P. Manuel João, comboniano
Riflessione domenicale
dalla bocca della mia balena, la sla
La nostra croce è il pulpito della Parola

Di monte in monte, di gloria in gloria

Anno A – Quaresima – 2a domenica
Matteo 17,1-9

Rigiocare la vita con Abramo

Nella prima lettura delle domeniche della Quaresima, la liturgia ci propone, per sommi capi, la storia della salvezza. La Quaresima è un cammino catecumenale, durante il quale i catecumeni che si preparano per il battesimo a Pasqua ripercorrono le tappe principali della storia biblica. Con loro, lo facciamo anche noi, per rinnovare a Pasqua le nostre promesse battesimali.

Domenica scorsa abbiamo incontrato i nostri proto-genitori nella loro disobbedienza. Oggi incontriamo Abramo, il padre di tutti i credenti, nell’atto di obbedienza alla chiamata di Dio che apre una storia nuova, di grazia: Vàttene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò… Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore”.

Con Abramo ci imbarchiamo anche noi in questa nuova avventura. Anche alla bella età degli ottant’anni di Abramo! Per tutti sarebbe stato, da tempo, il momento di riposare, di godersi le conquiste e gli esiti raggiunti e di riconciliarsi con le delusioni dei sogni infranti dalle vicissitudini della vita. Forse, in un modo o nell’altro, tutti siamo nella situazione di un inconcepibile cambio di rotta. Non è più il caso per me! La partita è finita! E, invece, Dio ti invita a rimettere in gioco la tua vita. Questa volta, però, non facendo i calcoli sulle probabilità di riuscita con le carte che hai in mano, ma investendo tutto per tutto, in una mossa che a tutti sembrerebbe disperata.

Sì, questo è il tempo per tutti noi di cambiare terra. Forse fino ad ora abbiamo vissuto nella “terra dei progetti”. Da oggi, però, Dio ci invita a spostarci sulla “terra delle promesse”! Chi vive di progetti “pro-getta” la propria vita davanti a sé, da protagonista, facendo i suoi calcoli con criteri puramente umani. Chi vive di promesse accoglie, come Abramo, la “pro-messa” che Dio gli mette davanti, giocando sulla fiducia!

I protagonisti delle letture di questa domenica sono tutti uomini che hanno investito la loro vita sulla Pro-messa di Dio: Abramo, Mosè, Elia, Pietro, Giacomo, Giovanni, Paolo, Timoteo… Fanno parte di una lunga ed ininterrotta schiera di donne e di uomini che hanno creduto alla Pro-messa di Dio. La loro vita è stata travagliata, non è stata una vita facile e spensierata, anzi. Hanno vissuto momenti di gioia e di entusiasmo e tempi di prova e di scoraggiamento; momenti di luce e di ispirazione e tempi di dubbio e di smarrimento; momenti di esito e di consolazione e tempi di sconfitta e di sconforto, ma non hanno smesso di seguire la stella della Promessa!

Di monte in monte

Ogni anno la Quaresima ci presenta nella prima domenica il brano delle Tentazioni e nella seconda quello della Trasfigurazione. Sono quindi i due vangeli tipici del cammino quaresimale, quasi per dirci che non ci può essere vita cristiana senza tentazione, ma nemmeno senza momenti di luce, di trasfigurazione. Dal “monte altissimo” della tentazione suprema oggi siamo condotti da Gesù in disparte su un altro “alto monte”: “Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro”. Questo “alto monte” è un’allusione al Sinai, dove Mosè ed Elia hanno avuto il loro incontro con Dio (Esodo 24, 29-34; 1Re 19). Questi monti però non hanno un nome, non solo perché sono simbolici, ma anche perché siamo noi a dover dare loro un nome.

La Trasfigurazione è un mistero di Luce. Tre volte viene sottolineata la luminosità: del volto di Gesù, delle sue vesti e della nube luminosa. Secondo la tradizione iconografica, l’icona della trasfigurazione è la prova di maturità di ogni apprendista iconografo. Tutte le icone devono essere illuminate dalla luce del Tabor (monte sul quale avvenne la trasfigurazione, secondo la tradizione). Così è del cristiano: la maturità avviene quando la luce del Tabor illumina e trasfigura tutta la realtà della vita del credente.

Di gloria in gloria

La Trasfigurazione non è soltanto il mistero della metamorfosi di Gesù, ma anche della nostra propria trasformazione e di tutta la realtà che ci circonda. Quanto viene raggiunto dai suoi raggi risponde rivelando la propria bellezza interiore e la sua armonia profonda. Il verbo qui usato per la trasfigurazione o metamorfosi, metamorphein, è molto raro nel nuovo testamento. Lo troviamo solo qui, nel vangelo del racconto della Trasfigurazione (Matteo 17,2; Marco 9,2), e due volte in Paolo (Romani 12,1-2; 2Corinzi 3,18), e sempre nella forma passiva.

Particolarmente interessante è l’affermazione dell’apostolo Paolo nella 2Corinzi 3,18: “E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore”. È un testo bellissimo, da conservare nella memoria del cuore. Qui è il viso del cristiano che viene investito dalla Luce del volto di Cristo e riflette la Sua gloria come in uno specchio. Questa luce non è un evento transitorio, ma opera in noi una metamorfosi. Noi diventiamo le immagini che guardiamo. Se nutriamo il nostro sguardo, la fantasia e l’anima di immagini di bellezza solo apparente ed effimera, ci scopriamo nudi e perfino sfigurati. Se nutriamo il cuore di vera bellezza, diventiamo davvero belli. Questa bellezza genuina e duratura (spesso quella dell’amore) la possiamo ritrovare anche nello sguardo luminoso di certi volti di anziani, malgrado le rughe dell’età e i solchi lasciati dalle prove della vita.

Il senso della nostra vita è trasfigurarsi di gloria in gloria nell’immagine del Figlio. Questa trasfigurazione del cristiano, però, non è istantanea, è un processo lungo, non perché lo Spirito della Bellezza non sia capace di operare questa metamorfosi in un batter d’occhio, ma perché dovuto alle resistenze tenebrose che ci sono in noi. Ecco perché ci vuole la contemplazione regolare del volto di Cristo nella preghiera e una assidua frequentazione della Parola in cui si specchia questo volto. Così la Voce del Padre, avvolta dalla Nube luminosa dello Spirito, ci invita ad ascoltare il Figlio: “ascoltatelo”, ascoltate lui, lui solo! nella traduzione letterale.

È buono per me essere qui!

Il monte della Trasfigurazione ha due versanti: quello dell’ascesa (esperienze luminose di preghiera) e quello della discesa in valle, nel nostro quotidiano con il suo grigiore e brutture. Sono i due volti della vita, da riconciliare. Il volto di Cristo, “il più bello tra i figli dell’uomo” (Salmo 44), è quello della Trasfigurazione e del Risorto, ma anche quello del Servo di Jahvè che “non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere” (Isaia 533,2). È facile dire con Pietro: Signore, è bello per noi essere qui!”. Più difficile è arrivare a dire come lo scrittore cattolico britannico Chesterton, accanto ad un amico morente, contemplando il suo viso pallido della morte: “Era bello per me essere lì!”. Ricordo un episodio raccontato dal mio confratello P. Alex Zanotelli capitato nella baraccopoli di Korogocho a Nairobi. Quando chiese ad una giovane donna, che stava morendo di AIDS, chi fosse Dio per lei, dopo qualche momento di silenzio gli rispose: “Dio sono io!”. È questa la meta e la missione del cristiano: riconoscere e testimoniare la Bellezza di Dio nelle realtà, anche drammatiche, della vita.

Concludo evocando un momento particolare della mia vita che mi provocò una forte emozione. Stavo predicando gli esercizi spirituali ai preti della diocesi di Atakpamé (Togo). Il vescovo li aveva convocati dall’altra parte della frontiera, in Ghana, nel Foyer de Charité di Alavanyo. I Focolari della Carità sono stati fondati dalla mistica francese Marthe Robin (1902-1981). Nel suo letto di dolore, viene nutrita per 60 anni praticamente dalla sola eucaristia settimanale. Ogni venerdì le stigmate di Cristo sono impresse nel suo corpo. Nella cappella del Foyer c’era una sua foto, ripresa dopo una di queste esperienze mistiche. In un momento di preghiera personale mi colpì profondamente la bellezza di quel viso sofferente. Non so esattamente perché. Da più di un anno sentivo i primi sintomi della mia malattia Ricordo che durante quel ritiro trascinavo un po’ la gamba destra e facevo fatica a salire e scendere le scale. Due mesi dopo mi sarebbe stata diagnosticata la SLA. Il ricordo di quel volto mi accompagnò come preludio di un’altra bellezza!

P. Manuel João, comboniano
Castel d’Azzano, 3 marzo 2023