Immacolata concezione
della Beata Vergine Maria 
8 dicembre


bellini_giovanni_566_sacred_conversation

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». (…). Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Gen 3,9-15.20; Sal 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38:
Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce

Immacolata concezione. A volte la si chiama, festa dell’Immacolata, con la scomparsa del sostantivo “concezione”. Con il conseguente diffuso fraintendimento di pensare che la festa abbia a che fare con la verginità di Maria. La festa ha a che fare con la concezione, con il giorno del concepimento, un giorno avvolto, non solo per Maria, ma anche per ciascuno di noi, da un mistero: parliamo di quando una creatura non è ancora nella consapevolezza di coloro che ancora ignari l’hanno concepita, e già vive nel grembo. Ancora sola nel pensiero di Dio.

Che ne sappiamo noi? Come poteremmo parlarne quasi non fosse un evento nascosto, non solo ai nostri occhi, ma alla nostra stessa comprensione? Penso alla madre e al padre di Maria – Anna e Gioachino secondo la tradizione – anche loro in quella notte ignari di un mistero che li avvolgeva nel loro concepire. Concepire quella figlia che avrebbero chiamato Miriam, Maria. Concepita, pensata Maria, come ognuno di noi, da Dio. E concepita, pensata, nella luce.

E come potrebbe Dio non pensarci nella luce? Dal primo istante nella luce. Penso che il problema diventi stare nella luce, stare nella luminosità di un disegno che è legato a filo stretto con ognuno di noi. Stare nella luminosità cui siamo destinati. Essere pensati è solo una grazia. Notizia buona è già che una creatura sia pensata, ma notizia buona, successiva, è che una creatura, Maria, per la fedeltà al disegno che la abita, diventi l’alba di un mondo nuovo.

Un grido aveva attraversato la storia. Per millenni e millenni l’aveva attraversata. Il grido appassionato di Dio dal giardino delle origini: “Adamo – o meglio – terrestre, dove sei?”. E ora una creatura, concepita come noi da uomo e da donna, al grido può rispondere: “Sono nella grazia, sono nel pensiero che tu, o Dio, hai avuto per me, sono nella tua terra di benedizione”.

Il grido, vi dicevo, ha attraversato e attraversa la terra: dove sei? Dove sei uomo, dove sei donna, dove sei umanità, dove sei terra? Dove sono io oggi? Sono io nel pensiero, nell’immagine che Dio ha avuto per me? O fuori? O lontano? È un grido che ci svela e ci rende coscienti del mistero di disarmonia che sfigura la nostra terra, storia della nostre dispersioni, dei nostri sconfinamenti, delle nostre fughe.

Dove sei? Un essere fuori luogo. Dove sei? Il nostro essere in fuga. E questa è la macchia – Maria è senza questa macchia – questo è il peccato, è essere in fuga o, se volete, essere nella diffidenza. Questo è il peccato originale, nel senso che è l’origine, cioè l’essenza vera di ogni peccato. Poi noi abbiamo dato importanza ad altre cose. Purtroppo. Ma l’origine, l’anima nera del peccato è la fuga, è la diffidenza. O, almeno, così è per la Bibbia.

Incominciando dalla fuga da Dio, dalla diffidenza su Dio. Quasi che Dio avesse un suo interesse, un suo interesse nascosto, nell’indicarci le sue vie e a spingerlo non fosse la passione per la nostra felicità. E il terrestre cede alla diffidenza. Quella suggerita dal “divisore”. “Dio non vi vuole come lui, per questo vi ha imposto di non mangiare dell’albero”. La diffidenza. E di conseguenza la fuga. E la distanza: “Terrestre dove sei?”.

E la diffidenza, il vero peccato, l’origine di ogni peccato, dilaga. E l’uomo diventa diffidente della donna e la donna dell’uomo. E l’uomo e la donna diffidenti della terra. E la terra diffidente di loro. E oggi siamo in grande peccato, siamo nell’indifferenza, ma, ancor più, nella diffidenza.

Siamo in crescita esponenziale della diffidenza. Siamo nella grande diffidenza. E la gente, noi tutti a dire: “Che brutto vivere! Dov’è la bellezza in un mondo dove siamo in fuga da Dio, dai vicini, dai lontani, dalla terra di tutti?”. E ciascuno a farsi isola, a farsi la sua terra, lontano.

Dove sei? Buona notizia un Dio che ci ha concepiti, pensati nella luce. E non desiste dal concepirci, dal pensarci così, nella luce. Dio, impenitente sognatore, riprende di nuovo il sogno. Nonostante la fuga, nonostante la diffidenza, nonostante gli sconfinamenti: l’angelo, il suo angelo, entra.

“Entrando da lei” è scritto nel racconto dell’annunciazione. Entra in una casa da niente. Entra da lei, entra nella storia di una giovane donna chiamata Miriam, una sconosciuta agli occhi dei grandi. È il miracolo di Dio, capite, un miracolo che precede ogni merito. Ti raggiunge che ancora stai per essere tessuta nel grembo. E, in un certo senso, è bello che il vangelo dell’Immacolata concezione si fermi qui, a dirci che Maria e ciascuno di noi, come ci ha ricordato Paolo nella lettera, è amato. Non per i suoi meriti. Pura grazia. Amato gratuitamente.

Ma il vangelo continua. Continua per dirci che cos’è la grazia – abbiamo ridotto a una cosa persino la grazia – per dirci che cos’è la grazia da parte di Dio e che cos’è la grazia da parte nostra. È il contrario della radice del peccato che è la diffidenza, il contrario della fuga, il rovescio della fuga. Dio non è in fuga – dice l’angelo – è con te: “Il Signore è con te”. Comunque. Per grazia. Non è un Dio diffidente. È un Dio che si consegna. E da parte degli umani? Che cosa è grazia, che cosa è vivere nella grazia? Al di là di tante elucubrazioni ed astruserie? È dire come Maria “eccomi”, il contrario della diffidenza, il contrario della fuga.

Questo ci rende senza macchia. Quella di Maria non è una immacolatezza avulsa dalla terra, distaccata, a mezz’aria. Questa è una brutta immagine della immacolatezza. Al contrario è dire “eccomi”, a Dio, a chi ci vive accanto, a chi è vicino e a chi è lontano. Alle case e alle città. Nei giorni buoni e in quelli difficili. Al mattino quando mi sveglio e nella notte quando vado a riposare: “Eccomi”. Come Maria.

Pensate alla bellezza di questa espressione, piccola, che è entrata anche nel gergo comune, quando diciamo: “eccoci, siamo qui”. E non è semplicemente dire eccomi “per le cose” che do, ma dire: ecco me. Ci sono per te, per voi, con quello che sono, con la mia anima e con il mio corpo, con i miei pensieri e con i miei sentimenti, con la mia passione, con quello che sono.

Che grazia trovare qualcuno che ti dice “eccomi”. È la grazia e la bellezza della terra, finalmente libera dalla diffidenza, dalla fuga, dalla paura.

E’ una benedizione: “Ci ha benedetti Dio”!

Don Angelo Casati
http://www.sullasoglia.it

La nostra eredità

La liturgia di oggi ci conduce a riscoprire” a quale speranza siamo stati chiamai, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi”. (Ef 1,18)
L’ itinerario ci viene tracciato dalle letture che la Chiesa consegna alla nostra fede perché possiamo rinnovare la nostra adesione al Signore Gesù Cristo sotto lo sguardo di Maria, Madre di Dio e Madre nostra.
La prima lettura tratta dal libro della Genesi, fa risuonare nel cuore dell’esperienza del peccato la domanda di Dio: “Adamo dove sei?”. Una domanda questa che non vuole essere espressione di ira o di giudizio verso l’uomo che ha violato l’Alleanza con Dio, ma semplicemente una domanda che ci chiama a fare i conti con noi stessi, con le strade che abbiamo scelto e percorso fino ad ora, con tutto quello che la vita ogni giorno ci offre, nel bene e nel male: dove siamo oggi di fronte a questa Parola? Rispondere a questa domanda può essere un modo semplice, ma efficace per riuscire a fermarci nella nostra esperienza di fede e per renderci conto che camminare nella fede vuol dire coinvolgere la vita, quella concreta, quella feriale, quella quotidiana fatta di rapporti, di relazioni, di scelte, di sogni e di paure. E’ dentro questa vita che “Dio scende a camminare con noi alla brezza del giorno” (Gn 3,8) e rinnova per noi ogni istante la domanda:
“Adamo, dove sei?”.
A questa domanda Adamo risponde: “ho udito il tuo passo nel giardino, ho avuto paura perché ero nudo e mi sono nascosto”(Gn 3,10). Può essere questo un modo di rispondere alla domanda di Dio e, di fatto, è il modo che usiamo di più. Siamo spesso nascosti agli occhi del Padre perché convinti che la nostra nudità non può rimanere davanti alla sua santità. Ma la solennità che oggi celebriamo ci dice che esiste un’altra risposta a questa domanda, quella di Maria: “Eccomi sono la schiava del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Dentro queste Parole della Scrittura è contenuto il Mistero della solennità che oggi celebriamo, ma per riuscire a comprenderlo, a crederlo vivo e vero per la nostra vita oggi occorre, come diceva don Tonino Bello, togliere per un attimo a Maria il manto bellissimo e la corona splendida con cui la Chiesa ce la fa vedere e riscoprirla “donna dei nostri giorni”, perché è così che il Vangelo di oggi ce la presenta.
Questa donna come noi, on una vita ordinaria come la nostra, con un amore nel cuore che la spinge a progettare la sua vita insieme a Giuseppe, questa donna dunque, come risponde alla domanda di Dio?
Risponde con il turbamento, “a quelle parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto” (Lc 1,29); risponde con un’altra domanda: “come è possibile?” (Lc 1,34); ma alla fine è capace di cambiare la risposta di Adamo ed in quell’ “Eccomi” rinnova la creazione, restituendo sulle nostre labbra la risposta per la quale siamo stati creati.
Quale dunque la via per noi? Ce la indica san Paolo nella seconda lettura: “In Lui (In Cristo) ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto nell’amore” (Ef 1,4). La festa che celebriamo oggi allora è la festa di quell’eccomi che ci rispalanca le porte del progetto di Dio, che lo rende di nuovo accessibile alla nostra vita piccola e povera, ma fatta per Dio: l’Immacolata Concezione di Maria fa di noi coloro che sono chiamati ad essere “santi e immacolati nell’amore”.
“Adamo, dove sei?”. “Eccomi sono la serva del Signore”.
E tu dove sei?

Clarisse di Sant’Agata 
http://www.clarissesantagata.it

Dire SÌ ad una vita bella
Papa Francesco 

Oggi contempliamo la bellezza di Maria Immacolata. Il Vangelo, che narra l’episodio dell’Annunciazione, ci aiuta a capire quello che festeggiamo, soprattutto attraverso il saluto dell’angelo. Egli si rivolge a Maria con una parola non facile da tradurre, che significa “colmata di grazia”, “creata dalla grazia”, «piena di grazia» (Lc 1,28). Prima di chiamarla Maria, la chiama piena di grazia, e così rivela il nome nuovo che Dio le ha dato e che le si addice più del nome datole dai suoi genitori. Anche noi la chiamiamo così, ad ogni Ave Maria.

Che cosa vuol dire piena di grazia? Che Maria è piena della presenza di Dio. E se è interamente abitata da Dio, non c’è posto in lei per il peccato. È una cosa straordinaria, perché tutto nel mondo, purtroppo, è contaminato dal male. Ciascuno di noi, guardandosi dentro, vede dei lati oscuri. Anche i più grandi santi erano peccatori e tutte le realtà, persino le più belle, sono intaccate dal male: tutte, tranne Maria. Lei è l’unica “oasi sempre verde” dell’umanità, la sola incontaminata, creata immacolata per accogliere pienamente, con il suo “sì”, Dio che veniva nel mondo e iniziare così una storia nuova.

Ogni volta che la riconosciamo piena di grazia, le facciamo il complimento più grande, lo stesso che le fece Dio. Un bel complimento da fare a una signora è dirle, con garbo, che dimostra una giovane età. Quando diciamo a Maria piena di grazia, in un certo senso le diciamo anche questo, al livello più alto. Infatti la riconosciamo sempre giovane, perché mai invecchiata dal peccato. C’è una sola cosa che fa davvero invecchiare, invecchiare interiormente: non l’età, ma il peccato. Il peccato rende vecchi, perché sclerotizza il cuore. Lo chiude, lo rende inerte, lo fa sfiorire. Ma la piena di grazia è vuota di peccato. Allora è sempre giovane, è «più giovane del peccato», è «la più giovane del genere umano» (G. Bernanos, Diario di un curato di campagna, II, 1988, p. 175).

La Chiesa oggi si complimenta con Maria chiamandola tutta bella, tota pulchra. Come la sua giovinezza non sta nell’età, così la sua bellezza non consiste nell’esteriorità. Maria, come mostra il Vangelo odierno, non eccelle in apparenza: di semplice famiglia, viveva umilmente a Nazaret, un paesino quasi sconosciuto. E non era famosa: anche quando l’angelo la visitò nessuno lo seppe, quel giorno non c’era lì alcun reporter. La Madonna non ebbe nemmeno una vita agiata, ma preoccupazioni e timori: fu «molto turbata» (v. 29), dice il Vangelo, e quando l’angelo «si allontanò da lei» (v. 38), i problemi aumentarono.

Tuttavia, la piena di grazia ha vissuto una vita bella. Qual era il suo segreto? Possiamo coglierlo guardando ancora alla scena dell’Annunciazione. In molti dipinti Maria è raffigurata seduta davanti all’angelo con un piccolo libro in mano. Questo libro è la Scrittura. Così Maria era solita ascoltare Dio e intrattenersi con Lui. La Parola di Dio era il suo segreto: vicina al suo cuore, prese poi carne nel suo grembo. Rimanendo con Dio, dialogando con Lui in ogni circostanza, Maria ha reso bella la sua vita. Non l’apparenza, non ciò che passa, ma il cuore puntato verso Dio fa bella la vita. Guardiamo oggi con gioia alla piena di grazia. Chiediamole di aiutarci a rimanere giovani, dicendo “no” al peccato, e a vivere una vita bella, dicendo “sì” a Dio.

Angelus, 8.12.2017

Ogni anno, l’8 dicembre, la Chiesa celebra solennemente l’Immacolata Concezione della Vergine Maria. Già nel secondo secolo, Sant’Ireneo salutava in Maria La « Nuova Eva ». Era il primo presagio del dogma dell’Immacolata Concezione che il Papa Pio IX definì solennemente nel 1854.

In effetti, Maria è stata creata da Dio «Piena-Ricolma di grazia». Nella sua persona, la vittoria del Cristo su Satana è completa: è per una grazia già proveniente dalla morte e dai meriti di Suo Figlio che Maria è stata così preservata da ogni macchia. In questo modo Dio ha voluto preparare a Suo Figlio una dimora degna di Lui. Le parole che seguono svelano il perché della gioia: sei piena di grazia. “Immacolata” vuol dire: senza peccato, ma soprattutto: “piena-ricolma di grazia”.

L’angelo a Maria (Vangelo) dice tre parole: rallegrati, non aver paura, il Signore è con te. – Rallegrati! È il primo invito che l’angelo, cioè Dio, rivolge a Maria: un invito alla gioia. Una volta “kaire” era stato tradotto con “ave”, poi con “ti saluto” ora invece con “rallegrati”, che esprime molto meglio il suo significato più profondo.

Sii felice. La prima parola che Dio fa entrando nel mondo, è un invito alla gioia. Non dice: convertiti. Non invita a fare penitenza. Non dice nemmeno: devi pregare. Dice invece: “sii felice”. Apriti alla gioia! Un invito, rivolto non soltanto a Maria, ma ad ognuno di noi. In questi momenti di crisi, di paure, di difficoltà, chi non sente il bisogno di un po’ di serenità?

Maria non è una statua da venerare. Nel suo Vangelo, Luca ci presenta invece Maria come una donna da imitare. Maria è una donna reale, una donna vera, semplice, una ragazza di 16 anni, immersa nella vita della gente di Nazareth, un paesino sperduto tra le montagne della Galilea. Gesù inizia la sua avventura umana non nel tempio, non in un palazzo, ma in una casa di povera gente, incarnandosi in un fragile corpo di donna.

Come ognuno di noi, Maria ha conosciuto le gioie e le fatiche della vita. Proprio per questo Maria con il suo esempio ci aiuta a vivere, ci aiuta a sperare, ci aiuta a credere. Ed è proprio questo il messaggio del vangelo di oggi.

Il benessere ci illude tutti. Crediamo che basti un’auto nuova, un vestito nuovo, un telefonino nuovo, uno stipendio più alto, garanzie di maggior benessere, per soddisfare il nostro desiderio profondo di gioia. Invece sperimentiamo quotidianamente che abbiamo bisogno di qualcosa di più profondo; abbiamo bisogno di Qualcuno che venga da fuori: il figlio di Maria, Gesù, nostro vero e unico Salvatore.

La gioia la desideriamo tutti, ma sappiamo tutti che è fragile, è difficile da vivere. La gioia non si può comperarla al supermercato, ottenerla con un telecomando. La gioia è un dono che si deve curare, che bisogna conquistare.

Spesso ci chiediamo: ma come si può essere felici quando attorno a noi ci sono continuamente disastri, odio, guerre, fame? Come possiamo gioire di fronte alle tante lacrime che ci accompagnano ogni giorno? L’evangelista Luca, presentandoci Maria come esempio di vita, ci indica la strada. «Non temere. Il Signore è con te»

Maria, come noi, ha dubbi e paure. Anche lei come noi ha bisogno di serenità, di fiducia, di speranza. La gioia a cui Maria e anche noi siamo invitati, non è un ingenuo ottimismo. Non è un modo facile per illudersi. È una gioia interiore che nasce dalla fede.

L’espressione “non temere” nella Bibbia la troviamo ben 365 volte. Ogni giorno Dio ci dice: non aver paura. Io ti accompagno. Io ti difendo. Io ti aiuto. La paura fa brutti scherzi. La paura ci blocca. Ci soffoca. Tutti abbiamo paura di una malattia, del futuro, della morte.

Siamo presi da tante cose e ci dimentichiamo di prenderci cura della nostra interiorità. Se siamo vuoti dentro, difficilmente riusciamo ad affrontare le fatiche della vita.

L’invito che Dio fa anche a noi: Sii sereno! Abbi fiducia! Non aver paura: non vuol dire far finta che non ci siano problemi. Vuol dire invece: sappi godere di quello che sei, di quello che hai. Impara ad accettarti! E ad accettare gli altri, come sono.

E accettarsi con i propri limiti non vuol dire rassegnarsi. Vuol dire invece, guardare la realtà per quello che è, con tutti i suoi limiti. Vuol dire imparare a godere delle cose essenziali. Vuol dire avere il coraggio ogni giorno di ri-cominciare.

La prima parola di Maria non è il “sì” che ci saremmo aspettati, ma la sospensione di una domanda: come avverrà questo? Matura e intelligente, vuole capire per quali vie… Porre domande a Dio non è mancare di fede, anzi è voler crescere nella consapevolezza.

Dove sta la grandezza di Maria? Nel suo: “Eccomi. Sono la serva del Signore”. Maria ha aperto la porta ad uno che bussava al suo cuore. Maria ha lasciato che Dio potesse entrare nella sua vita.

Lasciamo che, in questo Avvento-Natale, Dio possa entrare anche in ognuno di noi: con una buona confessione, pentimento dei nostri peccati, desiderio di vivere in grazia di Dio, pregando di più e meglio, impegnandoci con gesti di solidarietà verso il prossimo.