Gli Istituti Missionari alle prese con la Praedicate Evangelium
La Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, sulla riforma della Curia Romana e il suo servizio alla Chiesa nel mondo, ha incontrato un consenso generale per l’orientamento missionario che la ispira. Papa Francesco ricollega la riforma della Curia al mandato missionario di Gesù (nel Preambolo), invoca la conversione missionaria della Chiesa (par. 2) e colloca la riforma della Curia nel contesto della missionarietà della Chiesa (par. 3). Un “portale d’entrata” nella riforma della Curia talmente “missionario” che di più non si sarebbe potuto immaginare!
Passate le prime reazioni, ora naturalmente emergono apprezzamenti e interrogativi diversi, a mano a mano che la riforma viene attuata, mettendo in moto un processo che richiederà del tempo per attuarsi. Immagino che gli istituti missionari e le società di vita apostolica, assieme alle nuove comunità e movimenti, siano in prima linea nell’interessarsi dell’eventuale implemento della riforma della Curia. Da questa riforma dipende il modo in cui i Pontefici (e la Curia romana) accompagneranno la missione cristiana, che è di tutta la Chiesa, ma che essi assumono in prima persona, sia come individui che come istituzioni ecclesiali.
Esiste una questione che riguarda da vicino gli istituti missionaria e con la quale essi certamente si confronteranno: quella del loro collocamento all’interno delle nuove giurisdizioni che verranno stabilite.
Già a una prima e rapida lettura della Costituzione Apostolica, appare oltremodo sorprendente che una riforma che si appella tanto fortemente alla missionarietà della Chiesa, lasci poi tali istituti missionari sotto la giurisdizione del Dicastero per la Vita Consacrata, e non li collochi, invece, sotto il Dicastero per l’Evangelizzazione. I missionari e le missionarie che hanno dato un contributo decisivo al radicamento del Vangelo e della Chiesa specialmente tra i popoli dell’Africa e dell’Asia, nel secolo XIX e buona parte del XX – e che si identificano con proprio carisma missionario, considerato come fondazionale e specifico – rimangono relegati nel Dicastero che coordina la Vita Religiosa. Come a dire: “Siete religiosi che possono anche andare in missione, non missionari che hanno adottato i Voti religiosi come modo di consacrazione”. Insomma: i missionari e le missionarie sembrerebbero percepiti innanzitutto come religiosi.
Sembrerebbe ovvio che istituti nati per e dalla missione, con l’evangelizzazione avvertita e scelta come carisma identificativo ed essenziale del loro essere e operare, si chiedano se la collocazione per essi prevista dalla nuova riforma rispecchi correttamente la loro identità carismatica e la vera natura dei loro istituti, e rispetti la loro storia passata e presente. La maggior parte di questi istituti e comunità di vita apostolica sono nati sotto la giurisdizione (dell’allora Congregazione) di Propaganda Fide. Lungo la storia, però, nelle varie riforme della Curia, sono stati collocati in congregazioni diverse. Nella riforma della Curia, attuata da Papa Giovanni Paolo II nel 1988, alcuni sono finiti sotto la giurisdizione della Congregazione per la Vita Consacrata.
E vero che, con il senno di poi, oggi si potrebbe pensare e dire che la collocazione degli istituti missionari nella Congregazione per la Vita Consacrata – particolarmente quella fatta nel 1988 con la Pastor Bonus – ha aiutato le varie congregazioni religiose a considerare la missione come “dimensione qualificante” della Vita Consacrata, e spinto molte di esse – prive di tradizione missionaria – ad aprirsi alla missione universale e radicarsi nelle giovani chiese locali nei vari continenti. Ma questo recente sviluppo – certamente positivo, perché ha arricchito le giovani chiese locali con una varietà di carismi alquanto idonei alloro crescita – non può certo dispensare gli istituti missionari dal volersi confrontare con onestà con la collocazione che anche la nuova Costituzione Apostolica riserva loro, sia dal punto di vista della coerenza carismatica che della fedeltà alla loro storia.
D’altro canto, si può anche chiedere quale possa essere stato l’impatto su Propaganda Fide di questa “perdita” di giurisdizione sugli istituti missionari e le società di vita apostolica. Si possono fare solo congetture. Ma qualcuno vede in questa collocazione una “privazione” significativa a scapito di Propaganda Fide, che oggi si trova a gestire il suo patrimonio secolare, supervisionare la raccolta e distribuzione di fondi attraverso le Opere Missionarie Pontificie, creare vicariati apostolici, e scegliere i vescovi per questi territori. Il suo contatto quotidiano con i missionari e le missionarie si è diluito, e la riflessione teologica sulla missione cristiana oggi è lasciata all’Università Urbaniana, un’istituzione di Propaganda Fide, che procede su una direzione propria, con un approccio teorico, scolastico e istituzionale.
L’attuale collocazione degli istituti missionari lascia qualche ambiguità, e potrebbe avere (ma credo stia già avendo) una ricaduta negativa in termini di percezione, da parte delle nuove generazioni di candidati e formandi, della natura specifica del loro carisma fondazionale. Nella collocazione originale (sotto Propaganda Fide) questi istituti erano visti come missionari tout court, espressione del grande movimento missionario che si verificò nelle chiese locali del centro Europa, nella seconda metà dell’Ottocento, e che produsse una gran fioritura di istituti, comunità, gruppi di uomini e donne, sacerdoti e laici, decisi a portare il Vangelo e la sua forza di trasformazione sociale ai popoli, in Africa, Americhe e Asia.
I protagonisti di questo movimento e anima di queste fondazioni erano, per lo più, sacerdoti del clero secolare e altre associazioni (qualche vescovo) e laici, uomini e donne. Propaganda Fide intercettò la novità che essi portavano all’attività evangelizzatrice della Chiesa: si trattava un modello di missione come “incontro con i popoli” caratterizzato dal rispetto delle loro culture e lingue, dall’impegno per la trasformazione sociale (con la lotta alla tratta degli schiavi, la fondazione di scuole e ospedali), dall’annuncio del Vangelo e l’iniziazione alla vita cristiana, dalla preoccupazione per la preparazione e formazione di ministri ordinati e catechisti per l’accompagnamento delle comunità, e dall’istituzione della gerarchia locale.
Nell’Ottocento, questi protagonisti della missione si muovevano come “missionari apostolici” e diedero origine a comunità che hanno assunto diverse configurazioni: comunità di vita apostolica, istituti o congregazioni religiosi, alcuni dei quali abbracciarono la vita consacrata (i voti) come espressione della loro consacrazione alla missione e del loro impegno a vita. Propaganda Fide, oltre a dare ad essi il nome di “missionari apostolici”, li ha accompagnati, approvando e spronando le loro iniziative. Gli istituti missionari che avevano i voti religiosi erano riferiti alla Congregazione per i Religiosi per quanto concerneva i voti; ma rimanevano sotto la giurisdizione di Propaganda Fide per quanto riguardava tutto il resto: fraternità per la missione, apostolato, metodologie missionarie, incarichi, approvazione di Regole e Costituzioni, etc.
Gli istituti missionari non sono gli unici a doversi confrontare con la collocazione assegnata loro dalla Praedicate Evangelium e a interrogarsi in proposito. Ad esempio, gli istituti (con voti) che hanno fatto dell’educazione cristiana lo scopo del loro esistere, non dovrebbero chiedersi se la presente collocazione (nel Dicastero per la Vita Consacrata) renda giustizia al loro carisma fondazionale, o se, dal punto di vista dell’identità carismatica e della loro storia, non debbano piuttosto essere collocati nel (nuovo) Dicastero per la Cultura e l’Educazione Cattolica? Ovvio che spetti a loro decidere se fare o meno questa riflessione e tirarne le conseguenze. Li ho citati soltanto per illustrare la problematica che sta dietro questa breve riflessione, e che non tocca solamente gli istituti missionari.
P. Manuel Augusto Lopes Ferreira, mccj
Roma, 20 novembre del 2022
Giorno della beatificazione di Giuseppe Ambrosoli (1924-1987), missionario comboniano medico e sacerdote, avvenuta a Kalongo, in Uganda.