“La carità, dal cuore di Dio attraverso il cuore di Gesù Cristo, si effonde mediante il suo Spirito sul mondo, come amore che tutto rinnova” (Benedetto XVI). 

Il Credo che professiamo è la storia di quest’Amore, che si realizza nell’incontro di tre cuori: dal cuore di Dio attraverso il Cuore di Gesù al cuore dell’uomo mediante la fede (1Gv 4)

1. Nati dal cuore di Dio

Alla luce della Rivelazione biblica, noi sappiamo che la sorgente ultima della persona umana è Dio stesso.
“Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza. 
Maschio e femmina li creò… li benedisse e li chiamò uomini” 
(Gn 1, 26-27; 5, 1-2).

Dio creò l’uomo, la coppia della specie umana.
Essere creati da Dio significa che siamo nati da Dio-Amore, perché Dio è un mistero d’amore, di comunione interiore, di unità e di trinità.

Ogni essere umano può esistere soltanto perché, in origine, è stato amato da Dio. Fin dall’eternità Dio mi ha desiderato e così in virtù di questo desiderio un giorno sono arrivato alla mia esistenza. Siamo stati amati e scelti prima ancora che creati. In una certa favola si dice che il gallo pensa che a causa del suo canto sorge il sole. E immagina che un giorno, se si dimenticasse e non cantasse, il sole non sorgerebbe. 

In realtà c’è gente che pensa che con le sue buone opere e la sua condotta irreprensibile, se non costringe l’amore di Dio a scorgerlo e a prendersi cura di lui almeno lo mantiene. Ma sappiamo che è il primo barlume del sole mattutino ciò che fa cantare il gallo stimolando le sue pupille, allo stesso modo il barlume dell’amore di Dio è ciò che fa sì che l’uomo viva e cresca, fino a divenire in lui Fiamma Viva. 

È Dio che eternamente mi dice “tu”: “Io ti ho chiamato per nome. Tu mi appartieni. Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e di amore” (Is 43,1.4).

Ogni essere umano è per l’eternità un essere unico, cioè, l’autentico “Io” di ogni persona è per sempre radicato nell’amore creatore di Dio. Troviamo qui la ragione ultima per cui l’anima è immortale. Dio eternamente “mi” crea, a ogni istante “mi” fa sorgere dal nulla nel tempo, come risultato del suo amore personale. Allora “io” esisto, “io” posso volgermi verso gli altri, guardarli come “qualcuno”, dire “tu” e rendermi sempre più cosciente del mio proprio “io”. 

Questa capacità di amare, di dire “tu”, fa nascere in ogni essere umano anzitutto il desiderio e la necessità di accettazione e di amore; fa di ogni persona “un essere fatto per essere amato e per amare”. 

2. Credere nell’Amore da cui siamo nati

L’uomo non è, come lo è Dio, Amore. Tuttavia, Dio pone la propria immagine, oltre che nella razionalità, nel movimento d’amore che spinge le persone alla comunione interpersonale, che le fa uscire da se stesse per essere accolte e per accogliere, per essere amate e per amare. “Dire che l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio, vuol dire anche che l’uomo è chiamato ad esistere per gli altri e diventare un dono”. La coppia umana esprime in modo privilegiato questo movimento d’amore iscritto in ogni cuore umano, che si concretizza in varie forme. 

Per questo, l’uomo sente ardere dentro di sé la scintilla dell’amore, si sente coinvolto in espressioni e in fatti d’amore. Sente di avere un cuore capace di amare, un cuore fatto a immagine e somiglianza del cuore di Dio, che è tutto cuore, che è Amore. 

Per tanto, prima di tutto e soprattutto, noi abbiamo bisogno di essere amati per poter “esistere” e per poter amare, per poter imparare ad amare.

In effetti, nessun essere umano ha in se stesso la propria origine. Noi prima dobbiamo ricevere tutto, essere conosciuti e ri-conosciuti come qualcosa di unico che ha una sua rilevanza agli occhi di qualcuno altro, a cominciare dai nostri genitori o da quelli che ne fanno le veci. 

Questa esigenza insita nella nostra natura, questa necessità assoluta e primaria di essere amati, è un dato costante che interessa tutto il corso dell’esistenza, sempre e dappertutto, in tutte le epoche e in tutte le civiltà. La presa di coscienza e le manifestazioni di questo amore potranno variare, ovviamente, ma il principio che lo governa è ineludibile. Noi costatiamo, d’altra parte, nelle nostre civiltà occidentali cosiddette “avanzate”, che sta proprio qui, per esempio, uno dei problemi più dolorosi delle persone anziane: la sensazione di essere ormai “inutili”, ma specialmente e soprattutto di non contare più nulla per nessuno, specialmente sul piano dell’amore. 

Dio è il pieno compimento di questa aspirazione. Il suo amore è incondizionato, gratuito, giacché non dipende da nessuna azione nostra o di altri. Ciò comporta che l’amore di Dio non ha limiti, ma è eterno. Il suo amore non dipende da circostanze, ma è più stabile di una solida roccia. La sua accettazione arriva fino agli estremi confini, fin nel più profondo del nostro essere. Egli non ci ama a causa delle nostre azioni o delle nostre qualità, ma ci guarda e ci accetta come siamo

Il suo amore non è basato in niente, ma esso stesso è la base, l’iniziativa e l’ultima origine. Non si presuppone niente, ma è l’ultimo fondamento di ciò che siamo, possiamo ed abbiamo. Lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo può giungere al punto di togliere all’altro la vita, ma niente e nessuno può separare qualcuno dall’amore di Dio (cf. Rom 8, 28-39). 

Inoltre, l’amore di Dio è creativo. Egli non ci ama perché esistiamo, ma esistiamo perché ci ama. Il suo amore esiste prima e promana da lui. La mia identità, il più profondo del mio essere, il mio nome vero è “amato da Dio”. Se potessi penetrare nelle viscere della terra e aprirmi un tunnel, vincendo l’infinita resistenza dei successivi strati, uscirei evidentemente in qualche parte, perché, dopo tutto, abbiamo la certezza che la terra in cui viviamo è limitata. Se io mi metto ad approfondire l’amore di Dio, mai arriverò alla fine. Lì non ci sono limiti, non c’è un altro strato più in giù.

In questo consiste la solidità della giustificazione e fondamento della mia esistenza. 
La certezza di essere amato da Dio è l’ultima risposta al desiderio e alle domande sul nostro esistere, il fondamento della nostra identità personale

Nella sua 1ª Lettera (1Gv 4, 16), Giovanni scrive: “Abbiamo creduto all’amore”. La maggior parte dei cristiani sono fedeli in far loro queste parole per costruire la civiltà dell’Amore. Per alcuni di essi questo significa credere che l’amore può cambiare il mondo, che l’amore è ciò che vale, in fine che l’amore è il massimo valore. 

Questo modo di concepire l’amore si riduce a pura ideologia, cioè, in fede che l’amore è una forza capace di cambiare il mondo, e cancella la sottolineatura personale che si trova nell’affermazione originale. San Giovanni, infatti, non dice semplicemente crediamo all’amore, ma crediamo all’amore che Dio ha per noi. Ciò non è una teoria o un’ideologia, ma la realtà più personale che riguarda ogni essere umano. L’amore personale che Dio ha per noi, forma il contenuto della nostra fede e l’Apostolo parla dodici volte dell’amore che Dio ha per noi come siamo, e tutta la Sacra Scrittura e tutta la Teologia sono precisamente un’elaborazione, un commento di questo stesso amore che Dio ha per noi. 

La fede, cioè, il fidarci e l’affidarci a Dio, è la verifica del fatto che siamo stati amati da Dio in un modo creativo, sicuro, intimo, unico e personale. Dio mi ama come sono. Mi chiama per nome. S’interessa di me e mi capisce. Legge i miei sentimenti, desideri e pensieri. Conosce le mie gioie e le mie frustrazioni, le mie debolezze e le mie forze. 

Egli partecipa delle mie speranze e dei miei ricordi. 
Mi conosce dai piedi alla testa, da quando le mie ossa hanno preso forma. Vede il mio sembiante nelle mie risa e nelle mie lacrime, nella mia salute e nella mia infermità. Ascolta la mia voce, i palpiti del mio cuore e il mio respiro. Io non lo amo più di quanto Egli mi ama. (cf. Sl 139). Sant’Agostino arrivò a dire che Dio è più appassionato di me di quanto lo sia io di me stesso. Fede nell’amore che Dio ha per noi, è la realizzazione di questa intimità, è vivere il fatto che Dio mi ama. Gli stessi due grandi comandamenti del Nuovo Testamento,  amore a Dio e al prossimo: cf. Mt 23, 37,39 , emanano da questo principio e manifestano la verità dell’amore di Dio per noi, come siamo. 

“Certamente è molto importante che ami Dio e che ti impegni nel processo di evangelizzazione e di liberazione integrale del tuo popolo e dei popoli di tutto il mondo, ma è più importante ancora che Dio ami te. Questa esperienza sarà la radice della tua evangelizzazione e liberazione personale, che farà di te un protagonista nel processo di evangelizzazione e liberazione dell’umanità”. 

Nel passato prevaleva il legalismo e la Buona Notizia dell’amore che Dio ha per noi, non riceveva sufficiente attenzione.  Oggi si sottolinea il significato della responsabilità personale, della condivisione e della solidarietà nella costruzione di una nuova società, si focalizza la vita come impegno per portare avanti il processo di liberazione dei popoli. Tutti questi sono aspetti reali, in cui ogni uomo di buona volontà e, a maggior ragione, ogni cristiano devono lasciarsi coinvolgere. 

Ma tutto ciò non soddisferà la sete dell’essenza del messaggio di Gesù agli uomini. Il midollo del processo di liberazione personale e collettivo sta nella proclamazione e nell’esperienza di una religiosità reale come accettazione di sé nella fede in Dio.

Infatti, se Dio pensa che valgo la pena, allora non devo provare il mio valore né difendere me stesso davanti a nessuno. L’autoaccettazione, come un atto di fede, rende liberi dalla ricerca dell’approvazione da parte degli altri, da confronti negativi, dall’assuefazione ad ogni genere di compensazione. La religiosità vera, la fede, dà l’interiore libertà (Gal 5): quanto più la persona prende coscienza che realmente è accettata da Dio più si convertirà in persona libera. Capace, per tanto, di cogliere con serenità e fermezza qual è il suo ruolo nella costruzione della storia. 

Il migliore esempio dei buoni effetti e del valore che ha la fede e l’esperienza dell’amore di Dio, è lo stesso Gesù. A partire dall’esperienza dell’ “Abbà-Padre”, si stabilisce in un piano di delicato rispetto verso gli altri, che mai cercò di manipolare per soddisfare se stesso a spese di essi, ma con una infinita e tenera comprensione diede a ciascuno di essi la sensazione che era completamente e incondizionatamente accettato, come era in realtà. Con un sensibile e sincero amore, egli prese in considerazione ogni persona. Ci possiamo domandare quale sia stato il segreto di questa abilità. Egli ci dà la chiave per entrare in questo suo segreto in ogni pagina del Vangelo. 

Lasciamolo, infatti, che si esprima soltanto durante cinque minuti e lo sentiremo parlare del Padre suo. Per Lui suo Padre significava tutto. L’amore del Padre suo è stata l’aria che respirò e l’alimento con cui visse (Gv 4, 34). Dato che visse così sicuro e permanentemente nell’accettazione del Padre suo, mai ebbe un interesse proprio, ma sempre cercò le persone per mezzo del cammino dell’amore. 

È importante scoprire il nesso tra le relazioni di Gesù con il Padre suo e le sue relazioni con le persone. L’amore che Egli sperimentò costantemente da parte di suo Padre fu l’origine del suo stesso amore per gli uomini. Perché le sue radici sono fermamente affondate nel Padre suo, le sue braccia si aprono totalmente a tutti gli uomini, fino alla crocifissione. 

3. Lontani dal cuore di Dio

Adamo,  l’uomo di ieri, di oggi e di sempre , dubitò ed abusò dell’amore di Dio, da cui era nato. Il suo rapporto filiale si è gravemente incrinato a motivo dell’insinuazione demoniaca di non fidarsi di Lui: “È vero che Dio ha detto…? Non morirete affatto! Anzi Dio sa…” (Gn 3, 1-3). L’uomo aprì le orecchie al tentatore e si lasciò inoculare nel cuore il sospetto dell’inaffidabilità di Dio e la conseguente diffidenza nei suoi confronti. Non soddisfatto di essere somigliante a Dio, accettò la proposta di “diventare uguale a Dio, di diventare Dio”. Non contento di essere amato e di poter amare Dio, volle diventare lui stesso l’“amore fontale”, eliminando il primo Amore! (Gn 3, 1-13; 4, 10). 

È accaduto così che l’uomo, chiudendosi all’Amore, è caduto sotto l’influsso di Satana e si lasciò soffiare nel cuore l’alito della morte. Allora morì all’Amore, infangò lo specchio del suo cuore e perse il riflesso dell’immagine di Dio. 

Da qui nasce l’inaffidabilità di Dio agli occhi dell’uomo e della donna e la conseguente diffidenza nei suoi confronti. Così il cuore umano è divenuto un cuore ammalato, un cuore ormai lontano dal cuore di Dio, un cuore in contraddizione con se stesso, con l’altro, col cosmo e con Dio stesso. 

Dio dichiara all’uomo la sua situazione di morte al suo amore con un gesto di punizione mediante la cacciata di Adamo ed Eva dal giardino di Eden; ma questo gesto è seguito immediatamente da un altro di protezione, che esprime attenzione paterno-materna: “Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì”, assicurando loro un tempo di permanenza sulla terra per consentire non solo di non ripetere l’errore, ma di ripararlo per mezzo della guarigione del cuore. 

L’uomo, per tanto, è sempre di Dio, anche quando nel suo cuore l’amore verso Dio è distrutto ed egli tende a fuggire lontano, a nascondersi, a isolarsi da Dio; nonostante l’influsso del Maligno che lo rende come lui bugiardo e omicida, l’uomo permane sempre la fondamentale immagine del suo autore. 

Così il cuore dell’uomo, nello stesso tempo, è:

  • – buono e perverso: Lc 6, 45;
  • – contrito e duro: Ger 7, 24; Sl 51, 18-19; Ez 2, 4; 3, 7; At 7, 51;
  • – circonciso e incirconciso: Ger 9, 24-25; Dt 10, 12.16 e 3, 6; Rom 2, 29;
  • – docile e ribelle: Sl 78, 8; Ger 5, 21.23;
  • – vicino e lontano: Ger 17, 5.9; Is 29, 13; cf. Mc 7, 6; 
  • – indiviso e idolatrico: Ez 20, 16; 
  • – di carne e di pietra: Ger 31, 33; Ez 36, 26; 
  • -illuminato e cieco: Rom 1, 18-24; Ef 4, 17-18; 2Cor 3, 13-15; Mt, 13-15; Gv 12, 39-40; Mc 6, 52;
  • – sapiente e stolto: Sir 21, 12.26; 51, 13-15; Mt 25,2. 

4. La promessa di Dio: “Vi darò un cuore nuovo!”

Dio che ha creato il cuore dell’uomo: Sl 33, 5, 

  • – lo tiene in mano: Prov 21, 1-2, 
  • – lo vede: 1Sam 16, 7; 1Re 8, 39; 1Cr 28, 9, 
  • – lo conosce: At 1, 24; 15, 8; cf. Sir 42, 18;
  • – lo scruta: Ger 11, 20; Eb 4,12-13; Ap 2, 23. 

Di fronte allo scombussolamento del cuore umano, il cuore di Dio, che è più grande del cuore dell’uomo, si affligge (Gn 6, 6), si commuove (Os 11, 8-9) fino a gemere:
Il mio cuore geme come i flauti, il mio cuore geme come i flauti per gli uomini” 
(Ger 48, 36). 

Ma Dio, che ha un cuore saggio (Gb 9, 2-4), che non si dà tregua finché non abbia compiuto ed attuato i suoi progetti (Ger 30, 24), ha anche la chiave per aprire il cuore dell’uomo (At 16, 14; Lc 24, 25.31.45.) ; per questo, mette alla prova il suo cuore (Prov 17, 3; Ger 12, 3), gli parla al cuore (Os 2, 16; cf. Is 40, 2), lo invita alla conversione del cuore (Gl 2, 12-13) e infine gli promette di guarirlo per mezzo del trapianto di un cuore nuovo: 

“Io vi purificherò 
da tutte le vostre sozzure
e da tutti i vostri idoli: 
Vi darò un cuore nuovo, 
metterò dentro di voi uno spirito nuovo. 
Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. 
Porrò il mio Spirito dentro di voi” (Ez 36, 25-27). 

5. Il grido del cuore umano: “Dacci, Signore, un cuore nuovo!”

Il gemito di Dio e la sua azione guaritrice raggiungono il cuore malato dell’uomo, provocando una confessione ed un anelito verso di Lui: 

“Putride e fetide sono le mie piaghe,
sono torturati i miei fianchi, in me non c’è nulla di sano.
Afflitto e sfinito all’estremo
ruggisco per il fremito del mio cuore.
Palpita il mio cuore. Non abbandonarmi, Signore , mio Dio,
da me non stare lontano: accorri in mio aiuto,
Signore, mia salvezza” (Sl 37/38, 4-23)

Ci sono gemiti segreti del cuore che nessuno ode. Ma quando la sofferenza diventa insopportabile e il desiderio di vita si fa travolgente   quando l’uomo non vuole assolutamente morire e intravede una piccola speranza di salvezza   allora il suo cuore palpita, freme, urla e ruggisce. 

È il desiderio di Dio che si risveglia nell’uomo: si alzano gli occhi del cuore per vedere il Creatore, si estendono le braccia del cuore per ritrovare il Creatore, si allungano e si stirano le radici del cuore cercando di riafferrare e di affondarsi di nuovo nel cuore del Creatore. Il simile è attratto dal suo simile, l’immagine è attratta dall’originale, la creatura è attratta dal Creatore. Fin quando questo desiderio non si compia, il cuore ruggisce. 

“Crea in me, o Dio, un cuore puro, 
rinnova in me uno spirito saldo,
non respingermi dalla tua presenza, 
non privarmi del tuo santo spirito. 
Rendimi la gioia di essere salvato.
Un cuore affranto e umiliato,
Dio, tu non lo disprezzi”
(Sl 50/51, 12-14.19).

Ecco il grido del cuore che si dibatte tra dubbio e speranza, tra incertezza e sicurezza e che diviene sempre più intenso fino a invocare Dio che si faccia presente con il suo potere salvifico.

Signore, dove sono il tuo zelo e la tua potenza, 
il fremito della tua tenerezza e la tua misericordia?
Non fingere di essere insensibile, perché tu sei nostro padre
e da sempre ti chiami nostro salvatore. 
Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie
e lasci indurire il tuo cuore?
Ritorna, per amore dei tuoi servi.
Se tu squarciassi i cieli e scendessi!
(Is 63, 15-17.20).

6. I cieli si aprono: 

6. 1. L’Amore si fa uomo.

La realizzazione della promessa e la risposta all’invocazione, cioè l’incontro tra Dio e l’uomo, avvengono in un Cuore, quando l’Amore si fa uomo e il suo nome è Gesù di Nazaret. 

Se Dio è Amore e se l’uomo è fatto ad immagine di questo Amore, fra i due è tutta una questione di amore, una questione di cuore! Per questo, l’incontro avverrà proprio in un cuore nuovo e perfetto. Un cuore nel quale Dio si farà uomo e il cuore di Dio sarà come il cuore dell’uomo. 

Sarà, per tanto, un incontro di cuori, in cui i due cuori saranno così vicini al punto da formare un solo cuore, “due in una sola carne”. 

Così Dio diventa “vicino” dell’uomo e questi può udirlo, vederlo, contemplarlo toccarlo, abbracciarlo, e percepire il battito del suo cuore….

Nel cuore di Dio fatto uomo, Dio viene ad abitare con lui, a mangiare con lui, a soffrire per lui e con lui, in supremo atto di amore! (cf. 1Gv 1, 1-5). 

“Per le viscere di misericordia del nostro Dio
verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge (Lc 1, 78). 
“Per tanto il Signore stesso vi darà un segno:
la vergine concepirà e partorirà un figlio
che si chiamerà Emmanuele
che significa: Dio è con noi”.
“Giuseppe prese con sé la sua sposa
la quale  senza che egli la conoscesse  
partorì un figlio che egli chiamò Gesù che significa:
Dio viene a salvare”
(Is 8, 8.10; cf. Mt 1, 20-24).

“Consolate, consolate il mio popolo, parlate al suo cuore,
gridategli che è finita la sua schiavitù” (Is 40, 1-11):

La Buona Notizia, in risposta al grido dell’umanità in cerca di salvezza, è Gesù. È la notizia più strabiliante di quanto un uomo avesse mai potuto immaginare. Dio viene a salvare l’uomo, viene dall’alto con la potenza e il calore di un sole che sorge d’improvviso e tutto fa rivivere. Dio viene in un Figlio, nato da una donna, per opera dello Spirito Santo. In Lui “abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2, 9) e così Dio può finalmente mostrare all’uomo il suo Cuore attraverso una profonda ferita, rivelazione suprema dell’Amore fatto uomo. 

Così “il” Figlio finalmente ribalta la condizione umana che fin dalle origini è segnata dal “sospetto” nei confronti di Dio.

Gesù, attraverso la ferita del suo Costato aperto mentre pende dall’alto di una Croce, divenendo così la freccia che indica l’insondabile mistero di Dio, ci rivela definitivamente l’Abbà, il Padre, ci restituisce alla confidenzialità divina, infrange il sospetto e la diffidenza, mostrando che Dio è affidabile, se crediamo in Lui, cioè, se ci fidiamo e ci affidiamo a Lui, come fece Egli stesso, “il” Figlio, che perciò è definito “autore e perfezionatore della fede” (Eb 12, 2). 

Così mentre Dio sulla Croce apre il suo cuore, rivelandoci il suo più profondo segreto che lo fa solidale con l’uomo morto all’Amore e vittima di se stesso in un mare di sofferenza, l’uomo è messo nella possibilità di rinascere ad una vita nuova, immedesimandosi nel rapporto filiale di Gesù con il Padre, lasciandosi compenetrare dai “sentimenti” di Gesù che trasferisce in lui il suo spirito filiale. 

6. 2. L identik dell’Amore fatto uomo 

“In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio
e tutto è stato fatto per mezzo di lui. 
E il Verbo si fece carne  divenne uomo  
e venne ad abitare in mezzo a noi:
e noi vedemmo la sua gloria, 
gloria come di unigenito dal Padre”
(Gv 1,1-2.14).

“Questi è il mio Figlio prediletto: ascoltatelo!”
(Mc 9, 7). 

L’immensità dell’amore di Dio appare con tutta chiarezza quando la sua Parola “si fa carne”, diventa uomo. Non sono più bei discorsi, promesse cariche di speranza, ma un corpo “preparato per la Parola e dato alla Parola, perché essa possa fare tutta la volontà di Dio. La Parola farà la volontà di Dio proprio con l’offerta di questo corpo, una volta per sempre” (cf. Eb 10, 5-10) 

Ecco il capolavoro e la gloria della sapienza amorosa del nostro Dio: un vero Dio che è vero uomo, un vero uomo che è vero Dio, “generato, non creato”, uscito dalle viscere della misericordia del nostro Dio” (Lc 1, 78), dall’interiorità e dall’intimità di Dio, dal suo “cuore”. 

Unigenito Figlio del Padre: quindi della stessa natura del Padre. Dio da Dio, luce da luce, amore da amore. Figlio prediletto: figlio del cuore. Cuore del cuore di Dio. 

La Parola che diventa uomo:

  • è di natura divina, uguale a Dio Fil 2, 6
  • è immagine del Dio invisibile Col 1, 5
  • è impronta della sostanza di Dio e
  • irradiazione della gloria di Dio, Eb 1, 3
  • in lui abita corporalmente
  • tutta la gloria della divinità Col 2, 9
  • è pieno di grazia e verità Gv 1, 14
  • è lo Spirito di Dio! 2Cor 3, 17
  • è “una cosa sola” con il Padre! Gv 10, 30

Ecco il cuore nuovo che ci è stato promesso, cuore “secondo il cuore di Dio”, pieno dello Spirito Santo, immagine sostanziale e perfetta di Dio e specchio senza macchia, pieno dell’amore di Dio. Ecco il cuore di carne, l’unico cuore di carne perfetto, prediletto da Dio! Amato e amante in Dio, nell’eterno Spirito di amore, solidale fino all’estremo con le speranze e i gemiti dell’umanità. 

7. Il trapianto del cuore nuovo

Gesù è il “cuore nuovo” che Dio Padre ha promesso di trapiantare nell’uomo dal cuore malato.
Per capire il processo di questo trapianto, fissiamo lo sguardo sul cuore malato del vecchio Adamo e sul cuore nuovo del secondo Adamo, che è il Signore Gesù. 
Cominciamo contemplando le diverse tappe del mistero di Cristo nell’inno della lettera ai Filippesi: 2, 5-11: 

  • la preesistenza divina; 
  • l’abbassamento dell’incarnazione; 
  • l’abbassamento ulteriore della morte; 
  • la glorificazione celeste; 
  • l’adorazione dell’universo; 
  • il titolo nuovo di Cristo. 

Si tratta del Cristo storico, Dio e uomo, nell’unità della sua personalità concreta. 
Davanti all’uomo che, non essendo Dio, vuole raggiungere la divinità con le sue proprie forze, suggestionato dall’anti-parola di Satana: “diventerete come Dio (Gn 3, 5), sorge l’altro uomo che si spoglia delle sue prerogative divine e stabilisce una nuova relazione con Dio nell’obbedienza filiale, facendosi in tutto simile ai fratelli (Eb 2, 17) e spogliandosi, inoltre, di ogni prerogativa umana, facendosi servo, umiliandosi, consegnando la sua stessa vita sulla croce in favore dei suoi amici (cf. Gv 15, 13). 
E, in fine, stabilisce la giusta relazione con l’universo intero: cieli, terra, inferi lo proclamano Signore. 
La morte viene vinta e con essa ogni male. L’uomo ritorna ad essere figlio di Dio, ritorna all’Amore da cui era nato. 

L’inno si conclude con il riferimento al Padre, che sembrava che si fosse nascosto lungo la parabola che portò il Figlio-Gesù non solo a spogliarsi delle prerogative divine, ma anche di ogni prerogativa umana. Ancora di più, è piaciuto al Signore prostrarlo con dolori, perché offrisse se stesso in espiazione e, una volta chiamato alla vita, ricevesse in eredità le moltitudini (Cf. Is 53, 10-12). 

Il nostro sguardo contemplativo può abbracciare adesso simultaneamente il vecchio ed il nuovo Adamo, il cuore malato ed il cuore nuovo: 

  • ✔ Nel vecchio Adamo c’è un uomo che perde la gloria di Dio (Rom 3, 23); 
  • nel nuovo Adamo c’è uno che è irradiazione della gloria del Padre (Eb 1, 3). 
  • ✔ Nel vecchio Adamo c’è uno che ha infangato la somiglianza con Dio e vive nella tristezza degli esiliati (Gn 3, 23-24; 2Cor 5, 6);
  • nel nuovo Adamo c’è uno che è immagine del Dio invisibile (Col 1, 5). 
  • ✔ Nel vecchio Adamo c’è uno pieno di sé stesso, che uguaglia la sua mente a quella di Dio (Ez 28, 2); 
  • nel nuovo Adamo c’è uno che vuota sé stesso fino ad annientarsi (Fil 2, 7).
  • ✔ Nel vecchio Adamo c’è uno irresistibilmente spinto a dominare il suo prossimo (Gn 3, 16b); 
  • nel nuovo Adamo c’è uno che si fa servo degli uomini (Fil 2, 7). 
  • ✔ Nel vecchio Adamo c’è uno che si crede superiore agli altri (Ez 28, 3-5);
  • nel nuovo Adamo c’è uno che si fa simile agli uomini (Fil 2, 8). 
  • ✔ Nel vecchio Adamo c’è uno dominato dalla superbia e sedotto da fatue illusioni dell’orgoglio:”Diventerete come Dio” (Gn 5, 5; Ez 28, 2-5.17); 
  • nel nuovo Adamo c’è uno che si umilia (Fil 2,7)  percosso da Dio e umiliato: maltrattato si lasciò umiliare (Is 53,4.7)
  • ✔ Nel vecchio Adamo c’è uno che esperimentò la nudità della disobbedienza (Gn 3, 4-6.7; Gv 5, 43);
  • nel nuovo Adamo c’è uno che conosce la nudità dell’obbedienza (Fil 2, 8), imparata dalle cose che patì (Eb 5, 7-9.8). 
  • ✔ Nel vecchio Adamo c’è uno che non sa perdere la propria vita per l’altro (Gn 2, 23 >Gn 3, 12);
  • nel nuovo Adamo c’è uno che dà la vita per i fratelli, fino alla morte (Fil 2, 8). 
  • ✔ Finalmente, nel vecchio Adamo c’è uno che è schiavo di sé stesso e degli spiriti che governano il mondo (Gv 8, 34-36.44; Gal 4, 3); 
  • nel nuovo Adamo c’è uno che Dio glorifica e proclama Signore (Fil 2, 9-11). 

Nel Battesimo, lo stesso Dio che al principio soffiò nelle narici dell’uomo l’alito di vita che lo fa un essere vivente (cf. Gn 2, 7), adesso interviene con la potenza del suo Spirito per spogliarci del vecchio Adamo e rivestirci del nuovo (Ef 4, 22-24; Rom 6, 3-4; 1Cor 12, 13), per estirparci il cuore malato e trapiantarci il Cuore del Nuovo Adamo. 

Questo Cuore è vera icona del Padre e vera icona dell’uomo: in esso si fondono i pensieri di Dio e i pensieri dell’uomo; si uniscono in esso la volontà di Dio e le volontà dell’uomo, l’operare alla maniera di Dio e alla maniera dell’uomo. 

In questo Cuore viene Dio a visitarci e a salvarci con tutti i gesti e con tutte le presenze corporali dell’amore e della misericordia: con sovranità benefica di Liberatore, con amore e tenerezza di Sposo, di Padre e di Madre, con amore e sollecitudine di Pastore, di Maestro, di Medico…

Questo Cuore, vera Icona del Padre, è il Figlio-Gesù completamente consegnato a te nello Spirito Santo: puoi tendere le mani al Padre e offrire a Lui il Figlio della sua tenerezza, con tutto l’Amore che palpita nel suo Cuore, reso visibile dall’obbedienza, accompagnata dalle lacrime che hanno scavato il suo volto, ma anche in tutta la sua bellezza, la sua gloria e la sua gioia filiale… 

Questo Figlio, mentre lo offri al Padre, ti coinvolge nei palpiti del suo Amore e nelle sue lacrime su un mondo bisognoso di ritornare tra le braccia del Padre e mette nelle tue mani i fratelli della terra, sospingendoti a darti per loro con Lui e come Lui, a Gloria del Padre. 

Elaborato da P. Carmelo Casile, durante l’Anno della Fede