“Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri” (Marco 9,50)
Un granello di sale quotidiano per dare sapore alla tua giornata.
Per Adamo nel Paradiso si rese necessario dare un nome agli animali. E così anche noi bisogna che diamo un nome alle cose che condividono il nostro silenzio, non per violarne l’intimità e disturbarne il silenzio pensando a esse, ma per far sì che il silenzio nel quale dimorano e che in esse dimora, possa essere concretizzato e definito per quel che è. Le cose immerse nel silenzio lo rendono reale, perché esso si identifica con il loro essere. Dare un nome a questo essere vuol dire darlo al silenzio. E quindi dovrebbe essere un atto di riverenza.
(Le benedizioni le rendono maggiormente degne di rispetto).
La preghiera conosce delle parole di omaggio per gli esseri in Dio. La magia fa uso di parole per violare il silenzio e la santità degli esseri trattandoli come se fosse possibile strapparli a Dio, possederli e vilmente abusarne, proprio in cospetto del silenzio divino. La magia insulta un tale silenzio presentandolo come la maschera di un intruso, di un potere maligno che usurpa il trono di Dio e si sostituisce alla sua presenza. Ma che cosa può mai sostituirsi a «Colui che è»? Soltanto chi non è può pretendere di usurparne il posto. E facendolo non fa altro che affermarlo ancora più chiaramente perché se si sopprime il non dalla frase «non è» non resta altro che «è».
Nel silenzio di Dio abbiamo vinto la magia riuscendo a vedere attraverso ciò che non è, e convincendoci che «Colui che è» ci è più vicino di «chi non è» e tenta in ogni attimo di porsi tra noi stessi e Lui.
da “Pensieri nella solitudine” di Thomas Merton (1915-1968),
trappista americano, maestro spirituale molto stimato,
ritenuto tra i più grandi scrittori spirituali del XX secolo.