IL GRANDE LIBRO DEL CREATO
Gianfranco Ravasi
Cardinale arcivescovo e biblista
Ogni anno per Famiglia Cristiana scrive riflessioni e commenti sui passi della Scrittura. Il tema di quest’anno è “Il grande libro del Creato”
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Il Salmo 104 (103) è un vero e proprio inno all’unico e vero Signore dell’Universo e alla terra uscita dalle sue mani, che l’uomo contempla con meraviglia, stupore e gratitudine
Siamo ormai alle soglie del periodo tradizionalmente riservato alle vacanze. Ai lettori più attenti e fedeli che da mesi stanno seguendo il nostro percorso tra le meraviglie del Creato, in particolare della Terra, nostra casa comune, suggeriamo di compiere un’esperienza spirituale e poetica. Se avranno la fortuna di essere di fronte a un paesaggio marino o montuoso mirabile oppure, di notte, si fermeranno a contemplare il firmamento nel quale si affacciano le stelle e la Luna, prendano in mano la loro Bibbia (che speriamo sia sempre loro compagna di viaggio) e cerchino una pagina del Salterio. Scelgano il Salmo 104 (103), un vero e proprio gioiello letterario e religioso.
Si tratta di un «cantico delle creature » ampio e solenne: lo scrittore francese ottocentesco René de Chateaubriand era convinto che «Orazio e Pindaro sono rimasti ben lontani da questa poesia». Alcuni studiosi hanno trovato in filigrana ad alcuni versetti del Salmo qualche rimando allusivo a uno dei più celebri inni egiziani, quello che il faraone «monoteista » Akhnaton (XIV sec. a.C.) dedicò al suo unico dio, Aton, incarnato nel disco solare che illumina e fa vivere la Terra. In realtà, il testo salmico ha soprattutto in sottofondo la creazione, così come noi l’abbiamo vista descritta da tante altre pagine bibliche.
La lettura del carme e dei suoi 35 versetti svelerà in modo limpido la ricchezza dei simboli, la vivacità pittoresca dei quadri che si succedono secondo una sapiente sceneggiatura, l’eleganza del linguaggio e soprattutto lo stupore ammirato di fronte a una sequenza di creature così affascinanti, pur nella loro semplicità quotidiana. Su tutto domina, però, il respiro creatore di Dio: «Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra» (v. 30). A differenza dell’inno di Aton, il sole e le altre meraviglie della natura non sono divinità, ma opere delle mani del Creatore, l’unico vero Signore.
Egli entra subito in scena in tutta la sua gloria e grandezza, assiso sul cocchio regale delle nubi o cavalcando i venti che sono anche i suoi messaggeri, come lo sono i fulmini. È lui a dar origine al Creato, vincendo le acque del caos primordiale, simbolo del nulla, come abbiamo avuto occasione di ricordare in passato. Emerge, così, l’universo, ma l’obiettivo si fissa sulla nostra Terra, fecondata dalle acque dolci piovane e sorgive, popolata di alberi da frutta e da animali. E l’uomo è assiso a questa mensa cibandosi di pane e allietandosi con il vino e con il volto che brilla per l’olio, i tre prodotti fondamentali dell’area mediterranea.
Ma ecco il fluire del tempo scandito dagli «orologi» cosmici della Luna e del Sole che segnano il dì e la notte ma anche le stagioni, il lavoro umano e il ritmo degli animali. Stando quasi su un alto scoglio, il Salmista contempla poi il mare solcato da navi e da un brulichio di esseri viventi, tra i quali si muove anche il mostro caotico Leviatan, che è ora ridotto da Dio a una balena giocherellona. Ormai il poemetto si avvia alla sua finale, che è simile a un grandioso corale rivolto al Dio creatore e signore della vita e della morte, dell’essere e dell’esistere. E l’orante spera che dall’orizzonte così armonico e multicolore del Creato scompaiano il male e il peccato, così che egli possa sempre gioire in Dio cantando: «Benedici il Signore, anima mia!».
16 luglio 2020
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