La preghiera è un’azione difficile per noi anche perché la via verso l’interiorità di ciascuno è sovente ingombrata, ostacolata.

Innanzitutto non riusciamo a fare silenzio in noi, perché non appena apriamo la porta del nostro intimo per penetrarvi ci vengono incontro immagini, ricordi, voci, rumori che ostacolano il nostro procedere. Siamo abitati nel nostro profondo da parole efficaci, pensieri tumultuosi, voci di paura, fantasmi infernali che, quando ci affacciamo al nostro pozzo interiore, emergono e ci vengono incontro. Si tratta di pensieri sovente cattivi, di tentazioni sulle quali dobbiamo subito fare un discernimento, ma anche di distrazioni, pensieri o immagini che ci tirano qua e là e non ci permettono di fissare il nostro pensiero in una sola direzione. Sono momenti in cui ci viene da dire: “Ma perché? Chi sono io? Cosa c’è nel mio profondo? Io sono un altro!”.

Far tacere questi pensieri è una lotta necessaria, che diventa vittoriosa man mano che la si pratica rinnovando l’attenzione, mettendo a fuoco il nostro desiderio. E se troviamo sul cammino della preghiera persone che si affacciano attraverso ricordi o situazioni? Sono distrazioni? Non temiamo, perché gli altri sono il nostro prossimo, che non è mai da escludere dalla nostra vita. Gli altri non soni mai disturbatori, ma si tratta di ricordarli in Dio, di metterli alla luce della sua presenza. Così parliamo a Dio dell’altro, degli altri, e così siamo indotti alla fiducia e alla carità fraterna. Ciò che era un ostacolo diventa così occasione di intercessione. In tal modo la preghiera non è un’evasione ma un entrare nello spessore della realtà, là dove Dio vuole essere presente e operare. La preghiera è un mistero di comunione con Dio, ma anche sempre un mistero di comunione con gli altri esseri umani.

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