Giovedì della V settimana di Pasqua
At 15,7-21   Sal 95   Gv 15,9-11: Rimanete nel mio amore, perché la vostra gioia sia piena.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».

Commento

di L.M. Epicoco
“Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”.
Rimanere nell’amore è forse il programma di tutta una vita. Infatti credo ognuno di noi fa esperienza di come la vita divenga impossibile quando si è fuori dall’amore. Ogni volta che non ci sentiamo amati tutto perde gusto anche la cosa più bella, più scintillante, più ambita. È l’amore che dà colore e significato alla vita. Rimanere nell’amore è ciò che rende la vita degna, e Gesù non si limita semplicemente a ricordarcelo ma a offrirci il suo stesso amore come il luogo vero in cui rimanere. La domanda allora sorge spontanea: come si fa a rimanere nel suo amore? 
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore”.
Solo quando rimaniamo nei suoi comandamenti possiamo dire anche di amarlo. E questo non va frainteso come una condizione etico o moralistica. Osservare i comandamenti significa prendere sul serio ciò che il Signore ci dice e ci indica come bene. Quale amore può essere chiamato tale se la parola dell’amato non è mai presa sul serio? Se tu ami qualcuno allora ciò che quel qualcuno dice per te conta, ha un peso, è decisivo. Se la parola di chi dici di amare non è decisiva, allora significa che non c’è amore. Oggi dovremmo domandarci quanto peso diamo alle parole di chi ci ama, e a partire da ciò dobbiamo altresì chiederci quanto peso diamo alla parola del Vangelo? Leggere il Vangelo e provare a metterlo in pratica è la condizione vera dell’amore a Cristo, ma molto spesso noi cristiani, e cattolici soprattutto, non sappiamo nemmeno come è fatto il Vangelo, tolto qualche scampolo ascoltato di sfuggita in qualche liturgia. Sarebbe un buon proposito per oggi dare peso alla Parola di Gesù e cercare di metterla in pratica. In questo sforzo si rimane con i piedi fermi nel suo amore. E da cosa ti accorgi che ciò è vero? Dalla gioia:
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.
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di Paolo CurtazIl lungo discorso che Gesù fa dopo l’ultima cena è un crescendo di teologia e di compassione, di misericordia e di stupore. L’evangelista Giovanni pone in queste pagine il testamento spirituale del Signore e la sintesi del discorso che Gesù fa è una sola: ci invita a dimorare, a restare, a perdurare nel suo amore. Lo diamo per scontato, ma così non è. Nella storia dell’umanità la religione ha avuto spesso a che fare con la morale, con il culto, con la regola. Quasi mai con l’amore. La novità straordinaria del cristianesimo è, appunto, la rivelazione di un Dio che ama e che, amandoci, ci permette di esistere. Gesù ammette con entusiasmo e coinvolgimento di amare noi suoi discepoli. Siamo amati! Anche se non ce ne accorgiamo, anche se fatichiamo a lasciarci amare, nonostante i nostri limiti e i nostri peccati, siamo amati! Dimorare nell’amore significa, allora, fare continua memoria di questo amore senza limiti. Tutto il resto viene dopo: le norme, indispensabili per dare forma all’amore, il culto, luogo dell’incontro con l’amato, la morale, che è l’esplicitazione concreta della nostra nuova vita. Siamo amati: dimoriamo nell’amore.