo viene fissato in seguito. Il Corano è l’ultima versione del “Libro Madre” esistente presso Dio e rivelata a Maometto dall’arcangelo Gabriele. La prova che il Corano è parola di Dio? Semplice: Maometto era un analfabeta (= ummi) e un illetterato. Era solo un altoparlante di quello che riceveva come rivelazione da Jibril(Corano 7, 157). Nel Corano si trovano molti insegnamenti che sono discutibili; ma ce ne sono anche altri che sono accettabili e positivi.
4- Islam razionale – Cristianesimo irrazionale?
Per un musulmano diventare cristiano è assurdo, prima di tutto perché il Cristianesimo è una religione del passato. Il meglio del Cristianesimo è entrato nell’Islam. Ma più fondamentalmente il Cristianesimo appare innaturale a un musulmano. Il dogma trinitario è tacciato di associativismo e quindi definito shirk (= idolatria): dare al Dio unico degli associati è il massimo dei peccati. Per i Cristiani il Dio Trino è un mistero, per i Musulmani questo dato della fede è irrazionale. Inoltre le esigenze morali del Cristianesimo sorpassano le capacità umane. Il paradiso dei Musulmani è descritto dalla sura 56 del Corano, dove si descrive il pieno appagamento dei desideri umani. All’inizio dell’umanità Adamo viveva nel paradiso terrestre; alla fine della vita si va di nuovo nel Paradiso dove tutti i piaceri sono soddisfatti: fanciulle dai grandi occhi neri (= le houri), efebi di eterna giovinezza, recanti coppe di vino e cibo d’ogni genere, in abbondanza…. Ma c’è anche un’interpretazione spirituale del Paradiso, soprattutto da parte del Sufismo (= dimensione mistica dell’Islam).
5- L’Islam nega la storia
La Bibbia parla di una storia. La rivelazione si realizza per tappe. L’intervento di Dio si manifesta con parole e con atti. Il loro ricordo è conservato dalla tradizione e poi da un libro ispirato. Il Corano invece è increato ed esiste presso Dio. Viene rivelato dall’arcangelo Gabriele al profeta Maometto, che è il sigillo dei profeti (Corano 33, 40). Il Corano evidentemente è stato rivelato in arabo (Corano 12, 2 e 20, 113). I veri Musulmani pregano in arabo, si vestono e si comportano esteriormente secondo le prescrizioni del Corano e degli hadith (= insegnamento orale o detti del profeta Maometto non raccolti nel libro sacro). In questo modo l’islamizzazione diventa un’arabizzazione e quindi una colonizzazione. Dove arriva l’Islam infatti le tracce del passato scompaiono. Il Cristianesimo invece, per il principio dell’Incarnazione, si adatta ad ogni popolo e ad ogni cultura e si arriva al fenomeno dell’inculturazione. Il Corano trasmesso da Jibril in arabo a Maometto, se è tradotto non è più un libro sacro. La Bibbia invece, grazie al principio dell’ispirazione, conserva il suo carattere di Parola di Dio in tutte le lingue e in tutte le culture del mondo.
Tonino Falaguasta
Missionari Comboniani – Cordenons (PN)