
Maria non è solo nostra — cioè dei fedeli cattolici e ortodossi che la venerano — ma fa parte anche di tradizioni non cristiane, come l’ebraismo e l’islam, e naturalmente non ne possono prescindere i protestanti. Con questo numero di «donne chiesa mondo» vogliamo guardare a Maria anche dal loro punto di vista, capire come gli altri l’hanno immaginata, l’hanno raccontata. È un nuovo punto di vista che ci apre a scoperte interessanti.
Per gli ebrei non c’è solo la ben nota leggenda denigratoria dell’adulterio che Maria avrebbe perpetrato con il soldato romano Pantera: il rabbino Riccardo Di Segni ci fa partecipi di una svolta narrativa per cui «assistiamo a un paradosso, in cui la figura di Maria, persino in un contesto polemico, conserva aspetti di innocenza e se ne comprende e condivide la sofferenza personale».
Nell’islam Maria riveste un ruolo di primaria importanza, è l’unico nome femminile che compare nel Corano. Se pure non considerata madre del figlio di Dio, la sua immagine è intensamente carica di valore simbolico e spirituale. Ma fa parte anche della storia, fondendosi con il culto che gli sciiti riservano a Fatima, figlia di Maometto ed essa stessa madre di due figli morti martiri, occasione appunto della separazione, all’interno del mondo islamico, fra sunniti e sciiti. Per la protestante Marion Muller-Colard la Madonna — per lei una donna come le altre — è oggetto di amore, compagna di un destino femminile condiviso da tante, così vicina che suscita il desiderio di parlarle direttamente, di darle del tu.
Ma Maria è anche una delle immagini più frequenti, e più struggenti, nella storia dell’arte occidentale, protagonista di quel passaggio essenziale per la tradizione cristiana che è il Verbo che si fa carne, che diventa uno come noi. Le modalità con cui questo mistero è stato rappresentato diventano patrimonio dell’inconscio collettivo, e a loro volta servono a decifrare le apparizioni mariane da parte di giovani e inesperti testimoni. Un modo nuovo di illuminare questa figura così importante per noi, per dedicarle ancora una volta il mese di maggio.
Lucetta Scaraffia
L’Osservatore Romano, maggio 2017