Liturgia

Mercoledì della III settimana di Pasqua
At 8,1-8   Sal 65   Gv 6,35-40: Questa è la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna.

In quel tempo, disse Gesù alla folla: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete.
Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

Commento

Che cosa vuole donarci Dio? Qual è il Suo sogno per ciascuno di noi? Il Vangelo di oggi sembra rispondere proprio a questa domanda:
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.
Ma è sbagliato pensare che la vita eterna è una questione solo dell’aldilà. La vita eterna è una questione anche dell’al di qua. È qui che inizia questa vita eterna. È qui che per noi inizia o il paradiso o l’inferno. E il paradiso non è non avere problemi. Il paradiso è sapersi amati e di Qualcuno. E ugualmente l’inferno è non sentirsi amati e di nessuno. Se ti sai amato tutto è paradiso anche i problemi. Ma se non ti senti amato tutto è inferno anche le cose belle. Dopo la morte ciò che abbiamo scelto con la nostra libertà diventa definitivo. Ma è qui che facciamo le nostre scelte. È qui che scegliamo o no Cristo. Ecco allora perché forse dovremmo riformulare le parole di Gesù in modo da comprendere fino in fondo che cos’è la resurrezione. La resurrezione è avere una vita nuova che ti viene donata dall’amore, dal saperti amato. Persino la morte fugge davanti all’amore. “L’amore è più forte della morte” si legge del Cantico dei cantici. Allora non dobbiamo leggere “lo risusciterò nell’ultimo giorno”, ma “lo risusciterò ogni giorno, fino all’ultimo”. Ecco perché allora dovremmo imparare a considerare due aspetti della nostra fede: uno che ha a che fare con il presente e uno che ha che fare con il destino ultimo. Tutto ciò che è destino ultimo non è semplicemente dopo, ma è già qui. È qui nascosto nel segno. La realtà è già carica del nostro destino ultimo, ma lo è come un sacramento. Dobbiamo quindi sempre decifrare quel destino nelle cose di questo mondo. Ma ciò non basta perché dobbiamo ricordarci che alla fine questo fatto emergerà con evidenza, sarà appunto un fatto e non più semplicemente segno di qualcosa che verrà. Il futuro diverrà presente e ognuno di noi vivrà per sempre di ciò che ha scelto ogni giorno già da ora.
da http://www.nellaparola.it


di Paolo Curtaz
Cosa vuole Dio da me? Che creda in lui? Che osservi i suoi comandamenti? Che obbedisca? Che lo serva? Gesù, nell’impegnativo discorso del pane di vita, ci dice chiaramente che Dio vuole da me una cosa sola: che io mi salvi. Quante volte proiettiamo addosso a Dio le nostre paure, le nostre insicurezze, i nostri fantasmi! Dio, allora, diventa un mostro esigente che pretende dalle sue creature obbedienza cieca. E la nostra vita si trasforma in un’ansiosa prova di abilità, un continuo processo, una prova d’esame. Non è così! Dio non è l’annoiato dispensatore di prodigi, né il potente da convincere, ma un tenerissimo padre che vuole per noi, suoi figli, la pienezza della felicità che egli solo può indicare. Se è così, allora, io e Dio abbiamo molte cose in comune. Principalmente il profondo e radicato bisogno di pienezza. Ma io, se sono onesto, devo ammettere di non sapere veramente cosa mi dia felicità. Dio, invece, sì. Sappiamo da chi andare se vogliamo saziare la nostra fame interiore. Il risorto vuole manifestarci la strada che ci porta verso Dio. Seguiamola con fiducia.