Papa Francesco: “Dio misericordioso.
Per me questa è davvero la carta d’identità del nostro Dio”
(Luis Badilla) Da poche ore, in 84 Paesi del mondo e in numerose lingue, è in libreria il libro-intervista di Papa Francesco, frutto della conversazione con il Pontefice del vaticanista Coordinatore del portale “Vatican Insider”, Andrea Tornielli, opera presentata oggi a Roma dal cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, con il contributo del direttore della Sala stampa vaticana, p. Federico Lombardi, di don Giuseppe Costa, direttore della LEV, di Roberto Benigni, attore e regista, e di Zhang Agostino Jianqing.
Il libro che scandaglia l’anima del pastore al punto di lasciare nel lettore la sensazione di ascoltare una confessione del Papa, sotto l’incalzare delle domande di Andrea Tornielli – che assume, con discrezione e intelligenza, il ruolo di un interlocutore interprete di ognuno di noi – si apre con una risposta sul desiderio di indire un Giubileo della Misericordia e sulla ispirazione di questa decisione.
La misericordia è il messaggio più importante di Gesù
“Non c’è un fatto particolare o definito. Le cose a me vengono un po’ da sole, sono le cose del Signore, custodite nella preghiera. Io sono portato a non fidarmi mai della prima reazione che ho di fronte a un’idea che mi viene o a una proposta che mi viene fatta. Non mi fido mai, anche perché solitamente la prima reazione è sbagliata. Ho imparato ad attendere, ad affidare al Signore, a chiedere il Suo aiuto, per poter discernere meglio, per lasciarmi guidare. La centralità della misericordia, che per me rappresenta il messaggio più importante di Gesù, posso dire che è cresciuta piano piano nella mia vita sacerdotale, come la conseguenza della mia esperienza di confessore, delle tante storie positive e belle che ho conosciuto.”
Manca l’esperienza concreta della misericordia
“Perché (la nostra) è un’umanità ferita, un’umanità che porta ferite profonde. Non sa come curarle o crede che non sia proprio possibile curarle. E non ci sono soltanto le malattie sociali e le persone ferite dalla povertà, dall’esclusione sociale, dalle tante schiavitù del terzo millennio. Anche il relativismo ferisce tanto le persone: tutto sembra uguale, tutto sembra lo stesso. Questa umanità ha bisogno di misericordia. Pio XII, più di mezzo secolo fa, aveva detto che il dramma della nostra epoca era l’aver smarrito il senso del peccato, la coscienza del peccato. A questo si aggiunge oggi anche il dramma di considerare il nostro male, il nostro peccato, come incurabile, come qualcosa che non può essere guarito e perdonato. Manca l’esperienza concreta della misericordia.”
La condanna del peccato e l’abbraccio del peccatore
“La Chiesa condanna il peccato perché deve dire la verità: questo è un peccato. Ma allo stesso tempo abbraccia il peccatore che si riconosce tale, lo avvicina, gli parla della misericordia infinita di Dio. Gesù ha perdonato persino quelli che lo hanno messo in croce e lo hanno disprezzato. Dobbiamo tornare al Vangelo. Là troviamo che non si parla solo di accoglienza o di perdono, ma si parla di “festa” per il figlio che ritorna. L’espressione della misericordia è la gioia della festa, che troviamo bene espressa nel vangelo di Luca: «Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione» (15, 7). Non dice: e se poi dovesse ricadere, tornare indietro, compiere ancora peccati, che si arrangi da solo! No, perché a Pietro che gli domandava quante volte bisogna perdonare, Gesù ha detto: «settanta volte sette» (Vangelo di Matteo 18, 22), cioè sempre.
La misericordia è il primo attributo di Dio
“La misericordia è vera, è il primo attributo di Dio. Poi si possono fare delle riflessioni teologiche su dottrina e misericordia, ma senza dimenticare che la misericordia è dottrina. Tuttavia, io amo piuttosto dire: la misericordia è vera. Quando Gesù si trova di fronte all’adultera e alla gente che era pronta a lapidarla applicando la legge mosaica, si ferma e scrive sulla sabbia. Non sappiamo che cosa abbia scritto, il Vangelo non lo dice, ma tutti quelli che erano lì, pronti a scagliare la loro pietra, la lasciano cadere e uno dopo l’altro se ne vanno. Rimane solo la donna, ancora impaurita dopo essere stata a un soffio dalla morte. A lei Gesù dice: «Neanch’io ti condanno, va e non peccare più». Non sappiamo come sia stata la sua vita dopo quell’incontro, dopo quell’intervento e quelle parole di Gesù. Sappiamo che è stata perdonata. Sappiamo che Gesù dice che bisogna perdonare settanta volte sette: l’importante è tornare spesso alle fonti della misericordia e della grazia.”
Corruzione – corrotto – perdono
“Non bisogna accettare lo stato di corruzione come se fosse soltanto un peccato in più: anche se spesso si identifica la corruzione con il peccato, in realtà si tratta di due realtà distinte, seppure legate tra loro. Il peccato, soprattutto se reiterato, può portare alla corruzione, non però quantitativamente – nel senso che un certo numero di peccati fanno un corrotto – quanto piuttosto qualitativamente: si generano abitudini che limitano la capacità di amare e portano all’autosufficienza. Il corrotto si stanca di chiedere perdono e finisce per credere di non doverlo più chiedere. Non ci si trasforma di colpo in corrotti, c’è un declino lungo, nel quale si scivola e che non si identifica semplicemente con una serie di peccati. Uno può essere un grande peccatore e ciononostante può non essere caduto nella corruzione. Guardando al Vangelo, penso ad esempio alle figure di Zaccheo, di Matteo, della samaritana, di Nicodemo, del buon ladrone: nel loro cuore peccatore tutti avevano qualcosa che li salvava dalla corruzione.”
Inviati da Gesù per amare gratuitamente
“Gesù invia i suoi non come detentori di un potere o come padroni una legge. Li invia nel mondo chiedendo loro di vivere nella logica dell’amore e della gratuità. L’annuncio cristiano si trasmette accogliendo chi è in difficoltà, accogliendo l’escluso, l’emarginato, il peccatore. Nel Vangeli leggiamo la parabola del re e degli invitati alla festa di nozze del figlio (Matteo 22, 1-14; Luca 14, 15-24). Accade che non si presentano al banchetto coloro che erano stati invitati, cioè i sudditi migliori, coloro che si sentono a posto, che lasciano cadere nel vuoto l’invito, perché troppo presi dalle loro occupazioni. Così il re ordina ai suoi servi di andare nelle strade, nei crocicchi, e di radunare tutti quelli che incontrano, buoni e cattivi, per farli partecipare al banchetto.”
(a cura Redazione “Il sismografo”)