Fede e Spiritualità

Osiamo parlare dell’orazione? Che cos’è? Come praticarla? Sarò pudente, affermerò il necessario pudore e non permetterò che le parole divaghino o siano eccessive su questo tema così delicato, Ribadisco che l’orazione deve avere come fonte la parola di dio contenuta nelle Scritture e la liturgia della chiesa, soprattutto l’eucaristia, preghiera delle preghiere.
Negli ultimi secoli si è molto parlato dell’orazione, a volte isolandola dalla sua fonte al punto da illustrare un’attività religiosa ma non cristiana. L’orazione è preghiera intima, è un bocca a bocca con Dio (oratio, da os), è un “cor ad cor loquitur” (san Francesco di Sales e John Henry Newman), è una parola che sgorga dalla fede e dall’amore. È un respirare lo Spirito santo, che è Spirito dell’amore e un sentirsi in Cristo per rivolgersi al Padre, Dio. È uscita da se stessi ma non è una relazione chiusa con Dio, un tu a tu, dal quale sarebbe escluso tutto ciò che ci circonda.
Proprio perché l’orazione è sempre un’operazione trinitaria, comunionale, non può chiudere, non può esaurirsi in un individualismo, né può essere un consumo sentimentale che ha come destinatario Dio e su di lui si esaurisce. Il Dio al quale si dà del tu è un Dio vivente che ci rinvia sempre agli altri, alla comunità, all’umanità intera. Anche nell’orazione il protagonista è lo Spirito santo che è presente in noi e ci suggerisce con gemiti ineffabili cosa dobbiamo dire a Dio nostro Padre (cf. Rm 8,26). Dice a Dio “Abba”, “Papà” (cf. Rm 8,15) solo chi ha in sé lo Spirito santo e solo chi sa di avere come fratello Gesù Cristo. L’orazione è permettere allo Spirito di esprimersi in noi nella libertà.
Ecco perché il silenzio è così primario nella preghiera cristiana. Ciò che muove l’orazione non è la nostra azione, il nostro pensiero, ma il nostro amore, “amore che Dio ha versato nei nostri cuori” (Rm 5,5).