bruno cassinari, annunciazione

Annunciazione (B. Cassinari)

21 gennaio 2019
di: Thies Münchow
http://www.settimananews.it

Mentre nell’attuale discorso sull’inter-religiosità o, formulato più drammaticamente, nel dialogo delle religioni sorge sempre di nuovo la questione se, alla fin fine, non si creda tutti allo stesso Dio, si può riconoscere con tranquillità che a questa domanda, dal punto di vista dell’ecumene tra la Chiesa cattolica-romana e quella evangelica-luterana, si può rispondere in maniera relativamente semplice.

Sì, noi cristiani crediamo al Dio trinitario che, incarnato in Gesù Cristo, è morto in croce. E anche il simbolo di fede, se non per una differenza nella traduzione di «ecclesia catholica», appartiene in comune a entrambe le confessioni. Ma tutto questo ci porta davvero avanti nel percorso ecumenico?

Si deve riconoscere che è impresa senza senso quella di voler scoprire nell’equivalenza dei termini una forma di gesto di fondazione per una sostanziale unità delle Chiesa. Piuttosto si deve dire che tale unità di due attori diversi è stata raggiunta mediante l’esclusione di fatto di una «terza» parte. E per non lasciare alcuna ombra di dubbio sia detto subito e chiaramente che con questo «terzo» escluso non si intende un’altra religione.

Per chiarire questo aspetto rimaniamo per il momento sul tema Dio. A livello dogmatico l’unità delle confessioni si mostra nel fatto che entrambe hanno lo stesso punto di partenza, ossia il Dio monoteistico. Inoltre, entrambe le confessioni sono anche d’accordo sul fatto che questo Dio possiede una sorta di monopolio del potere (egli non è assolutamente onnipotente, ma quanto meno superiore).

In tal modo, in entrambi gli sviluppi dogmatici Dio rimane anche sovrano sulla grazia. In un modo o nell’altro, egli rappresenta il punto assiale dell’intera dottrina della salvezza. Ma questo è possibile in maniera fondata solo mediante l’esclusione di un mediatore tra Dio e l’uomo.

Vediamo un esempio in merito che può aiutare a chiarire quello che intendo. Per profilare il Dio grazioso, nelle sue Briciole filosofiche, Kierkegaard si rifà a un’allegoria secondo la quale potremmo pensare Dio come un re innamorato che si fa piccolo per corteggiare una donna del volgo (qui la donna sta semplicemente per tutti i credenti).

Kierkegaard, che in questo caso pensa da buon luterano, ritiene che ci sia un rapporto immediato tra Dio e l’uomo senza alcun mediatore. Anche per lui Dio rimane «maestro» e, quindi, sovrano.

Ma noi dobbiamo pensare l’allegoria di Kierkegaard in maniera più conseguente di quanto non faccia lui stesso. Facendosi piccolo, Dio diventa egli stesso un semplice uomo del volgo e del popolo. Quello che Kierkegaard si dimentica di fare è di ricollegare l’allegoria che ha scelto alla sua origine, ossia all’incarnazione.

E a questo punto, sorpresa… è evidente che c’è un mediatore – anzi, con più precisione una mediatrice, ossia la donna del popolo. Solo attraverso la donna si può realizzare un rapporto col popolo, con la gente. In questo modo, è solo attraverso la donna che la grazia può diventare efficace. Dovrebbe essere oramai chiaro a tutti che qui si sta parlando proprio di Maria.

ArcabasMaria incorpora il terzo termine escluso, il mediatore, che scompare quando ha realizzato il suo compito; e di cui però entrambe le confessioni cristiane hanno bisogno per rimanere fedeli al Dio sovrano. Ed è proprio questa irrinunciabilità teologica di Maria che la fa essere una pietra di inciampo, uno scandalo, per la dogmatica.

Ridotta a modello di purezza e pietà da parte cattolica, addirittura completamente rimossa da parte evangelica, la donna è stata dichiarata dogmaticamente irrilevante. E non coccoliamoci nell’illusione: non è solo nell’islam che ci si vede costretti a velare la donna, anche il cristianesimo occidentale porta avanti l’occultamento della donna in grande stile.

Per ciò che di conseguenza riguarda la mariologia, rimane evidentemente molto lavoro da fare per i teologi e le teologhe di entrambe le confessioni. E come accade nella terapia di coppia, sarebbe forse una buona cosa che entrambe le parti ponessero davanti a sé ciò che esse insieme rimuovono.

Thies Münchow è docente di teologia sistematica presso il Dipartimento di teologia evangelica dell’Europa-Universität di Flensburg