Dentro la bellezza (12)
Il «torchio mistico», sacrificio di Gesù per tutti
«Esser messi sotto torchio» non è per noi una bella espressione, tanto meno “pagare col sangue”; eppure nella fede, grazie alla Rivelazione, torchio e sangue sono diventati segno di una salvezza insperata.
Tra le iconografie più singolari sparse nella nostra penisola, vi è quella del torchio mistico: Cristo, schiacciato dalla croce come da un torchio, spremuto nella passione, offre alla Chiesa il sacrificio del suo sangue per la salvezza. Una cruda drammaticità che oggi fa un po’ specie.
Ma il torchio mistico non è raro, ne troviamo un esemplare a Matelica (Macerata) nella chiesa di Sant’Agostino. Ernst Van Schayck dipinge un immenso tino entro al quale Cristo sta pigiando l’uva. La croce pesa su Gesù e si comprende che il frutto da pigiare è il suo stesso corpo. Del resto, tra vino e sangue c’è, in ebraico, una stretta assonanza, poiché il “vino” è detto “sangue dell’uva”.
Il mistero del torchio s’infittisce quando vediamo che è il Padre stesso a torchiare il Figlio suo e che lo Spirito Santo, poggiato sopra la croce, contribuisce a fare pesare il legno sul corpo del Redentore. L’espressione mesta e serena del Padre e del Figlio ci conferma che tutta la Trinità è unanime in quest’offerta sacrificale.
Una scritta latina svela il mistero: Torcular calcavi solus et de gentibus non est vir mecum. È un versetto di Isaia (63,3): «Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me». La tela si trova in una chiesa dedicata a Sant’Agostino e fu proprio il vescovo di Ippona (con altri, come ad esempio Tertulliano) che, meditando questo passo, paragonò il torchio alla croce dove Cristo era stato premuto da solo, per la salvezza di tutti. Due angeli, in primo piano, raccolgono il prezioso vino, cioè il sangue colato dalle piaghe del Salvatore, per spargerlo su Gerusalemme, le cui mura si vedono sullo sfondo.
Così il torchio, se da un lato è segno dell’ira divina, dall’altro è anche il luogo dove, pigiando uva, si ricava vino. Tale è l’opera della Trinità: trasformare il male in bene e il sangue sacrificale in bevanda per la vita e per la gioia. Testimoni, per noi, di tutto questo sono tre santi: Giovanni Battista, ultimo dei profeti dell’antico Testamento e primo del Nuovo, la Vergine Addolorata e Giovanni Evangelista, primizie della Chiesa presenti sotto la croce.
Che libertà avevano gli antichi nel guardare a un Dio che torchia il Figlio! E noi che vogliamo salvare Dio da una tale immagine cadiamo vittime di padri sanguinari, dove il sangue versato non salva e le torchiature non restituiscono vino per la gioia.
A cura di Gloria Riva
Avvenire, 03/07/2014