Il regno del terrore: le leggi e le conquiste.

Stato islamico dell'Iraq e del Levante,

Era il 29 giugno di un anno fa quando Abu Bakr al-Baghdadi, approfittando del primo giorno di Ramadan (29 giugno 2014) autoproclamatosi emiro dell’Is, lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, annunciò con un messaggio audio diffuso su internet la nascita del califfato jihadista nell’Iraq settentrionale e in Siria, con Raqqa come ‘capitale’.

QUANTI MILIZIANI? Secondo stime diverse l’Is potrebbe contare su un numero massimo di 200mila miliziani. Più probabilmente i combattenti sarebbero 40mila-50mila uomini in Siria e in Iraq.

QUALI OBIETTIVI? L’obiettivo principale dell’Is non sarebbe tanto colpire l’Occidente, anche se la sua propaganda mediatica potrebbe far pensare il contrario, quanto rafforzarsi e mantenere il controllo delle zone conquistate. Ciò porta con sé una minaccia alla sopravvivenza delle minoranze e delle identità culturali diverse da una rigida ed estremista interpretazione della Sharia (la legge islamica).

QUALI LEGGI? Il modello di comportamento che l’Is impone nel Califfato, dove si stima che vivano tra le cinque e le sei milioni di persone, è quello dettato dal Profeta Maometto nel settimo secolo. Agli uomini è vietato fumare, fare baccano, tenere i negozi aperti durante la preghiera e adottare usanze considerate ‘occidentali’, fosse anche per il gel tra i capelli. Per le donne, che non possono uscire di casa se non accompagnate da un uomo, solo abiti islamici, vietati trucco e jeans, chiusi i parrucchieri. A visitarle, anche in fase di parto, possono essere solo dottoresse. Tra i metodi crudeli applicati dall’Is, spesso in pubblico per ‘dare l’esempio’, per eliminare chi si oppone al Califfato, o non ne rispetta le regole, vi sono la crocifissione e la lapidazione, l’impiccagione e l’annegamento. La decapitazione è stata spesso strumento di propaganda mediatica, ‘riservata’ agli ostaggi occidentali o a cittadini di Paesi considerati nemici dell’Is, come l’Egitto, ma anche agli uomini di eserciti e governi arabi considerati “traditori”.

LE CONQUISTE La forza militare dell’Is sul campo è stata di recente dimostrata con la conquista di Ramadi, capoluogo della provincia irachena occidentale di al-Anbar il 18 maggio scorso, e con quella di Palmira, sito archeologico patrimonio dell’Unesco in mano all’esercito di Damasco prima dell’avanza dell’Is. Relativo sembra essere l’impatto dei quattromila raid aerei lanciati dalla coalizione militare guidata dagli Stati Uniti ad agosto in Iraq e a ottobre in Siria, costati la vita a 10mila jihadisti. In questi mesi, lo spettro dell’Is ha continuato inoltre a minacciare due importanti metropoli, Baghdad e Aleppo, sconfinando non di rado nei territori di altri Stati mediorientali, come la Giordania, il Libano e l’Arabia Saudita.

FUORI DAI CONFINI Non meno rilevanti le «conquiste» conseguite dal Califfato al di fuori dei territori siro-iracheni, segno tangibile di una globalizzazione della lotta jihadista. Dal novembre dell’anno scorso a oggi, è stato un susseguirsi di proclamazione di nuove province. La prima “wilaya” extra metropolitana è stata la Penisola del Sinai, nata grazie all’adesione del gruppo Ansar Bayt al-Maqdis (i Partigiani di Gerusalemme) allo Stato islamico. Sono poi nate tre province libiche: Barqa (la Cirenaica), con epicentro a Derna dove era spuntato il primo emirato sul Mediterraneo, la Tripolitania e il Fezzan. Nel suo messaggio del 13 novembre scorso, Baghdadi ha parlato dell’estensione della sua autorità ad altri territori ancora, citando espressamente l’Algeria e lo Yemen, ancora una volta grazie all’adesione al Califfato (ma meglio parlare di vere e proprie scissioni) di gruppi già legati ad al-Qaeda. Il 16 febbraio scorso è stata poi proclamata una provincia del Khorasan, comprendente Pakistan e Afghanistan. L’ultima wilaya in ordine di tempo è quella nata pochi giorni fa nel Caucaso in seguito al giuramento di fedeltà del principale gruppo di ribelli islamici russi, l’Emirato del Caucaso, portando a trentadue il numero dei movimenti jihadisti nel mondo che si sono uniti allo Stato islamico. Espansione anche nel cuore dell’Africa, dove l’adesione del gruppo nigeriano Boko Haram, avvenuta l’8 marzo, ha permesso all’Is di aprire un’importante breccia in un’area fino ad allora chiusa al suo richiamo.

29 giugno 2015