Vangelo del giorno

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio».

di don Franco Mastrolonardo
Si mangia prima con gli occhi che con la bocca. Anche questo vecchio proverbio ha il suo senso spirituale. Il peccato infatti nasce sempre da una elaborazione mentale e l’assenso si consuma prima nella mente e poi nel corpo. Non per niente nel Confiteor, all’inizio della Messa, diciamo “confesso a Dio onnipotente in pensieri, parole, opere ed omissioni”. Anche il pensiero quindi rientra nei peccati da confessare. Ed è interessante che Gesù di fronte a Giuda che aveva già programmato il tradimento in quell’ultima notte nel Cenacolo gli dice: “quello che devi fare fallo subito!” Come a dire, una volta che hai consumato nella tua testa il peccato, non ti sarà difficile metterlo in pratica.
Così è per l’adulterio. L’adulterio si gioca nella testa prima che nel corpo. Gesù da fine psicologo non si limita all’oggettività del peccato, ma va a guardare le radici. Perché se non si tagliano le radici la pianta del peccato continuerà a germogliare. L’adulterio rientra nel gioco della seduzione, il cui termine significa se ducere, cioè condurre a sé. Quindi non riguarda esclusivamente l’uomo, o meglio riguarda l’uomo in genere, uomo e donna intendo. Guardare per desiderare o essere guardati per essere desiderati in fondo fanno parte dello stesso gioco. Entrambi hanno lo scopo di sedurre e quando uno ne impara l’arte ha in mano un potere immenso nei confronti dell’altro. L’adulterio allora altro non è che una sfaccettatura del potere. Io ti posseggo perché ti seduco. Al contrario l’amore non possiede, ma accoglie; non seduce ma libera.
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Donne vittime della «filosofia “usa e getta”», costrette a «vendere la dignità per un posto di lavoro», obbligate a prostituirsi per strada, proposte come «oggetto del desiderio» sui giornali, in tv e persino nei supermarket per piazzare un prodotto. Il sistema di «calpestare la donna perché donna» e di non considerarla una persona è sotto gli occhi di tutti; e insegnerebbe molto un «pellegrinaggio notturno» per le strade della città dove alle ragazze si chiede solo: «quanto costi?». Con questa fortissima denuncia Papa Francesco — nella messa celebrata venerdì 15 giugno 2018 a Santa Marta — ha rilanciato l’insegnamento di Gesù che ha cambiato la storia e ridato alla donna piena dignità, risollevando tutte quelle che erano «disprezzate, emarginate, scartate».

Il Signore sembra forte, anche radicale, quando dice: “chi guarda una donna con cuore possessivo, con cuore sporco, è un adultero” e poi “chi ripudia la moglie, la lascia da sola, la butta sul mercato dell’adulterio”».

Queste parole sono state «dette in una cultura nella quale la donna era di “seconda classe” — per dirla con un eufemismo — neppure di seconda, era schiava, non godeva neppure della piena libertà». Quelle di Gesù «sono parole forti, parole che cambiano la storia». Davvero «la dottrina di Gesù sulla donna cambia la storia». E così «una cosa è la donna prima di Gesù, un’altra cosa è la donna dopo Gesù». In sostanza, «Gesù “dignifica” la donna e la mette allo stesso livello dell’uomo, perché prende quella prima parola del Creatore: tutti e due sono “immagine e somiglianza di Dio”, tutti e due; non prima l’uomo e poi, un pochino più in basso, la donna; no, tutti e due». Tanto che «l’uomo solo senza la donna accanto — sia come mamma, come sorella, come sposa, come compagna di lavoro, come amica — non è immagine di Dio».

E ancora, nel passo evangelico di Matteo c’è «una parola» che «mi ha toccato il cuore: chiunque guarda una donna per “desiderarla”» ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. «Questa parola è tanto attuale». Perché «nei programmi televisivi, nelle riviste, nei giornali, si fanno vedere le donne come un oggetto del desiderio, di uso, come una parte del supermarket: questo si può comprare, questo si può usare».

In tal modo le donne «sono oggetto e per vendere, forse, una speciale specie di pomodori» viene usata «una donna, lì, come oggetto di desiderio: umiliata, senza vestiti, perché la donna è diventata, anche oggi, un oggetto di uso». E «quell’insegnamento di Gesù, che “dignificò” la donna e ci ha fatto ricordare che con l’uomo erano immagine e somiglianza di Dio, col tempo cade un’altra volta».

«Ci sono città, ci sono culture, ci sono Paesi dove le donne ancora sono schiave, non possono fare questo, non possono fare quell’altro». Non serve andare «tanto lontano: rimaniamo qui, dove noi abitiamo, guardiamo la tv, e le donne ancora sono oggetto di uso; peggio, sono oggetto di quella filosofia usa e getta. Sembra che non siano persone».

«Rigettare la donna è un peccato contro Dio creatore perché senza di lei noi maschi non possiamo essere immagine e somiglianza di Dio». Oggi «c’è un accanimento contro la donna, un accanimento brutto, anche latente». «Ma quante volte delle ragazze per avere un posto di lavoro devono vendersi come oggetto di usa e getta? Quante volte?». E questo accade «qui a Roma, non è necessario andare lontano. Negli uffici, nelle ditte». Ecco che «rigettare la donna entra in questa cultura dello scarto e la donna diventa materiale di scarto: si usa e si getta».

Di più: «Cosa vedremmo se facessimo un “pellegrinaggio notturno” in certi posti della città?». «Tante donne, tante migranti, tanti non migranti, sfruttati, come in un mercato. A queste donne gli uomini si avvicinano non per dire “buonasera”», ma per chiedere: «“quanto costi?”, questa è la domanda». E «noi ci laviamo la coscienza davanti a questo» dicendo che «sono prostitute». Ma «tu l’hai fatta prostituta, come dice Gesù: chiunque ripudia la espone all’adulterio, perché tu non tratti bene la donna» e «la donna finisce così, anche sfruttata, schiava, tante volte». (…)

«Tutto questo succede qui, a Roma, succede in ogni città», «le donne anonime, le donne possiamo dire “senza sguardo”, perché la vergogna copre lo sguardo; le donne che non sanno ridere e tante di loro non sanno, non conoscono la gioia di allattare e di sentirsi dire “mamma”». Ma c’è «anche nella vita quotidiana, senza andare in quei posti, questo pensiero brutto di rigettare la donna» come fosse «un oggetto di “seconda classe”». E per questo «dovremmo riflettere meglio» perché «facendo questo o dicendo questo, entrando in questo pensiero, disprezziamo l’immagine di Dio, che ha fatto l’uomo e la donna insieme alla sua immagine e somiglianza».

«Questo passo del Vangelo ci aiuti a pensare al mercato delle donne, al mercato, sì: la tratta, lo sfruttamento, che si vede», ma «anche al mercato che non si vede, quello che si fa e non si vede». Perché «la donna la si calpesta perché è donna».

«Gesù ha avuto una mamma e ha avuto tante amiche che lo seguivano per aiutarlo nel suo ministero, per sostenerlo». Inoltre «Gesù ha trovato tante donne disprezzate, emarginate, scartate: e con quanta tenerezza, con quanto amore le ha sollevate, ha ridato loro la dignità». Con questo spirito, «preghiamo» per tutte le donne disprezzate, emarginate, scartate «e anche noi facciamo come Gesù: trattiamo le donne come quello che manca a tutti gli uomini per essere immagine e somiglianza di Dio».