Oggi la nostra comunità di Castel D’Azzano ha celebrato la festa di San Daniele Comboni con i nostri collaboratori e amici più vicini. Il covid non ci ha permesso ancora di abbracciarci ma abbiamo potuto fare l’Eucaristia insieme, seppure separati dai vetri. P. Renzo Piazza, superiore della comunità che presiedeva la celebrazione, era fuori sotto la veranda con gli amici, e noi dentro nella sala attigua, separati e uniti dalle ampie e luminose vetrate della struttura.
La cornice del nostro giardino e la serena luminosità della mattinata autunnale hanno contribuito pure alla bellezza del nostro incontro.
Dopo la messa c’è stato un semplice e fraterno rinfresco, con l’augurio che finisca presto l’emergenza covid per riprendere normalmente i nostri contatti.
Condividendo con voi la gioia della nostra festa, vi offriamo la riflessione di P. Renzo per questa occasione dei 140 anni della morte di Comboni (1831-1881).
Gesù, Maestro buono – Comboni, pastore buono
Il vangelo del Buon Pastore proprio della festa di Comboni (Giovanni 10) si congiunge con il brano evangelico del giovane ricco che ci propone la liturgia di questa domenica (Marco 10,17-30). Gesù “Maestro buono”, specchio dell’Unico che è Buono, è il Buon Pastore che dà la vita.
Il credente proclama la bontà di Dio:
Sal 34,9 Gustate e vedete com’è buono il Signore,
Sal 52,11 Spero nel tuo nome, perché è buono,
Sal 85,2 Sei stato buono, Signore, con la tua terra,
Sal 86,5 Tu sei buono, Signore, e perdoni…
Buono è Dio che dona, condona e perdona …
La bontà di Dio si è resa visibile nella carne di Gesù e si esprime in particolare nella sua compassione che diventa coinvolgimento nel dolore e nella povertà degli uomini.
Questa è la profonda convinzione che guida la vita e la missione di Comboni:
- L’assicuro, caro Rettore, che sono scandalizzato di certi santi. Ma Dio è buono!
- Trovo un’immensa felicità dell’essere cattolico e prete, e tocco con mano che Dio è infinitamente buono, e che mai abbandona coloro che sperano in lui: non so se sia imbecillità, o forza ricevuta da Dio.
- Sicut placebit Domino ita fiat: sit semper nomen Domini benedictum. Ricevo in questo momento un dispaccio concepito in questi termini: “Dal Bosco temo non vivrà fino a sera, rispondete = Tommasi. Ieri una lettera mi giunse, che mi annunzia mio padre essere da trentasei giorni gravemente ammalato. A questo aggiunga le molte croci che alla bontà di Dio piacque di darmi. Il nostro caro Gesù è molto buono: è un invito veramente amoroso che ci muove ad amarlo davvero.
- Ho sofferto le angosce e i dolori di morte: ma ora ringrazio Dio di avere sofferto propter iustitiam. Oh! quanto è buono quel Dio che ha mostrato quasi maggior sapienza nel fabbricare la croce, di quello che sia nel creare l’universo. Ave, dulcissime, felicissimo anno.
- Da qui Ella vede quanto è buono il nostro caro Gesù, che permette che mi facciano soffrire anche quelli che io amo: ma io salverò D. Losi per la Missione africana, e difenderò l’innocenza di D. Luigi, e lo farò stimare a Roma per quello che merita secondo il mio subordinato parere e giudizio. Ah! se D. Losi, D. Luigi, ed io riusciamo a trovarci insieme in paradiso…
Comboni e i suoi missionari sono testimoni della Bontà ma non come chissà quali eroi, ma nella loro debolezze e fragilità, coscienti di essere semplicemente dei “servi inutili” e talvolta addirittura dei… “buoni a nulla”:
- Ora benché io sia profondamente convinto del servus inutilis sum, perché non son buono che a pasticci.
- Oh! care croci! Io certo ne sono stato la causa, perché buono a nulla; è conveniente che ne porti la più gran pena.
- A proposito di Don Rolleri: Eppure io l’amo, perché è un povero infelice, buono a nulla, né a fare il Superiore, né a fare il missionario, né a rappresentare la missione; per cui, avendomi egli chiesto dove si dee destinare, ho consultato quasi tutti i missionari; e di comune accordo si è convenuto, che sarebbe dannosissimo il destinarlo al Cairo.
1. Quello che più colpisce in Gesù è la bontà. Non può vedere un dolore senza sentirsi mosso a porgere aiuto: tutti i miracoli che si narrano di lui sono compiuti per bontà per lenire una sofferenza o prevenire un pericolo. Si commuove dinanzi al pianto della vedova di Nain (Lc 7,13) e scoppia a piangere dinanzi al sepolcro dell’amico Lazzaro (Gv 11,35).
E’ per questo che attorno a lui si da convegno il dolore umano. “Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati…” perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” (Mt 8 16-17).
Comboni: La carestia, la pestilenza! la fame, la sete!… tremende parole, terribili mali, penosissimi flagelli!… L’animo mio sgomentato ancor fugge al ricordare, la tanta ruina e il tanto scempio, che la carestia e la pestilenza fecero nel mio vastissimo Vicariato, e di cui in parte fui testimonio oculare. E’ pei poveri negri che io parlo e pel santo e sublime apostolato dell’Africa Centrale parlerò lagrimando insieme.
2. Gesù vive intensamente l’amicizia e verso gli amici è premuroso e fedele: sta volentieri con loro, partecipa alle loro gioie e ai loro dolori, si reca in casa loro. Ricordiamo la sua amicizia con la famiglia di Lazzaro: “Voleva molto bene a Marta, a sua sorella Maria e a Lazzaro”.
Verso gli apostoli poi, che sono i suoi compagni di vita e i suoi amici più cari, Gesù mostra affetto e premura nelle loro fatiche, pazienza nell’istruirli e dolcezza nel correggerli. Si mette al loro livello, li interroga, discute con loro e si consulta con essi.
Comboni: Io dirigo nello spirito i miei cari colleghi missionari e sono la guida del loro cuore; ma essi sono anche l’oggetto di tutta la mia stima, e di tutto il mio affetto. Noi siamo animati tutti da un unico ideale, da un’unica ardente brama: di sacrificare la nostra vita per amore di Dio, per amore della sua Santa Chiesa e per l’infelice Nigrizia. (Scritti 2510)
3. La bontà di Gesù si rivela particolarmente verso i poveri, gli ammalati, i bambini, i peccatori. Le folle che lo seguono sono formate in gran parte da povera gente, oppressa dai potenti, sempre in lotta con la miseria e la malattia, spesso affamata. Di queste moltitudini Gesù ha una profonda compassione, perché “sono stanche e sfinite come pecore senza pastore” (Mt 9.36), abbandonate da coloro che dovrebbero essere le loro guide spirituali e temporali; anzi due volte moltiplica i pani per dar loro da mangiare.
Comboni: Il giorno e la notte, il sole e la pioggia, mi troveranno egualmente e sempre pronto ai vostri spirituali bisogni: il ricco e il povero, il sano e l’infermo, il giovane e il vecchio, il padrone e il servo avranno sempre eguale accesso al mio cuore. Il vostro bene sarà il mio, e le vostre pene saranno pure le mie (Omelia di Khartoum).
Comboni riconosce che Gesù è buono con lui quando si trova immerso nelle difficoltà:
- Oh! quanto è buono quel Dio che ha mostrato quasi maggior sapienza nel fabbricare la croce, di quello che sia nel creare l’universo.
- Da qui Ella vede quanto è buono il nostro caro Gesù, che permette che mi facciano soffrire anche quelli che io amo: ma io salverò D. Losi per la Missione africana, e difenderò D. Luigi…
Il Papa in quattro udienze, ma specialmente in quella del 28 ottobre p.p. m’incoraggiò ad occuparmi dell’Africa, facendomi risuonare all’orecchio quelle consolanti parole: labora sicut bonus miles Christi.
Gesù, chiamato maestro buono dal giovane ricco perché ama e perdona, si definisce come il buon pastore che offre la vita per le pecore. Ha messo Dio e la sua volontà al primo posto. E muore perdonando e pregando per i suoi crocifissori.
- Comboni, pastore buono, come Gesù, ha amato e perdonato. “Figlio mio, scrivi ciò che vuoi a Sua Eminenza contro di me; scrivi anche a Roma alla Propaganda e al Papa che io sono una canaglia, degno del capestro etc. Ma io ti perdonerò sempre, ti vorrò sempre bene: basta che tu resti sempre in missione, e mi converta e mi salvi i miei cari Nubani, e tu sarai sempre mio caro figlio, e ti benedirò fino alla morte”.
Alla scuola di Gesù e di Comboni per imparare la strada della bontà: amare con tutto il cuore e servire: Dio e i fratelli.