Credo davvero che la conversione a cui siamo chiamati oggi, in particolare, sia quella di essere contemporanei di noi stessi, che, purtroppo, non è un dato scontato. Verifichiamo, un po’ più in concreto, la consistenza della crisi di fede attuale nella Chiesa

di GILBERTO BORGHI
27 maggio 2021
https://www.vinonuovo.it/

In questi ultimi giorni molte voci si sono fatte sentire attorno alla domanda: “da dove nasce la crisi di fede attuale della Chiesa?”. Anche qui ne abbiamo già discusso al seguito di un articolo di Matzuzzi. Voglio tornare sulla questione, in particolare su un punto, che mi sembra decisivo e che, a mio parere, non è stato abbastanza considerato negli articoli che ho letto.

Il dato preso come sintomo di calo di fede, evidenziato da tutti coloro che si sono interessati di questo tema è il calo dei numeri di coloro che frequentano le Chiese, nel senso sia della partecipazione alle liturgie, sia di adesione formale (battesimi) e/o effettiva (organizzazione e attività) alla vita comunitaria. Mi sono permesso di andare a verificare, un po’ più in concreto, la consistenza di questo calo e soprattutto come si è mosso negli anni, attraverso vie abbastanza attendibili: http://www.adherents.com, http://www.pewresearch.org, http://www.gallup.com e l’annuario pontificio

La prima cosa evidente è che i cattolici battezzati nel mondo continuano a crescere, in numero assoluto, e a restare stabili in percentuale sul totale dell’umanità. Il calo, invece, è presente percentualmente in America, molto più nel nord che nel sud, in Europa e in Oceania. In Africa, invece, la percentuale dei battezzati sul totale della popolazione tende a crescere discretamente, come pure in Asia, anche se in modo minore.

In secondo luogo, tutti gli indicatori rintracciabili, che offrono dati oggettivi, (ad es.: calo delle vocazioni religiose, della frequenza ai riti, dei versamenti economici alla chiesa) mostrano come il momento in cui le curve statistiche girano verso il basso, nei continenti in calo, è da rintracciare quasi sempre tra la fine degli anni ‘80 e la metà circa degli anni ’90. In quasi tutti i casi, queste curve scendono rapidamente fino al 2015 circa, per poi assestarsi, alcune in un calo continuo, ma minore, altre, in un arresto del calo, altre in una leggera crescita.

Di pari passo, alcuni altri dati ci aiutano a mettere questi numeri su uno sfondo adeguato. Ad esempio si scopre che, nei medesimi continenti, l’ateismo dichiarato è in netto e continuo calo, da almeno 25 anni; che la crescita dell’area degli indifferenti sul piano religioso si è arrestata, mantenendosi stabile almeno negli ultimi 8-10 anni; che l’area di chi dichiara di non appartenere a nessuna religione è in forte aumento, e che altrettanto in forte crescita (quasi uguale) è l’area di coloro che coltivano una dimensione “spirituale” in modo personale, attraverso un “fai da te” molto variegato.

Ora, il tentativo di dare un senso a tutti questi dati non è facile, ma alcune direzioni interpretative sono, per lo meno, molto difficili da percorrere con onestà. Ad esempio ipotizzare che “tout court” questi dati ci rivelino un calo di fede. Che in alcune parti del mondo sia in calo l’appartenenza religiosa e la partecipazione alle sue forme è indubbio, ma non è detto che ciò indichi anche una perdita della fede. I dati, invece, fanno ipotizzare più facilmente che questa fede abbia cambiato direzione e cerchi vie non istituzionalizzate su cui camminare. E che la crisi dell’appartenenza religiosa abbia liberato la fede da forme troppo anguste e non più adeguate al suo crescere. Perciò è probabile che la crisi sia rispetto alla Chiesa e al suo modo di vivere – proporre la fede, e le forme religiose connesse, non verso la fede in quanto tale. Ancora. Sembra difficile imputare a tempi remoti la genesi di questi numeri in calo, e appare, invece, molto più sensato il bisogno di concentrarsi di più sul decennio ’85-’95, per capire cosa sia successo in quel momento, per comprendere come la dimensione spirituale e di fede sia stata investita da ciò che lì è accaduto. Ultimo, ma non ultimo: ipotizzare che la crisi nasca dalla deviazione della Chiesa rispetto alla vera fede non trova sostegno in questo dati, altrimenti sarebbe difficile trovare luoghi in cui i numeri sono in crescita. È invece, anche qui molto probabile, che il contesto economico – culturale del mondo avanzato, con la sua rivoluzione ancora in atto, abbia a che vedere col le curve che si abbassano, a fronte di una Chiesa che si è trovata spiazzata e inadeguata.

A me sembra, perciò, che troppo presto cerchiamo risposte, utilizzando le abituali categorie di analisi storico – ecclesiale, senza prima esserci soffermati abbastanza ad osservare meglio e soprattutto a chiederci se, per caso, ciò che è avvenuto tra la fine degli anni ’80 e gli anni “90 ci permetta ancora di continuare a leggere in maniera sensata la realtà religiosa e di fede con quelle stesse categorie. E la fatica che facciamo a fare questa operazione indica se e quanto crediamo davvero nell’incarnazione, cioè al fatto che non possiamo credere a Dio senza viverlo e riconoscerlo nel tempo e nello spazio umano in cui viviamo. Credo davvero che la conversione a cui siamo chiamati oggi, in particolare, sia quella di essere contemporanei di noi stessi, che, purtroppo, non è un dato scontato.