Martedì fra l’Ottava di Pasqua
At 2,36-41 Sal 32 Gv 20,11-18: Ho visto il Signore e mi ha detto queste cose
In quel tempo, Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto».
Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”».
Maria di Màgdala andò subito ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.
Commento
di Silvano Fausti
Maria è la prima che vede il Signore risorto e che va ad annunciarlo agli apostoli, quindi è l’apostola degli apostoli, la super-apostola, colei che da l’annuncio agli apostoli. Nel brano precedente c’era il discepolo amato che vide i segni e credette, credette che Gesù è risorto ma non l’ha visto. La fede ha bisogno di vedere e di toccare, è un atto di fiducia ma se non vede, non tocca e non c’è l’incontro con la persona è una fede vuota. Quindi praticamente il racconto di quest’oggi è un completamento rispetto a quanto abbiamo visto la volta scorsa. La fede ha come principio l’amore, chi non ama non vede. Solo il cuore vede. Però non basta amare e non basta credere, se non incontri, l’altro non c’è e non ti viene incontro c’è il nulla, c’è solo il lutto e il pianto. E allora ci si presenta questa immagine di Maria che ci fa vedere che la fede è un incontro personale con Gesù Risorto, poi ci manda verso gli altri. Però lo scenario in cui si svolge la scena la carica di un enorme significato. Se avete presente la cappella degli Scrovegni, a sinistra verso l’altare c’è l’abbraccio di Giuda. In un cielo scuro rotto da armi, questo abbraccio che lo possiede e lo stritola. Dalla parte opposta alla stessa altezza speculare c’è l’abbraccio della Maddalena. Lei è bianca vicino al sepolcro scoperchiato e tra le mani le fiorisce l’aurora che è il Signore stesso, che nasce dal suo amore che la trascina addirittura fuori dal quadro, verso dove tira il vento di una bandiera che il Signore porta. E tutte e due le scene hanno in comune la stessa domanda: Gesù nell’orto ha chiesto “Chi cercate?” e a Maria chiede:”Chi cerchi?”. Si può cercare per prendere, possedere, stritolare ed è la morte; o si può cercare come la Maddalena e allora le fiorisce la vita nelle mani. Lo scenario del racconto il giardino. Sapete che il sepolcro è vicino al Calvario ed è un giardino. Il Calvario rappresenta l’albero della vita e in questo giardino viene creata l’umanità nuova, c’è prima la Sposa e poi lo Sposo che non si vede. E lo scenario, direi, oltre che la Creazione richiama il Cantico dei Cantici. Maria Maddalena che si alza ancora quando è buio a cercare l’amato del suo cuore attraverso la città. Passa tutte le guardie, lo cerca e non lo trova, torna indietro, ritorna avanti, tutta angustiata e piange. E’ tutto un cammino di ricerca e finalmente c’è l’incontro, c’è l’incontro tra la Sposa e lo Sposo. Ed è il fine di tutta la creazione quest’incontro, tra Dio e l’umanità, tra la Sposa e lo Sposo che avviene il mattino di Pasqua e avviene in ciascuno di noi che siamo chiamati a fare la stessa esperienza di Maria. Questo incontro per Maria segna il passaggio dalla morte alla vita, dal pianto alla gioia e ha come centro il nome. E’ chiamata per nome e lei risponde col suo nome. Il riconoscimento è proprio una chiamata personale per nome e in finale questa chiamata diventa missione: tu realizzi il tuo nome andando verso gli altri.
da http://www.preg.audio–
di Paolo Curtaz
Possiamo essere talmente accecati dal dolore da non riuscire a riconoscere la presenza del Signore che disperatamente stiamo invocando. Possiamo essere talmente fermi al venerdì santo da non riuscire a girarci, ad alzare lo sguardo per riconoscere che il crocefisso è veramente risorto. Come accade a Maria di Magdala, stordita dall’assenza del cadavere del suo Maestro: a strazio aggiunge strazio, non avendo nemmeno più un corpo da venerare. Ma sbaglia clamorosamente, la discepola. Il Signore le viene incontro e la chiama per nome. Chiamare per nome, in Israele, significa credere e conoscere profondamente la persona che si chiama. Gesù conosce bene l’affetto e il dolore di Maria e la invita ad uscire dalla sua sofferenza per convertirsi alla gioia. Anche noi, paradossalmente, possiamo dimorare nella sofferenza; non c’è che un modo per superare il dolore: non amarlo. Troppo spesso, proiettando nella sofferenza del crocefisso la nostra stessa sofferenza, siamo fermi al venerdì santo. Il tempo di Pasqua ci educa al cambiamento, ci spinge oltre, ci aiuta a cercare le cose di lassù, a risorgere con Cristo, finalmente.
Meditazione di Papa Francesco
La grazia della fedeltà
La predicazione di Pietro, il giorno di Pentecoste, trafigge il cuore della gente: “Quello che voi avete crocifisso è risorto” (cf. At 2,36). “All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: ‘Che cosa dobbiamo fare?’” (At 2,37). E Pietro è chiaro: “Convertitevi. Convertitevi. Cambiare vita. Voi che avete ricevuto la promessa di Dio e voi che vi siete allontanati dalla Legge di Dio, da tante cose vostre, tra idoli, tante cose … convertitevi. Tornate alla fedeltà” (cf. At 2,38). Convertirsi è questo: tornare a essere fedeli. La fedeltà, quell’atteggiamento umano che non è tanto comune nella vita della gente, nella nostra vita. Sempre ci sono delle illusioni che attirano l’attenzione e tante volte noi vogliamo andare dietro queste illusioni. La fedeltà: nei tempi buoni e nei tempi brutti. C’è un passo del Secondo Libro delle Cronache che mi colpisce tanto. È nel capitolo XII, all’inizio. “Quando il regno fu consolidato – dice – il re Roboamo si sentì sicuro e si allontanò dalla legge del Signore e tutto Israele lo seguì” (cf. 2 Cron. 12,1). Così dice la Bibbia. È un fatto storico, ma è un fatto universale. Tante volte, quando noi ci sentiamo sicuri, incominciamo a fare i nostri progetti e ci allontaniamo lentamente dal Signore; non rimaniamo nella fedeltà. E la sicurezza mia non è quella che mi dà il Signore. È un idolo. È questo ciò che è accaduto a Roboamo e al popolo di Israele. Si sentì sicuro – regno consolidato – si allontanò dalla legge e incominciò a rendere culto agli idoli. Sì, possiamo dire: “Padre, io non mi inginocchio davanti gli idoli”. No, forse non ti inginocchi, ma che tu li cerchi e tante volte nel tuo cuore adori gli idoli, è vero. Tante volte. La propria sicurezza apre la porta agli idoli.
Ma è cattiva la propria sicurezza? No, è una grazia. Essere sicuro, ma essere sicuro anche che il Signore è con me. Ma quando c’è la sicurezza e io al centro, mi allontano dal Signore, come il re Roboamo, divento infedele. È tanto difficile conservare la fedeltà. Tutta la storia di Israele, e poi tutta la storia della Chiesa, è piena di infedeltà. Piena. Piena di egoismi, di proprie sicurezze che fanno che il popolo di Dio si allontani dal Signore, perda quella fedeltà, la grazia della fedeltà. E anche fra noi, fra le persone, la fedeltà non è una virtù a buon mercato, certamente. Uno non è fedele all’altro, all’altro … “Convertitevi, tornate alla fedeltà al Signore” (cf. At 2,38).
E nel Vangelo, l’icona della fedeltà: quella donna fedele che non aveva dimenticato mai tutto quello che il Signore aveva fatto per lei. Era lì, fedele, davanti all’impossibile, davanti alla tragedia, una fedeltà che la fa anche pensare che è capace di portare il corpo … (cf. Gv 20,15). Una donna debole, ma fedele. L’icona della fedeltà di questa Maria di Magdala, apostola degli apostoli.
Chiediamo oggi al Signore la grazia della fedeltà: di ringraziare quando Lui ci dà sicurezze, ma mai pensare che sono le “mie” sicurezze e sempre, guardare oltre le proprie sicurezze; la grazia di essere fedeli anche davanti ai sepolcri, davanti al crollo di tante illusioni. La fedeltà, che rimane sempre, ma non è facile mantenerla. Che sia Lui, il Signore a custodirla.
Martedì, 14 aprile 2020