Lectio della III Domenica di Pasqua (A)
Luca 24,13-35


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Lo riconobbero nello spezzare il pane
(Lc 24,13-35)

Gli apostoli rendono testimonianza della Resurrezione di Gesù. Lo fanno perché sono stati coinvolti in prima persona dall’evento, e se è vero che non hanno assistito “in diretta” all’avvenimento dell’uscita dal sepolcro hanno tuttavia visto il loro Signore redivivo che appariva loro, così come a tante altre persone (oltre 500, dice la Scrittura). Sono insomma testimoni oculari della Resurrezione e per questo sono attendibili su quanto affermano.

Del resto, quale motivo avrebbero avuto di narrare un fatto immaginoso o inventato? Perché avrebbero dovuto subire la costante persecuzione di chi, come i Giudei, voleva ucciderli, se il loro messaggio non fosse stato veritiero?

Ascoltare loro vuol dire quindi ricevere un messaggio reale di salvezza che si coltiva attraverso la fede: per dirla con Paolo, essi annunciano la Resurrezione perché tutti abbiano fede e abbiano la vita eterna e la salvezza e codesto annuncio non scaturisce affatto dalle invenzioni o dalle sottili speculazioni della razionalità, bensì dalla testimonianza oculare effettiva e per questo è degno di ascolto.

Fra tutte le testimonianze della Resurrezione, quella di Pietro emerge in modo particolare per importanza e profondità: il Primo apostolo, infatti, annuncia oltre che l’evento, anche il suo significato: Cristo è risorto perché non era possibile che la morte avesse potere su di lui; la resurrezione vince cioè la morte e la priva di consistenza, ragion per cui la Resurrezione è garanzia di vita per tutti.

Al cap. 3 dello stesso libro Pietro sottolinea come la resurrezione sia importante anche per coloro che preferiscono la morte alla vita: “Avete chiesto che vi fosse graziato un assassino, e avete ucciso l’autore della vita”; tuttavia “Dio lo ha resuscitato” e di questo noi siamo testimoni”.

La fede nella resurrezione – acme e culmine del credo cristiano – è necessaria quindi per la vita e la salvezza di tutti e per questo occorre che tutta l’umanità ne sia destinataria; ed è questa la ragione per cui, ancora oggi la Chiesa si organizza in molteplici strutture per poterla annunciare specialmente alle etnie e alle popolazioni che non conoscono il Salvatore.

L’annuncio va rivolto anche ai poveri, ai diseredati, agli emarginati, abbandonati e oppressi dalle continue ingiustizie di questo secolo, affinché in tutti i problemi gli uomini trovino speranza e motivo di fortezza trovando la motivazione per poter credere in se stessi e vincere tutte le lotte; è necessario annunciare la Resurrezione di Cristo ovvero di Dio che entra nella storia dell’uomo e si interessa delle sue vicende affinché tutti trovino coraggio, forza e speranza nello stesso Signore realizzando in pienezza la loro vita attuale per poi trovare la vita senza fine al temine di questo corpo.

L’annuncio apostolico va rivolto anche a noi che operiamo pastoralmente (sacerdoti, catechisti e laici impegnati) per riscoprire di essere anzitutto noi stessi destinatari di tale evento salvifico affinché non ci appropriamo di un argomento che non ci appartiene ma che ci è stato affidato come oggetto di annuncio, al quale dobbiamo stare fedeli. E ciò con la finalità che non ci vantiamo della nostra presunta competenza orale, organizzativa o caratteriale ma riconosciamo che tutte le capacità derivano da Dio e dallo stesso Cristo che ci ha resi latori del medesimo messaggio.


v.14: Dal canto suo, mentre noi dimentichiamo perfino di essere stati salvati e redenti dalla Resurrezione, Cristo continua ad affascinarci e ad incutere arsura di cuore verso la sua parola, e avviene adesso proprio quello che capitava sulla via di Emmaus: i discepoli parlavano fra di loro di un avvenimento che probabilmente aveva sconvolto l’intero paese, di un fatto straordinario tipico di quelli che ancora oggi, al loro verificarsi, suscitano la meraviglia, lo stupore e il vociferare della gente, che non manca mai di accrescere il sensazionalismo attraverso ulteriori invenzioni, fantasie e pettegolezzi, specialmente nei paesini più piccoli… “Sai cos’è avvenuto?”… “E’ successo questo, quello…” “La colpa è di questo, di quello”.

v.17: Sempre similmente a quanto avviene nelle conversazioni attuali di paese, nessuno dei due discepoli si sofferma sugli aspetti positivi del fatto narrato, ovvero sullo spessore di gioia e di salvezza che esso apporta a tutta l’umanità, o sulla meraviglia di un Dio che vince la morte. Anzi, addirittura i due discepoli mostrano di non aver compreso nulla della Resurrezione e neppure dello stesso Gesù Cristo, quando affermano: ” Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele” perché la durezza del cuore e l’ostinazione sono per loro di ostacolo a capire che la liberazione di Israele è avvenuta proprio con la Resurrezione!

v.21: Tutto questo perché? Per il fatto che non avevano aperto il cuore alla fede, all’accoglienza del mistero di Dio e a quanto la Scrittura aveva detto di lui, del Signore morto e risorto. Insomma, nonostante fossero stati amici del Signore, non avevano compreso nulla di lui e si erano fermati al solo aspetto materiale di questa amicizia.

v.25: Ciò nondimeno il Signore li affascina rivelandosi per quello che egli è – attenzione! – non rivelandosi immediatamente ma inducendoli ad innamorarsi essi stessi dell’evento, cioè chiamando in causa la Scrittura.

Come avevamo detto negli scorsi interventi, non basta che Gesù abbia salvato l’uomo, e neppure che si divulghi l’annuncio della salvezza; e non sarebbe sufficiente neppure che Cristo ci apparisse davanti da risorto in tutta la sua concretezza: se infatti non si accoglie nella fede il dono della salvezza nell’evento Risurrezione e ci si ostina a chiudere il cuore e la mente nell’ottusità o nel solo lato materiale della faccenda, si pone un effettivo nonché immediato diniego al dono che Dio ci fa’ di se stesso. E ciò solo a nostro discapito.

Ma come dicevamo sopra, la Parola di Dio in Cristo è sempre affascinante e supera le miserie e le freddezze umane mostrandosi sempre vittoriosa…

Maria Chiara Zulato
http://www.figliedellachiesa.org


Incontro sulla strada, in cammino

13 Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus 14 e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto.

Cristo Risorto12

L’episodio di Emmaus, proprio di Luca, descrive il cammino che devono fare i discepoli per riconoscere la presenza di Gesù vivente nella storia. Luca accentra l’attenzione (Ed ecco) sulla comunità dei discepoli (due di loro) nel momento in cui decidono, con malavoglia, di lasciare l’istituzione giudaica (distante circa undici chilometri da Gerusalemme), dirigendosi verso un villaggio chiamato Emmaus. La loro conversazione esplicita a parole il percorso che stanno facendo fisicamente: commentano gli avvenimenti negativi che hanno lasciato in loro una profonda frustrazione.

15 Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16 Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.

L’ideologia che condividono impedisce loro di riconoscere Gesù nel compagno di viaggio.

17 Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18 uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19 Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso.

Riconoscono che è un profeta, ma credono ancora nei loro capi, nonostante che lo abbiano tradito e giustiziato, (come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità…), e proiettano sulla sua persona elementi nazionalistici (Gesù, il nazareno…).

21 Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23 e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».

Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele: speravano solo in un trionfo terreno e, né le ripetute predizioni di Gesù (Lc 9,22.44s; 18,32-34), né gli indizi della sua risurrezione (testimonianza delle donne), né la conferma del racconto delle donne da parte di Pietro (cfr. v. 12) hanno ravvivato la loro speranza (con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute).

25 Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26 Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27 E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

Luca concentra in questa scena e in quella seguente tutti gli argomenti più forti per sferrare la battaglia decisiva contro la mentalità che continua a tenere incatenate a terra le sue comunità, impedendo loro di riconoscere Gesù vivente nel percorso della storia degli uomini.
La resistenza deriva, come nel caso dei discepoli, dalla mentalità che li pervade e dalla mancanza di dedizione personale, con la scusa che non ci vedono chiaro, che la situazione è fuori controllo, che ormai sanno tutto. Anzitutto, Gesù ricorda a parole ciò che aveva detto loro per ben tre volte (le predizioni sulla sua morte e risurrezione), insistendo che tutto ciò era già contenuto nella Scrittura: stolti e lenti di cuoreE cominciando da Mosè e da tutti i profeti…interpretò loro… (più efficace la trad. lett.).
La tematica è la stessa della scena della trasfigurazione e della scena delle donne al sepolcro. Qui è Gesù in persona che impartisce la lezione. Nel prologo di At 1,3 Luca dirà, in forma ridotta, che la lezione durò quaranta giorni. La loro mentalità nazionalista a oltranza e trionfalista impedisce loro di capire il senso delle Scritture.

28 Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.

Nemmeno il fallimento del Messia, li ha fatti cambiare. Anzi, ora che sono delusi, si dirigono verso il bastione inespugnabile che resta loro, il villaggio di Emmaus. Il giorno già declina, si fa buio, sopraggiungono le tenebre; ma essi proseguono, trascinandosi nella vita, delusi e rassegnati.

30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista.

La seconda lezione, Gesù la impartisce con i gesti. Ma prima è stato necessario che essi dessero segni di vita: Resta con noi… Hanno accolto l’uomo, senza sapere che era Gesù. Egli ha fatto finta di proseguire oltre, perché fossero loro a prendere l’iniziativa e a dargli ospitalità. Devono farsi “prossimo”, avvicinarsi ai bisogni umani e condividere ciò che hanno: Quando fu a tavola con loro…. Gesù ripete lo stesso segno offerto nella scena della distribuzione dei pani (9,16) e che li aveva portati a riconoscerlo come Messia (9,18-20). Lo riconoscono nel gesto della condivisione del pane… che deve sfamare l’intero Israele.

32 Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33 Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35 Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Lo sentono vivo: Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture? Parola e gesto: se vogliamo capire il disegno di Dio, dobbiamo anche noi abituarci a condividere, come fece Gesù, dando se stesso con gesto supremo di donazione (22,19) e significando quel gesto con la frazione del pane. Solo così scopriremo Gesù nella povera e ordinaria storia delle donne e degli uomini che ci circondano o ci avvicinano.

Riflessioni…

  • Lezioni magistrali a due discepoli, come poi a tutti. Supplemento di gesti e di segni che riaccendono sentimenti: e allora, finalmente, s’aprono occhi, si riconosce e si riprende a sperare e ad amare.
  • L’incontro è sulla strada, in cammino, verso una meta di rifugio-ritiro, lasciando dietro convenzioni e istituzioni, perché forte è la delusione, tra scoramenti e disorientamenti che avvolgono animi e progetti pregressi.
  • Conversazioni, discorsi e discussioni, domande, spiegazioni, narrazioni, per circa undici chilometri, ora, e poi anche per quaranta giorni… Comunicavano, sul cammino, si riavvicinavano e discorrevano, domandando ed ascoltando, pur con sentimenti bloccati e soffocati, con speranze smorzate. Rimane ora solo la voglia di sapere altro; batte ancora un cuore che ha sempre amato da amico. E tanto consentirà di rivedere e ricominciare la vita.
  • Da vivente, in persona, si ripresenta Gesù. E occhi offuscati da ideologie accecanti non percepiscono identità, e vedono solo forestieri, alieni che non conoscono l’accaduto e la cronaca degli ultimi giorni. Ma da fatti e racconti vissuti e trasmessi, prende inizio il Racconto di vita…, che rassicura, dà connessione alla storia che fu e ripropone volti autentici, come quello del Padre che ha amato e continua ad amare insieme col Figlio che è riemerso alla vita.
  • In ogni parola-discorso dialogante, l’uomo può ritrovare il senso della vita e della morte, di sé e di Dio. Senza pudore, interrogando e invocando risposte, per dubbi e non-sensi, anche da Dio, che non si fa estraneo al destino dell’uomo, anzi si avvicina, chiede domande, mentre tenta di leggere segni su volti tristi e smarriti.
  • Si rivolgono, si svelano volti, si incontrano sinceri, per ritrovarsi in risposte piene di senso, dopo domande incalzanti, intrecci di parole e di pensieri coinvolgenti storie vissute, sentimenti e speranze future. E si donano racconti auto-narranti, si scambiano proposte interpretanti, si danno tacite consegne di messaggi, per offrire sensi liberanti di vita. Così ogni dialogo porta a risurrezioni.
  • L’incontro della parola tra uomini, e con Dio, si fa dono ed invito: a restare, a condividere, a bene-dire. Per conversare ancora, per sostenersi con pani di vita, per ricostruire un destino comune. Ancora un pane spezzato, una persona donata, per riconoscere umanità e divinità, in ogni gesto di amore attuato, e divenire testimone di risurrezioni e garanzia per esistenze che anelano a rinnovamenti di vita.

http://www.ilfilo.org