25 Aprile: SAN MARCO
Mc 16,15-20: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.
In quel tempo, Gesù apparve agli Undici e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Commento
di Don Franco Mastrolonardo
Andate per le strade in tutto il mondo,
chiamate i miei amici per fare festa,
c’è un posto per ciascuno alla mia mensa.
Questo è il ritornello di una hit degli anni ’70/’80 almeno per quello che riguardava le canzoni cosiddette “di chiesa”. La cosa interessante di questo testo è che le strofe riprendono pari pari il Vangelo ma il ritornello lo sintetizza e lo commenta. E mi fermerei su queste due frasi del ritornello: chiamate i miei amici a far festa, c’è posto per ciascuno alla mia mensa. Che bella sintesi per la predicazione del Vangelo. L’essenziale: l’annuncio del Regno. Pensate se fosse stato sempre così nella storia. Se avessimo sempre fatto così. Che gioia.
Invece a volte abbiamo confuso questo invito libero e festoso a partecipare al Regno di Dio, con un cartellino da firmare per entrare a far parte della Chiesa. In ecclesiologia, una materia all’interno degli studi teologici, si parlava fino a qualche decennio fa di “extra ecclesiam nulla salus“, cioè fuori della Chiesa non c’è salvezza nel cielo. Allora quando ne parliamo a scuola i miei ragazzi mi provocano: Ma le religione non portano tutte a Dio? perché ogni religione salva solo i suoi fedeli ? I musulmani, gli ebrei, o addirittura i testimoni di Geova che dicono che solo 144.000 persone si salvano prendendo alla lettera così il libro dell’Apocalisse. E di questi ne potremmo fare una lista lunga. Ciascuno fa i conti del cielo con i tesserati della terra. Ma è proprio così?
Proviamo a rileggere invece cosa dice Gesù nel Vangelo: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Ecco noi invece ci siamo permessi una piccola concessione con un’aggiunta al testo da renderlo così: Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà e non sarà battezzato sarà condannato. A onor del vero dobbiamo dire che la Chiesa non ha mai condannato nessuno ufficialmente, tant’è che si proclamano, sì, i santi ma non si ufficializzano i dannati. Le pagelle che redige la Congregazione dei santi hanno solo una lista di promossi e non di bocciati. Però nel sentore comune purtroppo è passata quest’idea di cristianesimo che ha identificato la chiesa con il Regno di Dio, insinuando più l’idea del noi e voi piuttosto che della fratellanza comune. Però devo dire che di questi tempi guardando ogni giorno quel planisfero sui giornali colorato di rosso per i contagi del coronavirus ho pensato: che sia la volta buona che ci riconosciamo tutti fratelli? In fondo Gesù ha avuto una genialata per farci capire questo: ci ha riuniti tutti sotto la croce. Genialata drammatica, ma non c’era altro modo. Non esiste altro di così potente da renderci solidali tra di noi quanto la Croce. Il dolore e il lutto ci rimandano inevitabilmente all’essenziale. Se volete che la spieghi in soldoni, con una bassa spiritualità, davanti alla Croce troviamo un nemico comune: la morte. E allora ci attrezziamo tutti per combatterlo e tutti diventiamo uniti. Magari questa pandemia ci unirà finalmente tutti quanti, tutte le religioni abbracciati da un unico Padre, quel Dio che ha affrontato la morte per noi e l’ha vinta conquistandoci il Regno.
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Meditazione di Papa Francesco
La fede va trasmessa, va offerta, soprattutto con la testimonianza
1Pt 5,5-14; Sal 88; Mc 16,15-20
Oggi la Chiesa celebra San Marco, uno dei quattro evangelisti, molto vicino all’apostolo Pietro. Il Vangelo di Marco è stato il primo a essere scritto. È semplice, uno stile semplice, molto vicino. Se oggi avete un po’ di tempo prendetelo in mano e leggetelo. Non è lungo, e fa piacere leggere la semplicità con la quale Marco racconta la vita del Signore.
E nel Vangelo che abbiamo letto adesso – che è la fine del Vangelo di Marco – c’è l’invio del Signore. Il Signore si è rivelato come salvatore, come il Figlio unico di Dio; si è rivelato a tutto Israele, al popolo, specialmente con più dettagli agli apostoli, ai discepoli. Questo è il congedo del Signore, il Signore se ne va: partì e «fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio» (Mc 16,19). Ma prima di partire, quando apparve agli Undici, disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15). C’è la missionarietà della fede. La fede, o è missionaria o non è fede. La fede non è una cosa soltanto per me, perché io cresca con la fede: questa è un’eresia gnostica. La fede ti porta sempre a uscire da te. Uscire. La trasmissione della fede; la fede va trasmessa, va offerta, soprattutto con la testimonianza: “Andate, che la gente veda come vivete” (cfr v. 15).
Qualcuno mi diceva, un prete europeo, di una città europea: “C’è tanta incredulità, tanto agnosticismo nelle nostre città, perché i cristiani non hanno fede. Se l’avessero, sicuramente la darebbero alla gente”. Manca la missionarietà. Perché alla radice manca la convinzione: “Sì, io sono cristiano, sono cattolico…”. Come se fosse un atteggiamento sociale. Nella carta d’identità ti chiami così e così… e “sono cristiano”. È un dato della carta d’identità. Questa non è fede! Questa è una cosa culturale. La fede necessariamente ti porta fuori, ti porta a darla: perché la fede essenzialmente va trasmessa. Non è quieta. “Ah, Lei vuol dire, padre, che tutti dobbiamo essere missionari e andare nei Paesi lontani?”. No, questa è una parte della missionarietà. Questo vuol dire che se tu hai fede necessariamente devi uscire da te, e far vedere socialmente la fede. La fede è sociale, è per tutti: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura” (v. 15). E questo non vuol dire fare proselitismo, come se io fossi una squadra di calcio che fa proselitismo, o fossi una società di beneficenza. No, la fede è: “niente proselitismo”. È far vedere la rivelazione, perché lo Spirito Santo possa agire nella gente attraverso la testimonianza: come testimone, con servizio. Il servizio è un modo di vivere. Se io dico che sono cristiano e vivo come un pagano, non va! Questo non convince nessuno. Se io dico che sono cristiano e vivo da cristiano, questo attira. È la testimonianza.
Una volta, in Polonia, uno studente universitario mi ha domandato: “Nell’università io ho tanti compagni atei. Cosa devo dire loro per convincerli?” – “Niente, caro, niente! L’ultima cosa che tu devi fare è dire qualcosa. Incomincia a vivere, e loro, vedendo la tua testimonianza, ti domanderanno: ‘Ma perché tu vivi così?’”. La fede va trasmessa: non per convincere ma per offrire un tesoro. “È lì, vedete?”. E questa è anche l’umiltà della quale parlava San Pietro nella Prima Lettura: «Carissimi, rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili» (1Pt 5,5). Quante volte nella Chiesa, nella storia, sono nati movimenti, aggregazioni, di uomini o donne che volevano convincere della fede, convertire… Veri “proselitisti”. E come sono finiti? Nella corruzione.
È così tenero questo passo del Vangelo! Ma dov’è la sicurezza? Come posso essere sicuro che uscendo da me sarò fecondo nella trasmissione della fede? «Proclamate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15), farete meraviglie (cfr vv. 17-18). E il Signore sarà con noi fino alla fine del mondo. Ci accompagna. Nella trasmissione della fede, c’è sempre il Signore con noi. Nella trasmissione dell’ideologia ci saranno i maestri, ma quando io ho un atteggiamento di fede che va trasmessa, c’è il Signore lì che mi accompagna. Mai, nella trasmissione della fede, sono solo. È il Signore con me che trasmette la fede. Lo ha promesso: “Io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (cfr Mt 28,20).
Preghiamo il Signore perché ci aiuti a vivere la nostra fede così: la fede da porte aperte, una fede trasparente, non “proselitista”, ma che faccia vedere: “Io sono così”. E con questa sana curiosità, aiuti la gente a ricevere questo messaggio che li salverà.
25 aprile 2020