Il profeta Isaia sogna una società in cui le spade diventano aratri e le lance si trasformano in falci. E’ un testo che ha aperto le liturgie dell’Avvento. Ma la società pacificata di Isaia non è la nostra. Anche a Bergamo, sette aziende locali producono armi e le esportano

Sem Galimberti  
3 Dicembre 20250
Per gentile concessione di
http://www.labarcaeilmare.it

Dalle loro spade forgeranno aratri
E dalle loro lance falci;
una nazione non alzerà più la spada
contro un’altra
e non praticheranno più la guerra” 
(Isaia 2,4)

Così la prima lettura nella prima domenica d’Avvento.

La profezia di Isaia sembra sempre più lontana, in tempi di folle riarmo. Lasciare che le armi decidano della vita e della morte dell’umanità è inaccettabile. Ogni arma prodotta sta alla base di ogni conflitto. È un ragionamento troppo semplicista? La nostra umanità così complicata ha bisogno di messaggi espliciti, contro l’intorpidire di acque stagnanti frutto di ragionamenti spesso capziosi e, comunque, inconcludenti.

Il rapporto tra guerra, tecnologia e umanità è cambiato fin dai tempi di Hiroshima e Nagasaki, ma abbiamo accelerato i tempi e i modi, facendo finta di proclamare il disarmo atomico e aumentando nello stesso tempo le spese militari, perfezionando le tecnologie belliche destinate al futuro di morte.

“In questo tempo segnato da conflitti che mietono ogni giorno vittime civili e da stragi che interrogano la coscienza collettiva, l’utilizzo di sistemi d’arma amplifica ulteriormente la disumanizzazione della guerra e allontana ogni prospettiva di pace” (Etica Srg.)

Uomini di governo, autorevoli per il potere, preparano anche in Italia la decisione di finanziare nuove armi con ingenti cifre, a scapito degli effettivi bisogni di sanità, istruzione, welfare e dignità umana. Invece di riorientare le risorse pubbliche verso il bene collettivo, si viaggia velocemente nel senso opposto, quello che si fonda sulla paura indotta e sul conformismo dei comportamenti.

Altro che investimenti sostenibili! Anche a Bergamo, città ricca e perbene, si scopre che sette aziende locali, piccole o grandi, esportano materiali d’armamento. Si tratta di dati ufficiali di Camera e Senato relativi alle autorizzazioni concesse ai sensi della legge 195/1990 (che ancora vige ma già in predicato di revisione da parte del governo).

La legge, frutto di una faticosa conquista dei movimenti pacifisti del tempo, impone la pubblicizzazione delle aziende italiane che esportano armi. I portuali genovesi e i lavoratori di tanti altri porti esercitano un forte controllo sul transito di armi e manifestano concretamente la volontà di boicottare il triste commercio. Anche noi siamo chiamati a testimonianze concrete per orientare ogni produzione bellica verso una corretta riconversione industriale. Altrimenti dovremo considerare la profezia di Isaia come morta e sepolta.