L’abbraccio al mondo del Dio che salva


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Si rimane sgomenti di fronte a certe affermazioni. Sgomenti anche perché – a differenza di altre di minor portata – passano in sordina. Mi riferisco a quel giornalista che, riguardo all’ultimo terremoto, ha scritto su Facebook: «Il crollo delle chiese, però, è divertente». Come può divertire il crollo di edifici della memoria storica di un paese, di un popolo? Del crollo di un edificio storico, laico o religioso che sia, non ci si può rallegrare.
L’affermazione tuttavia nella sua drammaticità fa riflettere. L’ultimo terremoto è stato ben strano. Nessuna vittima, grazie a quella prima scossa che ha dato l’allarme e ha permesso a tutti di riparare al sicuro, ma ingente il danneggiamento e il crollo di tutte le chiese della zona sismica, colpita dunque nelle sue radici cristiane.
Pensavo a questo l’altro giorno mentre mi capita sotto gli occhi un’opera di Giovanni Gasparro, giovane artista al quale è stato commissionato il ciclo pittorico su San Giuseppe per l’omonima chiesa dell’Aquila distrutta dal terremoto del 2012. Un’opera del 2015, in collezione privata di Lisbona, reca il titolo: Salvator Mundi. Domina la tela, un Cristo Bambino bellissimo e pensoso, il cui sguardo innocente pare accarezzare tutte le tragedie di questo nostro mondo. Ed è così che ci si accorge di mani avide e perverse che cercano di afferrarlo al fine di impossessarsene o farlo soccombere. Il Cristo, inconturbabile, alza la mano benedicente mentre con l’altra protegge il mondo che, nelle sue piccole mani, pare poco più di un balocco.
L’iconografia è ripresa da molti artisti del passato come van Dick o l’italiano Mattia Preti: Gesù Bambino impugna la sua croce e si affretta alla Passione per salvare il mondo.
Impressiona come, con un anno di anticipo, Gasparro sia riuscito a fotografare la situazione attuale. Nell’angolo basso a destra, una delle mani regge un teschio, simbolo della morte che incombe. Ciò che rimane della dentatura del teschio sembra voler inghiottire il mondo e con esso il bimbo che lo difende. Quasi come il dramma del terremoto che tutto vorrebbe inghiottire, o quello delle innumerevoli morti cui ormai anche i nostri occhi si stanno drammaticamente abituando.
Di mani, elemento caratteristico della pittura di Gasparro, ce ne sono altre: una ingioiellata si insinua sotto il manto scarlatto del Cristo, l’altra maschile e avida lo ghermisce all’altezza del braccio, sono i poteri di questo mondo, nemici della creazione e della stessa umanità. Sono, come ha detto il Santo Padre, gli interessi economici e criminali che agiscono in modo subdolo e sistematico, di fronte a un mondo indifferente e – talora – ignaro di ciò che sta accadendo.
Gli esempi sarebbero tanti e superflui perché ognuno ne potrebbe elencare a migliaia.
Quello che ci salva e ci salverà, allora, è sollevare lo sguardo, tenere lo sguardo fisso su quella mano levata del Cristo Bambino, benedicente, e su quell’altra mano, tenerissima, che stringe il mondo a sé.
Sì, ancora dopo la plurimillenaria storia della Chiesa, dopo l’instancabile annuncio della Redenzione, ancora soffriamo per i nostri peccati, soffriamo per il mistero dell’iniquità che sovrasta, soffriamo per una creazione che sembra ribellarsi allo spreco e alla malvagità umana. Soffriamo ancora, è vero, ma al di là di tutte le cose, “più in là” come scriveva Montale, c’è una mano benedicente che non ci abbandona. Dentro il suo abbraccio di misericordia, se lo ricambiamo, saremo salvati.
Gloria riva
Avvenire giovedì 10 novembre 2016