P. Manuel João, comboniano
Riflessione domenicale
dalla bocca della mia balena, la sla
La nostra croce è il pulpito della Parola

Anno B – Solennità della Santissima Trinità
Matteo 28,16-20 “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”

Durante i novanta giorni del periodo quaresimale e pasquale, con al centro la Settimana Santa della Passione-Morte-Risurrezione di Gesù, abbiamo fatto esperienza dell’azione salvifica del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In questa domenica, dopo la Pentecoste, la Chiesa ci invita a contemplare questa azione amorosa delle tre singole persone in Dio nella loro unità e sinergia. “Questa festa è come un’oasi di contemplazione, dopo la pienezza della Pentecoste” (don Angelo Casati).

Nota liturgica

La festa della Santissima Trinità è relativamente recente. È stata introdotta nel calendario liturgico nel XIV secolo (da papa Giovanni XXII, nel 1334) e assegnata alla domenica successiva alla Pentecoste, ritenuta la domenica più adatta, considerando che la Trinità sia stata pienamente rivelata con la discesa dello Spirito Santo. Si tratta di una occasione solenne annuale di meditazione sul mistero centrale della nostra fede.

Va sottolineato che non celebriamo una verità del catechismo, rinchiusa in una formulazione dogmatica, e nemmeno un mistero incomprensibile. Si tratta di una realtà vivente, bella, sorprendente, che è al cuore della buona novella del vangelo e che San Giovanni riassume nell’affermazione: “Dio è amore” (1Giovanni 4,8). Sì, la Trinità è un mistero, ma non nel senso che diamo abitualmente a questa parola: una sorta di rompicapo che “mortifica” l’intelligenza. È un “mistero” nel senso etimologico della parola: un segreto, un arcano rivelato da Gesù Cristo e che ci lascia a bocca aperta per il senso di meraviglia!

Infine, la Trinità non è un mistero che va celebrato una volta all’anno, ma è il cuore e la radice della vita cristiana. La celebriamo nell’Eucaristia, strutturata sulla Trinità. Inoltre, è l’espressione massima della vocazione del cristiano, la sua modalità e stile di vita. Teilhard de Chardin parla di “amouriser le monde”, ‘amorizzare’ il mondo!

Il percorso verso la fede nella Trinità

Tutti i cristiani professano la fede nella Trinità: “Dio è uno solo in tre Persone”. Non troviamo questa definizione di Dio nella Bibbia e le prime generazioni di cristiani non hanno usato questa parola Trinità. Il primo ad impiegarla (“Trinitas”) è stato Tertulliano, un Padre della Chiesa (+240). La sua non è una invenzione, ovviamente, ma il frutto della sua meditazione sulla Sacra Scrittura. Nel Nuovo o Secondo Testamento non mancano le allusioni a questa verità di fede. La conclusione del vangelo di Matteo che oggi ci presenta la liturgia (Matteo 28,16-20) è la formula trinitaria più esplicita che troviamo nella Scrittura. Un’altra la troviamo nella 2Corinzi 13,14: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.”

L’Antico o Primo Testamento è stato un lento e progressivo cammino di esperienza e di conoscenza di Dio che condusse il popolo d’Israele alla professione di fede in un Dio unico. Questa fede la troviamo splendidamente formulata nella prima lettura di oggi: “Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro.” (Deuteronomio 4). Possiamo immaginare quanto potesse essere scandaloso, in questo contesto, che Gesù si proclamasse Figlio di Dio e parlasse della persona dello Spirito Santo. I primi cristiani sono stati davvero audaci al dare inizio alla fede nella Trinità, che sarà chiaramente formulata soltanto nel IV secolo. Solo una convinzione profonda, ricevuta tramite l’insegnamento e la testimonianza di Gesù, può averli resi così arditi.

Dall’esterno verso l’intimità di Dio

All’unicità di Dio (monoteismo) può pervenire anche l’intelligenza umana attraverso la filosofia. A tutti è possibile arrivare a Dio, attraverso la sua epifania nella creazione. Alla trinità di persone nel Dio unico, invece, ci ha guidati la fede in Gesù, perché “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.” (Giovanni 1,18). Non si tratta però di una conoscenza teorica o di tipo dogmatico, che a poco o a niente serve, ma di una introduzione nella intimità di Dio, una immersione nel mistero immenso e sorprendente di Dio. Scrive Dietrich Bonhoeffer: “Non ci interessa un divino che non faccia fiorire l’umano!”.

Oggi viviamo proiettati verso il mondo e l’universo, desiderosi – giustamente – di conoscere i misteri del cosmo e della vita. Ma pochi sono interessati ad approfondire il Mistero per eccellenza! Da sempre l’umanità ha cercato di conoscere il “cosmo” che si porta dentro: “Conosci te stesso!”. E, malgrado i progressi stupefacenti delle scienze, continuiamo ad essere un enigma per noi stessi. Solo l’apertura a Dio e al suo Mistero può rivelare l’uomo a se stesso!

Questo Mistero non sarà forse la chiave di lettura di tutta la realtà? Ha detto Benedetto XVI:
“In tutto ciò che esiste è in un certo senso impresso il “nome” della Santissima Trinità, perché tutto l’essere, fino alle ultime particelle, è essere in relazione, e così traspare il Dio-relazione, traspare ultimamente l’Amore creatore. Tutto proviene dall’amore, tende all’amore, e si muove spinto dall’amore, naturalmente con gradi diversi di consapevolezza e di libertà.” (Angelus 7/6/2009).

La Trinità, esigenza dell’amore

Se, per un verso, il mistero della Trinità è di difficile comprensione, perché urta con la nostra logica, per l’altro potremmo dire che è facile da capire, perché è una esigenza dell’amore stesso. Un Dio in unica persona sarebbe solipsista, come potrebbe essere amore? Un amore a due potrebbe diventare un amore di reciprocità, un amore speculare, in cui i due amanti si specchiano l’uno nell’altro. È ancora un amore imperfetto. C’è bisogno di un terzo che incarna la diversità e costringa l’amore a due ad uscire dalla logica della reciprocità per integrare il diverso.

Dio creò l’umanità “a sua immagine e somiglianza” (Genesi 1,26-27), ma l’icona della Trinità non è la coppia, bensì la famiglia, ossia la coppia feconda che accoglie “l’altro” ed esce dalla logica speculare. Dio è Famiglia. In questo senso, è preoccupante la tendenza attuale crescente ad escludere il figlio, sia per costrizione sociologica, economica o lavorativa, sia per scelta della coppia stessa. La procreazione dice qualcosa di Dio. La natura porta in sé una impronta trinitaria.

La forma perfetta di comunione, quella che è il simbolo di ogni comunione, è il ‘tre’. […] Un cristiano deve avere il numero ‘tre’ come numero sacro “La mia fede è ‘tre’, la mia vita è ‘tre'”… Perché la fede non è una cosa e la nostra vita è un’altra. La nostra vita è ‘tre’. Per noi il numero ‘tre’ è la meta, è ciò per cui dobbiamo lottare. La nostra vita diventa una vita povera e incompiuta se non sperimentiamo l’amore del ‘tre’.” (card. José Tolentino de Mendonça).

Il battesimo nella Trinità

Soffermiamoci adesso sul vangelo, che ci presenta l’incontro di Gesù risorto con gli Undici. Si tratta della conclusione del vangelo di San Matteo. Nel suo vangelo Matteo non parla dell’ascensione di Gesù, ma questo monte in Galilea – “il monte che Gesù aveva loro indicato” – ci ricorda il monte Nebo e Mosè (Deuteronomio 34). Gli apostoli non sono più dodici ma undici. Non pensiamo a Giuda, ma a noi. Colui che manca sono io, se non prendo il mio posto tra loro, come discepolo e apostolo.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono”. Dubitarono loro, dubitiamo anche noi, talvolta. Dice un canto di Pentecoste: “Erano poveri uomini come me, come te…”. Adesso che Gesù stava per andarsene, forse si sono chiesti se era valsa la pena aver abbandonato casa, famiglia, lavoro… Come anche noi possiamo domandarci se abbiamo fatto bene a giocare la nostra vita su di Lui! Siamo davvero poveri uomini, malfermi, che abbiamo bisogno di ripetere di continuo: “Accresci in noi la fede!” (Luca 17,6).

Gesù si avvicinò e disse loro…”. Gesù non si scandalizza dei loro dubbi e dei nostri tentennamenti e rivolge a loro e a noi: una dichiarazione, un mandato e una promessa.
1) Una dichiarazione: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra”. Il potere che Satana gli aveva proposto sul monte della tentazione, Gesù lo riceve dalle mani del Padre. Tutto è nelle sue mani, come per dirci: “Non abbiate paura!”.
2. Un mandato: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato”. Quattro sono i verbi della missione: ANDARE, senza aspettare che gli altri vengano a te; FARE DISCEPOLI, non proseliti e nemmeno tuoi fan, ma discepoli suoi; BATTEZZARE “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, cioè immergere nell’Amore della Trinità; INSEGNARE, non il tuo pensiero, ma la Sua parola di amore e di servizio.
3. Una promessa: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. È l’ultima parola di Gesù, secondo il vangelo di Matteo. Puoi fidarti. Il Signore è fedele alle sue promesse!

Esercizio quotidiano di preghiera per la settimana

1. Fare il segno della croce all’inizio della giornata con una particolare consapevolezza di viverla nel nome della Trinità. E alla fine del giorno, prima di abbandonarci al sonno, ripeterlo come immersione nel Mare infinito dell’Amore.

2. Ripetere di frequente, durante la giornata, come respiro del cuore, la dossologia: Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.

3. Preghiamo con Santa Caterina da Siena:
Trinità eterna, sei come un mare profondo, in cui più cerco e più trovo; e quanto più trovo, più cresce la sete di cercarti. Tu sei insaziabile; e l’anima, saziandosi nel tuo abisso, non si sazia, perché permane nella fame di te, sempre più te brama, o Trinità eterna, desiderando di vederti con la luce della tua luce.

P. Manuel João Pereira Correia mccj
Verona, 23 maggio 2024