Dio sorprende sempre
don Divo Barsotti
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DIO SORPRENDE SEMPRE
Casa San Sergio, 24 dicembre 1974 L’umiltà di Dio
La grandezza di Dio si mostra sotto il segno della povertà più grande, dell’umiltà più profonda: la nascita di un bambino. Dio non si è manifestato mai così munifico nel suo amore come quando è venuto salvare il suo popolo e l’annientamento di Dio mai è stato così profondo come in questa nascita. Tutta la Liturgia sottolinea quest’umiltà, questa povertà di Dio: nel mezzo della notte, mentre tutto il mondo era ignaro di quanto avveniva, ecco; il Verbo di Dio nasce da un’umile donna. E Dio continua il compimento dei suoi disegni di misericordioso amore sotto gli stessi umili segni. Abbiamo una fede così grande da saper riconoscerlo sotto questi segni? A questo ci chiama proprio l’Ufficio delle Letture di questa notte. Ci chiama a prendere coscienza di questo modo di agire di Dio nei confronti dell’uomo.
Noi vorremmo riconoscere Dio soltanto attraverso degli avvenimenti di grande splendore, di grande potenza. Invece, quanto più Dio si incontra con l’uomo, tanto più dobbiamo riconoscerlo negli avvenimenti più umili, nella povertà più squallida della nostra vita.
Saper riconoscere Dio…
Chiedere a Dio grazie particolari vuol dire chiedere a Dio l’umiltà dello spogliamento da ogni esperienza, anche religiosa. Chiedere Dio la comunione più profonda dell’intimità con Lui, vuol dire affondare nel nulla. Se tu non lo sai riconoscere lì, non hai mai conosciuto il Signore, né mai potrai riconoscerlo, perché quando Egli si fa uomo per donarsi totalmente a te, Egli discende per te in una grotta e per te si fa Bimbo che aspetta da te l’aiuto e ogni difesa. Questo lo sottolinea anche l’inno parlandoci di questa nascita. Saperlo riconoscere vuol dire vedersi davanti trasfigurata tutta la vita, tutto il mondo, tutta la creazione; vuol dire vedersi trasfigurate questa notte e il rito che celebriamo in questa cappella, dove nel silenzio dobbiamo incontrarci con Lui. Il primo salmo nel mattutino (Salmo 2) vuole mostrarci il gioco di Dio: Egli stravolge tutte le opposizioni alla sua volontà nei modi più inaspettati. Tutto il mondo si scaglia contro di Lui, tutte le forze dell’Inferno fanno per sopprimere il Cristo e il Cristo si salva proprio per la sua debolezza. “La debolezza di Dio è più forte degli uomini”, dirà Paolo nella lettera ai Corinzi (1Cor 1, 25).
…nella povertà…
Ed è così anche oggi che Dio salverà la Chiesa. La Chiesa è la più povera, la più impotente di tutte le forze che oggi vivono nel mondo. A me sembra che mai come oggi, la Chiesa affermi la sua dipendenza da Dio e dimostri di esserne sacramento visibile, proprio perché non ha più alcun potere. (…)
Ma ecco quello che ci ha detto il Salmo: “Dio se ne ride”. Ed Egli non ebbe bisogno allora di farsi imperatore né uomo di potere. Nacque bambino povero e sconosciuto, ma in quella nascita umile e povera, Dio si fece presente per salvare il mondo.
Così sarà oggi della Chiesa. È meravigliosa la fiducia che Dio ha avuto in noi. Quanto più vado avanti e tanto più mi rendo conto della grandezza della nostra Comunità. Presto finiranno gli ordini e congregazioni religiose e ogni vita religiosa associata sarà resa impossibile; ma prima che tutto questo accadesse, Dio ha voluto che ci fosse una famiglia religiosa, la nostra Comunità, dove uomini e donne, persone sposate e no, di ogni età e condizioni, senza opere proprie, potessero affermare il primato delle virtù teologali.
…della nostra vita
In tutto questo non si può non riconoscere il dito di Dio. Dobbiamo prepararci a vivere questa nostra imitazione di Cristo, realizzando fin d’ora fra noi un legame più profondo di carità, di semplicità, di amore. Soprattutto fede, fede in Dio! In un Dio che si fa presente nella nostra umiltà, ma la nostra umiltà è tale che può travolgere tutte le potenze dell’Inferno, tutte le forze del male vivendo nella semplicità la nostra adesione a Dio. Non abbiamo nessuna opera: che cosa possono toglierci?
Ma non voglio fare la profezia di quella che potrà essere la nostra vita di domani; quello che importa notare oggi è ciò che dice il Salmo: che Dio travolge tutte le opposizioni del mondo attraverso l’umiltà e la povertà. No, non può servire al Signore una congregazione che si è troppo affidata al potere. Egli non si servirà nemmeno di ordini o congregazioni religiose, ma si servirà di povere anime, come avviene già in Russia e come avvenne durante la Rivoluzione Francese. Anche allora non furono gli ordini o le congregazioni religiose a salvare la Chiesa in Francia, ma furono umili madri di famiglia che accoglievano i sacerdoti nella loro case e di notte li accompagnavano presso altre famiglie.
(…) Dio solo sa; possiamo prevedere solo un avvenire assai oscuro. Ma Dio è con noi per la nostra salvezza e per la salvezza del mondo intero se nella nostra povertà e umiltà sapremo vivere la nostra adesione a Lui. È proprio nell’umiltà e nella povertà che Gesù nasce e vive anche oggi in mezzo agli uomini.
Omelia (Messa Vespertina della Vigilia di Natale)
Natale, unione nuziale
II Natale non è festa soltanto di Gesù; è la festa anche di Maria. Mai in nessun Mistero del Cristo l’uomo e Dio sono così intimamente congiunti: se Dio si fa un uomo, anche l’uomo entra in un rapporto così intimo con Dio come quello della Vergine che diviene sua Madre. La prima lettura che abbiamo ascoltato stasera (ls 62,1-12), diceva un elemento essenziale del Natale stesso: l’Alleanza, l’unione nuziale, perché è questo che si è compiuto nel Natale cristiano. È vero che Dio si è fatto uomo e che la Vergine Santa è divenuta Madre di Dio ma proprio in questa maternità divina si sono compiute le nozze. La Vergine, nel dare tutto quello che essa aveva a Dio, faceva sì che Dio stesso divenisse suo Figlio ed Ella consumava anche le sue nozze con Lui.
Può sembrare strano che il mistero della divina maternità sia anche il mistero che c’illumina su quello delle nozze divine di Dio con l’uomo e dell’uomo con Dio. Ma mistero delle nozze è essenzialmente questo: nelle nozze l’uno dà all’altro tutto quello che ha, tutto quello che Egli è. Ed ecco la Vergine dona a Gesù quello che è proprio dell’uomo, come dice San Giovanni della Croce nella sua romanza: non solo la natura umana, ma la sua debolezza, il suo pianto, la sua umiltà, la sua povertà. L’uomo riceve in cambio tutto quello che è di Dio e la creatura entra nel mistero della Trinità, vivendo un rapporto con Dio il più intimo che si possa pensare al di fuori di quello fra le Persone Divine.
Dio rimane uomo per sempre
Ma non voglio parlarvi di questo perché le letture di stasera non ci chiamavano ad illuminare il mistero del Natale sotto questo aspetto. Quello che mi sembra invece particolarmente legato alla Messa di notte del Natale è il modo scelto da Dio per farsi presente e per comunicarsi al mondo. La Messa del Natale ci dice che Dio si fa ancora presente sotto il segno della stessa povertà, della stessa semplicità, della stessa umiltà, dello stesso silenzio. E se noi non lo sappiamo riconoscere sotto questo segno, rischiamo di non incontrarci con Dio. Non è vero che la resurrezione del Cristo porti la Chiesa ad un superamento della condizione che Dio si è scelta una volta per sempre per farsi presente agli uomini e comunicare loro la sua grazia. Dio rimane fedele a quello che una volta ha voluto. Nella sua umanità gloriosa il Cristo si è sottratto ai condizionamenti del tempo e dello spazio, ma se Egli vive ancora nel suo mistico corpo che è la Chiesa, in questo mistico corpo Egli ancora soffre, Egli ancora vive l’umiltà e la povertà della condizione umana, e ancora vive la passibilità propria dell’uomo di quaggiù.
Dio è la forza del cristiano
E allora ecco, miei cari fratelli, quello che c’insegna il Natale: riconoscere Dio presente nel mondo sotto il segno dell’umiltà e del silenzio. Forse la Chiesa ci chiama oggi a vivere più autenticamente il cristianesimo di quanto non lo abbiano vissuto prima di noi coloro che hanno creduto nel Cristo. Troppo spesso finora, il cristianesimo era legato ad una società che dava alla nostra testimonianza cristiana un riconoscimento legale, riconoscimento che implicava una posizione giuridica, una rappresentatività nei confronti del mondo. Ma Dio non può entrare nel mondo che come un corpo estraneo per tutto trasformare, per tutto trasfigurare; non per far parte di questo mondo, ma per far sì che questo mondo entri nella realtà di Dio e partecipi della pienezza della sua vita. Ora, se il Cristo entra nel mondo come uno che il mondo non conosce, come uno che non gli appartenga, è chiaro che anche la Chiesa, che anche il cristiano dovrà, nella misura che in Lui continua il mistero del Cristo, vivere nel mondo senza particolari difese, senza particolare protezione, tranne quella di Dio. E la protezione e la difesa che Dio ci dona è quella data a suo Figlio quando, facendosi uomo, lo rivestì della debolezza e della povertà umana; Io rivestì della condizione più umile, della più sprovveduta. Questa è la difesa. Ma c’è una difesa, come dice Paolo nella lettera ai Corinti, più grande della forza degli uomini: “Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1,25).
lo credo che la Chiesa potrà compiere la sua ambizione di salvezza nel mondo solo nella misura che rinuncerà al potere per tornare ad essere, come il Cristo, debole e impotente, solo nella misura che essa tornerà a farsi presente anche nelle persone più umili è più povere.
Che cosa avverrà tra pochi anni, fra pochi decenni? Saremo sommersi? Dio non voglia. Comunque, non dobbiamo impaurirci, perché il cristiano deve abituarsi a cantare anche se, come i tre fanciulli nella fornace, si troverà in mezzo alle fiamme. Il cristiano dovrà imparare a camminare sull’acqua, come Pietro, per andare incontro a Gesù; fintanto che non sa camminare sull’acqua, fintanto che non sa cantare pur vivendo nel fuoco, non è ancora cristiano.
Dobbiamo vivere, nella nostra povertà e umiltà la sicurezza che Dio ci sostiene e ci difende perché siamo i suoi figli ed Egli sa come attraverso di noi può continuare l’opera sua.
Sacramento del Cristo nel tempo
Che cosa io voglio insegnarvi stasera, miei cari fratelli? Una cosa molto semplice e pure grande: che il Cristo è nato ed è qui con noi nella nostra povertà. Il segno della sua presenza è il nostro nulla, la nostra impotenza; è precisamente il fatto che non rappresentiamo più nulla per il mondo. Sacramento della presenza del Cristo è la nostra umanità, purché la nostra umanità non sia amante di nessuna forza, di nessun potere, di nessuna gloria mondana.
Siamo delle umili creature che però credono in Dio e lo hanno ricevuto. È il Cristo che si è comunicato a noi, che ci ha unito a sé per fare della nostra stessa umanità il sacramento della sua presenza nel mondo. Non temiamo!
La prima cosa che dobbiamo fare, intanto, è credere a questa nostra dignità d’essere sacramento della presenza del Cristo, vivendo nel mondo, nella scuola, nella casa, anche nella nostra debolezza di persone anziane o ammalate. Dio è con noi. Tutta la grandezza del mondo è nulla – mondo, in senso evangelico, perché implica tutte le forze coalizzate contro il Cristo – tutte le forze del mondo non hanno nessun potere contro di noi. Noi siamo il Cristo presente per gli uomini che vivono oggi.
È veramente una nascita quella che noi celebriamo, la nascita non di uno al di fuori di noi, ma di uno che vuoi farsi presente in noi per comunicarsi attraverso di noi a tutte le anime. Nella nostra umiltà e semplicità noi abbiamo un potere e la nostra vita ha un’efficacia molto maggiore di quella di tutti i grandi uomini del mondo di quaggiù: come il bambino che nasceva nella grotta, da tutti ignorato ma che era il centro dell’universo. Noi dobbiamo avere la stessa consapevolezza, ma vivremo quest’efficacia, questa grandezza solo nella misura che rimarremo fedeli al segno che Dio si è scelto, a quest’umiltà, a questa debolezza che è il segno della sua presenza.
Siamo nati per amare
Com’è meraviglioso Dio che ci ha voluto poveri! Com’è meraviglioso Dio che ci ha voluto lasciare nella nostra impotenza ed umiltà per essere più vicini a Lui, per essere veramente il sacramento del Cristo! Che la nostra povertà, la nostra debolezza non siano per noi un motivo di scoraggiamento, di sfiducia, di sgomento, di paura. Sappiamo sorridere come il Cristo poteva sorridere a sua Madre, mentre tutto il mondo, coalizzato contro di Lui, voleva ucciderlo. Egli non sapeva nulla nemmeno di quella lotta spietata che Erode e gli altri potevano combattere contro di Lui. Egli veniva quaggiù soltanto per amare e imparava sorridendo alla Madre. Così in fondo noi dobbiamo vivere la nostra vita cristiana. Non ci angustiamo, miei cari fratelli. Il Cristo vive in noi e non solo il mondo non potrà farci nulla, ma noi stessi dobbiamo salvare il mondo, operando non al modo degli uomini, ma al modo di Dio, soffrendo, vivendo nella pace, accettando l’umiltà della nostra condizione, rimettendoci alla potenza del suo amore.
Il Cristo è nato, è nato oggi qui con noi, è nato in noi; è nato in noi per la salvezza del mondo d’oggi, dobbiamo saperlo. lo non credo ai grandi avvenimenti. I grandi avvenimenti tanto più sono grandi quanto più, come la nascita di Gesù, rimangono nascosti agli occhi degli uomini. Sant’Ignazio d’Antiochia, nella lettera agli Efesini, afferma che la nascita di Gesù fu nascosta non solo agli uomini di quaggiù, ma anche alle stesse potenze. Dio compie le sue opere nel silenzio più profondo. Il silenzio non è un ostacolo alla potenza divina; è, direi, piuttosto, la condizione perché la potenza di Dio si dispieghi. Dio, che è creatore, non può creare che dal nulla, ed Egli deve ridurti al nulla, se vuole vivere attraverso di te, se vuole operare attraverso di te.
Non spaventiamoci!
Non angustiamoci dunque; non dobbiamo smarrirci! Ho l’impressione che mai la Chiesa abbia vissuto un momento di grazia come oggi, in cui non ha più nessun potere e sta per perdere anche quel poco che ha. Ho l’impressione che mai la Chiesa si sia trovata in una condizione migliore di quella in cui vive oggi, in cui il mondo la rifiuta o sembra non conoscerla più. Ho l’impressione che mai il cristianesimo abbia vissuto un momento di grazia più alto di quello d’oggi, quando ormai per tutti sembra che il cristianesimo non sia altro che un relitto di un passato che non può risorgere – così sembra a questi uomini – perché la cultura, perché l’arte, perché tutto ormai ha superato il Cristo. II Cristo si può superare facilmente perché è un Bambino: un Bambino che credi di poter superare, ma che però ha l’innocenza di uno che non conosce la vecchiaia perché rimane “l’infanzia eterna”, l’essere che è al di fuori del tempo, che vive veramente il giorno unico dell’eternità.
Miei cari fratelli, non sgomentiamoci, non ci lasciamo prendere da certe considerazioni, da certi pensieri, da certi discorsi che possiamo ascoltare. Non abbiamo bisogno nemmeno di combattere: abbiamo bisogno soltanto di sorridere e d’amare, come Gesù. Abbiamo bisogno di vivere nella nostra umiltà, la nostra fede in Colui che ci ha scelto, il nostro abbandono a Colui che ha voluto in qualche modo incarnarsi per noi per farci lo strumento della sua grazia, per fare di noi il sacramento di una sua rivelazione agli uomini d’oggi. Umiltà, semplicità e pace: questa è la nostra vita. Ringraziamo Dio! È la medesima vita che il Figlio ha scelto per sé e ha scelto per noi.
Ringraziamolo, perché in questa semplicità e in questa pace, il Cristo anche ora è presente nel mondo: nei poveri, negli umili, nei sofferenti e in noi tutti che siamo il suo corpo vivente.
Oh! lo non voglio, lo sapete bene, insegnarvi un Cristo che si risolve nell’umanità, ma voglio insegnarvi che la nostra umanità è stata assunta da Lui per essere oggi il sacramento della sua presenza di salvezza nel mondo. E la salvezza e la vita che Cristo anche oggi ci dona ce la dona nel medesimo modo onde la donò la prima volta nella sua povertà e nella sua debolezza. Così come Egli offrì la vita, così ancora torna ad offrirla. Ricordate quello che pochi minuti prima di morire diceva Bloy a chi gli chiedeva: “Che cosa prova, maestro, in questi ultimi momenti della sua vita?” “Oh! – Egli rispondeva – soltanto una grande curiosità, perché ho l’impressione che appena chiudo gli occhi tutta la visione del mondo mi si rovesci: tutto quello che mi sembrava grande divenga nulla, e quello che era nulla ora divenga veramente l’unica cosa grande e vera”. Bene, non aspettiamo a vedere questo rovesciamento di valore con la morte.
Basta la fede per contemplare già, nella povertà di un Bambino, la presenza stessa di Dio, per saper riconoscere nell’umiltà della nostra povera vita il segno di una predilezione infinita. Per saper riconoscere, proprio nella nostra sofferenza e povertà, la garanzia di un’immensa volontà del Signore che ci ha scelto per sé. Ecco quello che mi sembra l’insegnamento del Natale questa notte.
Omelia della Messa dell’Aurora
“Oggi la luce di Dio rifulge su di noi”
Leggendo il Salmo Responsoriale (salmo 96) dopo la prima lettura, il lettore ha detto: “Tutti i popoli contemplano la sua gloria”. E noi tutti si rispondeva a queste parole proclamando: “Oggi la luce di Dio rifulge su di noi”.
In realtà il mondo non ha visto nulla, e anche noi abbiamo visto ben poco! Che cosa abbiamo visto? Che cambiamenti ci sono stati? Non sembra che Dio ci prenda in giro? Che cosa è avvenuto perché noi possiamo giustificare la gioia di questo giorno? Siamo noi che cerchiamo di conferire a questa giornata una luce che per sé non sembra avere, perché di per sé il giorno d’oggi somiglia al giorno di ieri: non solo sul piano fisico, ma anche – per quanto riguarda l’uomo – sul piano psicologico e sociale? Che cosa è avvenuto? Nulla apparentemente: chi ieri aveva fame, ha fame anche oggi; chi ieri era malato è malato anche oggi.
“I popoli contemplano la tua gloria”. Di quale gloria siamo testimoni? Davvero il cristianesimo può sembrare una grande beffa! E lo è per chi non ha fede. Per chi non ha fede non vi può essere altra reazione nei confronti del messaggio cristiano che quello di crederci pazzi. Veramente saggi erano gli ateniesi che cominciarono a ridere quando Paolo annunziò loro il messaggio cristiano. “Farneticano”, dice spesso il Libro degli Atti.
Ed è vero anche oggi. Non si può assolutamente pensare che sia diverso oggi l’atteggiamento di chi non crede. Il cristiano stesso, se non ha una fede viva, cerca di non pensare a quello che l’annuncio dice, perché è sconcertante, estremamente sconcertante quello che è il messaggio annunciato: Dio è venuto sopra la terra. Israele lo aspettava e, in base al linguaggio dei profeti, pensava ad una trasformazione dell’universo: il deserto che fiorisse come il giglio, il sole che risplende sette volte di più, la concordia e la pace che esiste fra la vipera e il bambino, fra il leone e il capretto. Questo era il linguaggio dei profeti ma il linguaggio apocalittico che precede immediatamente la venuta del Cristo, era anche più straordinario.
La conversione…
E che cosa è avvenuto? Nessuno se ne è accorto; nemmeno coloro che hanno accolto l’annuncio si sono accorti di nulla, perché tutti sono rimasti quelli che erano: erano malati e sono rimasti malati, erano dei poveri diavoli e sono rimasti tali, erano delle anime deboli e imperfette e tali sono rimaste. Che cosa è avvenuto dunque? Dio ci prende in giro? Sembra di sì. Sì, perché non è certo Lui che entra nelle nostre prospettive, non è certo Lui che ha bisogno di essere giustificato dagli uomini e che perciò deve rispondere a quello che l’uomo si aspetta da Lui. È l’uomo che deve entrare nella luce di Dio ed entrare nella luce di Dio implica una “conversio”, un cambiamento di pensiero, di mente.
Infatti la gloria di Dio si manifesta nella nascita di un Bimbo, cioè in un avvenimento che non è neppure storico, perché la storia nasce dopo. Anche quando nacque Napoleone nessuno ne registrò la nascita come un avvenimento storico. Avvenimento storico sarà la battaglia di Marengo e poi tutto il resto. Prima dovette essere grande Napoleone, capace di atti che avessero una risonanza storica.
…ci fa riconoscere la Verità…
La nascita è l’avvenimento più comune: non appartiene alla storia, ma alla biologia. E noi invece celebriamo la nascita di un Bimbo! E questo vuol dire molte cose, e cose veramente impressionanti per la nostra vita cristiana. Lo accennavo anche ieri e mi sembra di doverlo sottolineare anche stamani perché è in fondo l’argomento della mia meditazione sul Natale di quest’anno: sapere riconoscere Dio sotto le vesti più dimesse, saperlo riconoscere e accettare proprio in questa suprema umiltà in cui Egli ha voluto farsi presente. E non farsi presente duemila anni fa: sarebbe troppo comodo se fosse apparso allora così, ma ora tutto fosse cambiato perché c’è la Chiesa, c’è Pietro, c’è l’apertura dell’Anno Santo. Storie! Storie! Storie! Siamo noi che vogliamo impedire a Dio di manifestarsi come Egli vuole manifestarsi e perciò, visto che c’è un Bambino, Io ricopriamo di oro e di pietre preziose per farlo apparire ricco e per nascondere almeno la sua nudità. Il Cristo però rimane quello che è: nella vita presente Dio realizza il suo dono di amore agli uomini nella suprema povertà di atti comuni, di situazioni concrete le più spaventosamente trite e banali. Chi potrebbe riconoscerlo? Gesù è qui; forse l’atto che noi compiamo ha meno valore, meno grandezza dell’apertura dell’Anno Santo? Non saremmo nemmeno cristiani se lo pensassimo. Tutta la grandezza del cristianesimo è qui, perché qui si è fatto presente ora il Signore, nella parola che io annuncio nel suo nome. Tutta la grandezza del cristianesimo è qui, perché nella celebrazione del mistero Eucaristico si fa presente tutto il Mistero di Dio.
Ma vedete, anche noi abbiamo bisogno dei segni: i fiori, i ceri. Non sono anche queste, cose che rischiano di ricoprire la nudità di Dio? La Messa di ieri è forse meno grande della Messa che celebro stamani? Tutto Dio è qui! Ci crediamo? È una cosa impressionante che Dio voglia proprio farci entrare nelle sue vie attraverso una rinuncia totale a tutti i nostri pensieri, a tutti i nostri desideri, a tutte le nostre aspettative e ci lascia così come siamo. Eppure ci dice: “Ti amo”, ci dice “Non temere, sono io”; eppure ci dice: “Ecco, il Salvatore è nato oggi…” e tutto il Paradiso è qui. Non c’è nulla di più di quello che viviamo sotto il segno di questa povertà e opacità. Tutto il Paradiso è presente, non c’è nulla di più, perché il Paradiso è Dio e Dio è qui.
…nella fede
Allora non è vero quello che proclamava il lettore: “Tutti i popoli contemplano la sua gloria”? Chi è che contempla la gloria di Dio in questo umano squallore in cui viviamo? Ci vuole una grande fede! Senza la fede davvero il cristianesimo è soltanto una balla! Senza la fede è terribile: noi siamo dei matti per il mondo. Allora si cerca di giustificare la nostra presenza nel mondo facendo della dottrina sociale e così si dimostra, una volta di più, la nostra assoluta impotenza.
Che cosa è il cristianesimo per il mondo? Davvero un pallone gonfiato. Se voi leggete i libri dei più grandi uomini, professori di filosofia, di diritto, di scienze economiche, di scienze politiche, tutti, perfino l’uomo della strada, sanno benissimo che il cristianesimo è stato proprio una montatura. E che montatura! Come l’umanità è stata ingannata!
È proprio vero che l’umanità è stata ingannata, perché è proprio così che Dio fa: o tu entri nei piani divini, o tu con la fede guardi le cose con gli occhi di Dio o se no, davvero, è esasperante la povertà del cristianesimo. Che cosa ha fatto? Che cosa fa? Che cos’è? Ma se tu hai fede, c’è da trasecolare dalla meraviglia dalla mattina alla sera: c’è da perdere la testa! Dio si è fatto un uomo! Dio, che è l’immenso, si è fatto un Bambino perché tu lo portassi sulle braccia! Dio, che è l’infinito, si è fatto tuo figlio! Tu puoi toccarlo!
Ma ci vuole la fede! Che fede ci vuole! Perché non solo noi siamo quelli di prima, ma anche Lui, che è venuto a salvarci, ha freddo! Anche Lui, che è venuto a salvarci, ha bisogno del latte di una Madre, come diceva, nel testo latino, l’inno alle Lodi: “Colui che dà il cibo agli uccelli, ecco, ha bisogno di un po’ di latte di una mamma…”!
Poter credere tutto questo è davvero perdere la testa: non possiamo altro che essere dei pazzi se siamo cristiani. Per non apparire pazzi, allora di queste cose non ne parliamo più.
È difficile credere! È estremamente difficile credere!
Dio si è fatto un uomo. Se noi riusciamo a contemplare questo Mistero, davvero possiamo contemplare la gloria di Dio, una gloria però che non somiglia nemmeno da lontano alla gloria degli uomini: la povertà e la debolezza sono la misura di questo amore infinito. Egli non si fa nemmeno come te, si fa più debole di te, perché tu lo prenda sulle braccia e lo difenda e lo nutra col tuo amore.
Viviamo nel Paradiso
È questo il Natale. E noi Io dobbiamo vivere oggi e sempre, vivendo la gioia del Paradiso proprio con i nostri malanni, con le piccole incomprensioni di ogni giorno, con questa vita che sembra così stupida e vuota. Dobbiamo vivere il Paradiso proprio in questa povertà, perché Dio si è fatto povero, perché Dio s’è fatto veramente uno di noi, senza cambiare la nostra condizione, ma assumendo Egli stesso questa nostra condizione di miseria, di povertà, di debolezza.
Che fede ci vuole! Sappiamo bene che è difficile saperlo riconoscere: chi lo ha conosciuto quando Egli è nato? La Vergine Maria, ma Ella è la Purissima; e poi, quattro o cinque pastori e nessun’altro. Ed è poi vissuto nel nascondimento per 30 anni. Ed era Dio! Ci vuole fede, sapete! Un Dio fatto uomo, vissuto trent’anni in un villaggio di poveri, in un villaggio sordido, sudicio, come ancora ce ne sono nel Medio Oriente, in cui entrare fa soltanto schifo. Ebbene: Egli è vissuto trent’anni lì e nessuno si è accorto di nulla. Di nulla! Nessuno! E noi dobbiamo dire: quell’uomo era Dio! Che fede ci vuole! Ma se Dio ci dona la fede, davvero allora possiamo dire di contemplare la gloria di Dio.