Musica, canti, balli tradizionali per la Messa nell’aeroporto di N’dolo. Uomini, donne, bambini, anziani, sacerdoti, suore, nella grande spianata dalle prime ore del mattino o da giorni prima per guadagnarsi le prime file. Tutti ringraziano Francesco per la sua presenza, nella speranza che possa cambiare qualcosa. Soprattutto nell’est del Paese dove “i nostri fratelli e sorelle si stanno uccidendo a vicenda”
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1 febbraio 2023
Alcuni hanno dormito per due notti di fila nella spianata verde dell’Aerodrome di N’Dolo, sulle rive del fiume Funa, per guadagnarsi i primi posti dietro le transenne e magari riuscire a salutare da vicino le “père François”. Sono venuti da Kinshasa, ma anche da Brazzaville e altre città e Paesi vicini. “Vive le Pape, vive le Pape!”, gridano agitando bandierine con l’immagine del Pontefice, non interrompendo mai i movimenti di spalle e bacino al ritmo cadenzato dei canti che, con chitarre elettriche e pianola sintetica, il grande coro prova dalle 7 di questa mattina. Sono oltre un milione i fedeli venuti per la prima Messa “per la pace e la giustizia di Francesco” nella Repubblica Democratica del Congo, celebrata secondo il Messale romano per le diocesi dello Zaire.
Festa nazionale
Per permettere di partecipare all’evento, le autorità governative hanno dichiarato la giornata di oggi festa nazionale. Scuole e aziende sono chiuse. L’annuncio è stato dato nel pomeriggio di ieri sui media statali dal ministro della Comunicazione e dei media, Patrick Muyaya, che ai microfoni di Radio Vaticana – Vatican News spiega: “È una visita storica e simbolica per noi. Siamo felici di accogliere il Papa, avete visto ieri i milioni di congolesi che erano in strada per dargli il benvenuto… Siamo molto contenti del discorso che ha fatto ieri perché è stato molto chiaro ed ha parlato duramente e speriamo che coloro che lo hanno ascoltato abbiano accolto il suo messaggio e lavoreranno per il ritorno della pace in Repubblica Democratica del Congo”.
Marea umana
A N’Dolo, scalo secondario nel comune di Barumbu, a nord di Kinshasa, si è riversata una marea umana composta da donne con gli abiti tradizionali cuciti con stampe tribali, foto del Papa e frasi del Vangelo, uomini con uniformi o camicie sgargianti, anziani con gli ombrelli per ripararsi dal sole, bambini con il pollice in bocca che salutano le telecamere. Poi suore e sacerdoti. Circa 3 mila questi ultimi, tra cui alcune “pecorelle bianche”, come dice affettuosamente il missionario don Massimiliano Nazio. Tutti sono disposti ai due lati del grande altare bianco e rosso, sormontato da due colombe bianche e dalla scritta “Tous réconciliés en Jésus-Christ. Tutti riconciliati in Gesù Cristo”, motto del 40.mo viaggio apostolico.
“Siamo contenti, c’è il Papa qui da noi!”, urla da dietro una transenna Marie. È arrivata alle 5 del mattino per fare presto ai controlli della sicurezza di uno dei 28 ingressi al luogo della Messa, affollati da lunghe code di fedeli giunti a piedi tra le strade fangose e sterrate. “Vogliamo la pace”, risponde Patricia. Tiene in braccio il suo Rovic, di un anno. “La gente muore ogni giorno. Quando si guarda la televisione, si vede la violenza nella parte orientale del Paese. I nostri fratelli e sorelle si stanno uccidendo a vicenda. Vediamo come la gente muore, come viene massacrata”.
“Vogliamo la pace”
Sulle sofferenze che piagano il Congo, al centro di questa celebrazione “per la pace e la giustizia”, oggi però prevale la gioia di avere il Papa nella propria terra. “La sua presenza cambierà qualcosa nel Paese”, afferma una donna nella folla che non dice il suo nome ma dichiara fiera di essere “congolese al 100%” e lancia una zaghroutah, il tipico urlo cantato femminile. Dietro di lei, gli altri intanto ballano e cantano insieme al coro di uomini e donne in tunica bianca e oro. Qualcuno chiede agli uomini della security di staccarsi dal gruppo per andarsi a confessare. Nel prato e nei corridoi sono sistemati infatti confessionali portatili in legno.
Due signore anziane, con un foulard annodato intorno al capo, fanno un cenno con le mani ai giornalisti. Vogliono essere riprese dalle telecamere e, leggendo sui pass della stampa la scritta “Vatican”, chiedono ai giornalisti di far arrivare le loro parole e il loro canto al Papa. “Merci, Pape François, merci!”…
Il Papa ai congolesi:
è l’ora di un’amnistia del cuore, sulle porte scrivete: “Pace a voi!”
Nella prima Messa del suo viaggio in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan, davanti a più di un milione di fedeli, Francesco parla della pace donata da Gesù dopo la Risurrezione: a chi si dice cristiano ma commette violenze Cristo dice: “Deponi le armi, abbraccia la misericordia”. L’ invito a essere tutti fratelli e sorelle al di là di differenze etniche, sociali e religiose.
A tutti Francesco chiede di portare vicino al cuore il Crocifisso che hanno al collo, in tasca o in casa, e poi propone di “scrivere nelle vostre stanze, sui vostri abiti, fuori dalle vostre case” le parole del Risorto: “Pace a voi!”. “Mostratele – è il suo appello – saranno una profezia per il Paese, la benedizione del Signore su chi incontrate. Pace a voi: lasciamoci perdonare da Dio e perdoniamoci tra di noi!”. E infine invita tutti ad “essere missionari di pace, e questo ci darà pace”. Scegliere di “fare posto a tutti nel cuore”, credere “che le differenze etniche, regionali, sociali e religiose vengono dopo e non sono ostacoli; che gli altri sono fratelli e sorelle, membri della stessa comunità umana; che ognuno è destinatario della pace portata nel mondo da Gesù”.