Dentro la bellezza (5)
Cristo, il pastore che dà la vita per le pecore.
Siede al centro della lunetta, che sta all’ingresso del mausoleo di Galla Placidia, il Cristo pastore. Siede al centro, perché è lui la via per la quale le pecore entreranno e usciranno e troveranno pascolo. Il bastone e il vincastro del Pastore divino, celebrati nel Salmo 23, hanno trovato una perfetta sintesi nella croce che è per le pecore buone salvezza, per quelle cattive motivo di condanna. Il bastone diritto e piuttosto corto era lo strumento con cui il pastore guidava il gregge e scacciava il lupo; il vincastro invece, molto lungo e ricurvo alla sommità, era usato per prendere le pecore che si allontanavano riportandole sulla retta via. Cristo siede sopra una rocca a gradinate: il Migdal-Eder, la torre del gregge, il luogo dove il Pastore d’Israele sorveglia le sue pecore. Il rimando è ai monti biblici, luoghi dell’alleanza: il Calvario, il Sinai, il monte Moria. Cristo non ha la barba perché è pastore universale e dunque anche pastore dei romani, veste alla maniera dei romani e, nelle sue mani, lo strumento di supplizio da questi usato, è diventato strumento di misericordia. Ci sono pecore alla destra e pecore alla sinistra secondo una struttura a chiasmo, al cui centro Cristo, ruotando il suo corpo, unisce le due postazioni. Si comprende come vorrebbe salvare le une e le altre, ma non può, anche Cristo si arresta di fronte alla libertà delle pecore di accettare o meno l’alleanza.
Pastore, in ebraico, si dice ro’èh (dalla radice ra’ah, pascolare) ma, essendo l’ebraico scritto solo con le consonanti è possibile leggere la parola come re’eh, cioè amico, oppure ra’ah, cioè malvagità e corruzione. Così anche il mosaico appare più chiaro. Sul lato destro ci sono le pecore buone: ricevono il cibo dalle mani del pastore come dalle mani di un amico. Esse, infatti, si nutrono dell’alleanza e stanno di fronte a un monte a gradoni del tutto simile a quello dove siede il pastore. Le altre pecore, invece, stanno un poco a distanza e, pur guardando verso il pastore, restano di fronte a un monte che ha la forma dell’altare pagano. Cristo volge loro uno sguardo serio e preoccupato: sono le pecore dell’altro ovile, quelle pagane, quelle che non si lasciano condurre, che non lo vedono con amico (re’eh, appunto) ma sono dominate dalla malvagità e dalla corruzione (ra’ah). Ma egli, il Ro’eh, rimane pastore: non le abbandona e mostra loro la via. Per questo, proprio dalla loro parte, egli incrocia i piedi come volesse salire un’altra volta sulla croce e dare la vita per loro.
A cura di Gloria Riva
Avvenire 16/05/2014