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Questa mattina ci siamo congedati dal nostro confratello Emilio Prevedello, deceduto giovedì sera, all’età di 76 anni. Era stato ricoverato d’urgenza in mattinata, per complicazioni gravi dovute ad una caduta avvenuta giorni prima, con frattura di alcune costole. Questo si è rivelato fatale per la già precaria condizione di salute.  La sua rapida dipartita ci ha sorpresi tutti.

Il funerale si svolgerà lunedì mattina al suo paese natale, San Giorgio delle Pertiche (PD), per volere dei famigliari.

Emilio ci lascia una bella testimonianza di fratello missionario identificato con la sua vocazione comboniana. Ha lavorato in Uganda, Messico e Kenya durante una quarantina di anni, e dal 2009 in Italia. Ha dato un prezioso contributo alla formazione dei candidati fratelli. È stato superiore (per la prima volta nella storia dell’istituto) della comunità del CIF (Centro Internazionale per Fratelli) di Nairobi ed ha collaborato con P. Francesco Pierli nell’apertura dell’ Institute of Social Ministry al Tangaza University College di Nairobi.

Ecco il testo dell’omelia di P. Renzo Piazza, superiore della nostra comunità di Castel d’Azzano, durante l’Eucaristia, presieduta da P. Giovanni Munari, superiore provinciale. 


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Fratel Emilio nella comunità di Firenze (seduto al centro)

Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola

Ieri abbiamo iniziato il rosario per fr. Emilio con il vangelo di Luca e un brano di Comboni:

Gesù pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc  22, 40-42).

Quando si sa con piena certezza di fare la volontà di Dio, ogni sacrifizio, e tutte le croci, e la morte stessa sono il più soave conforto ai nostri animi, il più dolce compenso ai nostri patimenti (S 3683).

Pensando agli ultimi mesi di Fr. Emilio, mi sono chiesto se li ha vissuti più da discepolo di Gesù o di Comboni… E’ prevalsa in lui la preghiera angosciata di Gesù di essere liberato dal calice amaro o lo slancio audace di Comboni? E’ stato un missionario inossidabile e blindato “alla comboniana”, o uomo debole, di vita breve, marcato dalla paura, dalla debolezza e alle volte dalla tristezza?

Il salmo 68, pregato ieri, diceva: Salvami, o Dio: l’acqua mi giunge alla gola… Sono sfinito dal gridare, i miei occhi si consumano nell’attesa del mio Dio… salvami dal fango, che io non affondi… non mi sommergano i flutti delle acque…

Sono le parole di un uomo nella sofferenza, ma sono anche la preghiera di Gesù e della chiesa. Probabilmente parole ripetute spesso da Fr. Emilio, che si rispecchiava nelle parole della Scrittura.

Qualcuno mi confidava: Ho conosciuto fr. Emilio a Nairobi: gioioso, allegro, accogliente. Un altro riprendeva: Ho conosciuto fr. Emilio a Castel d’Azzano: intristito, tribolato, mortificato dalla malattia.  Ma era anche l’amico che inviava messaggini e brevi filmati fatti di delicatezza, finezza di spirito, dolcezza.

Qual era il vero Fr. Emilio?

La maniera con cui una persona gestisce la malattia, la solitudine, la sofferenza non è materia da giudicare dall’alto, ma è una terra santa in cui possiamo entrare solo dopo esserci tolti i sandali, con rispetto, con venerazione.

Non sappiamo quale sarà l’effetto in noi della diminuzione, della debolezza, della malattia, del perdere importanza, capacità di servire. Sappiamo che fr. Emilio ha molto sofferto in questa situazione. E’ stata forse la notte del suo spirito…

Ma è bene sapere che ogni situazione della nostra vita è conosciuta da Dio, è amata da Lui, in ogni situazione lui si fa presente per asciugare le nostre lacrime, lenire la nostra sofferenza.

Emilio non voleva disturbare. Non accettava di essere ammalato, perché questo avrebbe portato un aggravio a chi gli stava vicino.

Oggi la Parola ci dice che Dio stesso si impegna a non lasciarci soli e a venire in nostro aiuto.

Dalla prima lettura, il libro dell’Apocalisse: a chi Dio asciuga le lacrime?  A chi offre gratuitamente acqua viva?
A Fr. Emilio piegato dalla malattia e dalla sofferenza, alle persone care, attristate per la sua perdita, alle persone amiche che forse pensano di non essere riuscite a offrirgli sufficiente conforto e consolazione.

Dal Vangelo: Chi sono gli stanchi e gli oppressi, invitati ad andare verso Gesù?
Le stesse persone.
Siamo invitati oggi a prendere il giogo del Signore che è il suo amore di Padre, la misericordia e l’amicizia del Figlio, la consolazione dello Spirito Santo.

Fratello Emilio, oggi non sei più tu che porti pesi, ma Gesù stesso, che ti dice “Vieni a me, tu che siete affaticato e stanco. Io ti darò riposo”.

In questa celebrazione, siamo noi che ti portiamo da Gesù e gli chiediamo di dare a te il meritato riposo. Riposo perché hai lavorato gratuitamente per lui e per il suo Regno. Riposo perché la malattia ti ha rubato le forze. Riposo perché i tuoi occhi si sono stancati nell’attesa del tuo Dio.

Ti diciamo grazie per gli anni belli spesi nella missione in Uganda, Messico e Kenya, quando la gioia, l’allegria, l’accoglienza marcavano i tuoi giorni.

Grazie per il servizio reso in Italia, in particolare nella comunità di Firenze, finché ne hai avuto le forze.

Grazie perché sei stato uomo fedele alla tua vocazione, e hai messo i tuoi talenti, la tua intelligenza e il tuo senso pratico a servizio della missione, sempre.

Grazie perché hai servito la missione come fratello e hai intuito l’importanza di una missione ministeriale, fatta di doni e carismi diversi.

“La congregazione sia una gran comunità di fratelli, nella differenza di lavori, di ministeri, essenziali per lo sviluppo della fede e della popolazione”. “Se muore il fratello, muore la congregazione comboniana”… dicevi al P. Generale in visita alla nostra comunità.

E vorrei dire grazie anche a coloro che hanno preso cura di te nei momenti difficili della malattia, ai familiari che ti sono stati vicini e a qualche caro amico che è stato per te l’angelo della consolazione.

C’è un tempo per ogni cosa. E’ giunto per te il tempo del riposo e per chi ti ha voluto bene, il tempo della consolazione. Non è facile portare assieme il peso della vita, soprattutto quando la strada è lunga, non vi è nessuna prospettiva di luce, ma tutto tenebre (Comboni).

E’ bene per tutti orientare lo sguardo e il cammino verso il Signore Gesù, per cercare in lui e nella mitezza del suo cuore il luogo del risposo e del ristoro.
Rimanendo con lui continueremo ad imparare a donarci e a trovare la consolazione di cui abbiamo bisogno noi e i fratelli con cui condividiamo il cammino.