Il libro di DANIELE
Conversazioni bibliche di don Claudio Doglio

Daniele alla corte del re (cap. 1)
Il Libro di Daniele si divide nettamente in due parti. I primi sette capitoli costituiscono una specie di unità, un grande blocco costruito in modo concentrico; andiamo però lentamente ad analizzare il testo, è inutile che mi metta a dare dei numeri e delle organizzazioni particolari. Proviamo a vedere come inizia. Non inizia come i libri dei profeti. Provate a leggere tutti gli incipit di tutti gli altri profeti e vedrete che sono diversi da questo.
1,1L’anno terzo del regno di Ioiakìm, re di Giuda, Nabucodònosor, re di Babilonia, marciò su Gerusalemme e la cinse d’assedio. 2Il Signore diede Ioiakìm, re di Giuda, nelle sue mani, insieme con una parte degli arredi del tempio di Dio, ed egli li trasportò nel paese di Sinar, nel tempio del suo dio, e li depositò nel tesoro del tempio del suo dio.
Questa è una citazione dal Secondo Libro delle Cronache capitolo 36. Cominciamo quindi con una frase presa da un altro libro scritto nella stessa epoca tardiva, in un ambiente chassidico, che ci offre il quadro della situazione. Questa è l‟ambientazione: Nabucodonosor deportò il re Ioiakìm, nel 597.
v. 3Il re ordinò ad Asfenàz, capo dei suoi funzionari di corte, di condurgli giovani israeliti di stirpe regale o di famiglia nobile, 4senza difetti, di bell’aspetto, dotati di ogni sapienza, istruiti, intelligenti e tali da poter stare nella reggia, e di insegnare loro la scrittura e la lingua dei Caldei
Qui comincia la storia, questa è la prima narrazione, un esempio, un classico esempio agiografico. Il re Nabucodonosor vuole una corte di ragazzi; di tutti i popoli che ha conquistato vuole dei ragazzi, belli, intelligenti, che devono essere istruiti per poter stare a corte, per fare gli inservienti, i valletti, i paggi.
v. 5Il re assegnò loro una razione giornaliera delle sue vivande e del vino che egli beveva; dovevano essere educati per tre anni, al termine dei quali sarebbero entrati al servizio del re. 6Fra loro vi erano alcuni Giudei: Daniele, Anania, Misaele e Azaria; 7però il capo dei funzionari di corte diede loro altri nomi, chiamando Daniele Baltassàr, Anania Sadrac, Misaele Mesac e Azaria Abdènego.
Vengono utilizzati tutti nomi simbolici, sia quelli in ebraico, sia quelli in babilonese, ma non è il caso che ci dilunghiamo. Daniele compare come un ragazzo insieme ad altri tre.
Il problema del cibo
Abbiamo notato che nelle descrizioni, nelle ambientazioni introduttive, si dà un grande rilievo al cibo. Tra tutte le cose che l’autore poteva dire a noi sarebbe interessata proprio poco la nota che il re assegnò a questo gruppo di giovani una razione giornaliera delle sue vivande e del vino che egli beveva; avremmo preferito altre informazioni. All’autore invece interessa soprattutto questo, perché il centro del racconto è proprio il mangiare.
Quale era il problema forte in quel momento? Adattarsi alle abitudini dei greci, mangiare come mangiavano i greci. Non però per tutti! Ci sono infatti delle tradizioni di purità, di rispetto, per cui i chassidîm devoti non mangiano quello che mangiano i pagani e rifiutano decisamente questi cibi immondi; addirittura possono essere uccisi. Ricordiamo i racconti di Eleazaro, dei sette fratelli con la madre, torturati perché mangiassero carne di maiale. Tutti loro si fanno ammazzare piuttosto che mangiarla (2Mc 6-7).
In quella situazione viene raccontata questa storia per formare quei ragazzi che poi saranno pronti a essere martiri. Immaginate quindi i sette fratelli, con la loro madre, come i destinatari di questo racconto; immaginatevi il vecchio maestro Eleazaro che racconta storia. A chi la racconta? A dei giovani chassidîm: “Una volta, tanto tempo fa, al tempo di Nabucodonosor, quando furono deportati, quattro giovani alla corte del re vennero educati per diventare inservienti di corte…
v. 8Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con le vivande del re e con il vino dei suoi banchetti e chiese al capo dei funzionari di non obbligarlo a contaminarsi. 9Dio fece sì che Daniele incontrasse la benevolenza e la simpatia del capo dei funzionari.
Qui ci sono delle reminiscenze del racconto di Giuseppe in Egitto: Daniele entra nella simpatia dei vari capi che lo aiutano.
v. 10Però egli disse a Daniele: «Io temo che il re, mio signore, che ha stabilito quello che dovete mangiare e bere, trovi le vostre facce più magre di quelle degli altri giovani della vostra età e così mi rendereste responsabile davanti al re».
Voi dovete fare bella figura, io voglio mantenervi bene.
v. 11Ma Daniele disse al custode, al quale il capo dei funzionari aveva affidato Daniele, Anania, Misaele e Azaria: 12«Mettici alla prova per dieci giorni, dandoci da mangiare verdure e da bere acqua, 13poi si confrontino, alla tua presenza, le nostre facce con quelle dei giovani che mangiano le vivande del re; quindi deciderai di fare con i tuoi servi come avrai constatato».
Dal momento che non si è sicuri che la carne sia pura, cioè che sia stata macellata bene e il vino può essere contaminato, l’unica soluzione è: verdure e acqua; quasi una dieta rigorosa, un digiuno penitenziale. Proviamo per dieci giorni. Nell’Apocalisse c’è un passaggio in cui si dice: “Avrete una prova di dieci giorni” è diventato un modo di dire: “una prova di dieci giorni”, è questa, è una verifica, è una piccola cosa dove se tu sei fedele sicuramente passi l’esame.
Una prova superata
v. 14Egli acconsentì e fece la prova per dieci giorni, 15al termine dei quali si vide che le loro facce erano più belle e più floride di quelle di tutti gli altri giovani che mangiavano le vivande del re. 16Da allora in poi il sovrintendente fece togliere l’assegnazione delle vivande e del vino che bevevano, e diede loro soltanto verdure. 17Dio concesse a questi quattro giovani di conoscere e comprendere ogni scrittura e ogni sapienza, e rese Daniele interprete di visioni e di sogni.
Ecco che si sta preparando il personaggio; Daniele diventa il grande sapiente che sa interpretare i sogni, sa leggere le Scritture, conosce i misteri reconditi. È la figura di questi saggi chassidîm che hanno delle visioni apocalittiche, cercano di interpretare i segni dei tempi e usano il linguaggio che poi diventerà quello comune che noi chiamiamo “apocalittica”.
v. 18Terminato il tempo, stabilito dal re, entro il quale i giovani dovevano essergli presentati, il capo dei funzionari li portò a Nabucodònosor. 19Il re parlò con loro, ma fra tutti non si trovò nessuno pari a Daniele, Anania, Misaele e Azaria, i quali rimasero al servizio del re; 20su qualunque argomento in fatto di sapienza e intelligenza il re li interrogasse, li trovava dieci volte superiori a tutti i maghi e indovini che c’erano in tutto il suo regno. 21Così Daniele vi rimase fino al primo anno del re Ciro.
Il primo anno di Ciro è 538, siamo quindi sessanta anni dopo la deportazione di Ioiakìm e la conquista del tempio da parte di Nabucodonosor del 597; sessant’anni dopo Daniele c’è ancora. Poi però c’è ancora con Dario e alla fine è… ancora un ragazzino. È un personaggio immaginario, non è una figura storica e di lui si racconta una vita nella quale è sempre giovane, anche sessant’anni dopo.
Che cosa vuole insegnare questo racconto? Bisogna essere coerenti, avere il coraggio della propria identità! Questi giovani non vogliono contaminarsi, vogliono rimanere fedeli alle loro tradizioni ebraiche, studiano la cultura degli altri popoli, ma non perdono le loro caratteristiche e il Signore li approva: sono più belli degli altri e più intelligenti degli altri e mangiano solo cibi leciti. La morale della storia è chiara: non contaminatevi con i cibi immondi.
Il sogno di Nabucodonosor (cap. 2)
Il secondo capitolo è di tutt’altro genere. Non andiamo semplicemente avanti nella storia, ma cambiano completamente ambiente, situazione e genere letterario; qui ci troviamo di fronte a un testo apocalittico, un testo importante della apocalittica giudaica.
2,1Nel secondo anno del suo regno, Nabucodònosor fece un sogno e il suo animo ne fu tanto agitato da non poter più dormire.
Ho già detto che in questo libro ci sono dei ricordi della storia di Giuseppe; lo schema di questo racconto riprende infatti quello di Giuseppe. Là il faraone aveva fatto un sogno e chi glielo ha interpretato? Giuseppe. Qui c’è una storia simile: Nabucodonosor fa un sogno e l’unico che è in grado di interpretarlo è naturalmente il nostro Daniele.
I maghi di corte
Nabucodonosor rimane molto agitato da questo sogno…
v. 2Allora il re ordinò che fossero chiamati i maghi, gli indovini, gli incantatori e i Caldei a spiegargli i sogni. Questi vennero e si presentarono al re. 3Egli disse loro: «Ho fatto un sogno e il mio animo si è tormentato per trovarne la spiegazione». 4I Caldei risposero al re: «O re, vivi per sempre. Racconta il sogno ai tuoi servi e noi te ne daremo la spiegazione». 5Rispose il re ai Caldei: «La mia decisione è ferma: se voi non mi fate conoscere il sogno e la sua spiegazione, sarete fatti a pezzi e le vostre case saranno ridotte a letamai. 6Se invece mi rivelerete il sogno e la sua spiegazione, riceverete da me doni, regali e grandi onori. Rivelatemi dunque il sogno e la sua spiegazione».
Mica scemo il re! Qui c’è un passaggio in avanti rispetto al faraone. Nabucodonosor convoca tutti i maghi però dice: sulla spiegazione voi mi potete raccontare quello che volete, se siete effettivamente dei maghi dovete però sapere che sogno ho fatto. Se sapete dirmi che sogno ho fatto ho la prova delle vostre capacità e allora io mi fido di voi perché mi diate la spiegazione, ma se non me lo dite trasformo le vostre case in letamai. Originale come immagine.
v. 7Essi replicarono: «Esponga il re il sogno ai suoi servi e noi ne daremo la spiegazione». ! 8Rispose il re: «Comprendo bene che voi volete guadagnare tempo, perché vedete che la mia decisione è ferma. 9Se non mi fate conoscere il sogno, una sola sarà la vostra sorte. Vi siete messi d’accordo per darmi risposte astute e false, in attesa che le circostanze mutino. Perciò ditemi il sogno e io saprò che voi siete in grado di darmene anche la spiegazione». 10I Caldei risposero davanti al re: «Non c’è nessuno al mondo che possa soddisfare la richiesta del re: difatti nessun re, per quanto potente e grande, ha mai domandato una cosa simile a un mago, indovino o Caldeo. 11La richiesta del re è tanto difficile, che nessuno ne può dare al re la risposta, se non gli dèi la cui dimora non è tra gli uomini».
È chiaro che il narratore ha enfatizzato che questa cosa è impossibile agli uomini.
v. 12Allora il re andò su tutte le furie e, acceso di furore, ordinò che tutti i saggi di Babilonia fossero messi a morte. 13Il decreto fu pubblicato e già i saggi venivano uccisi; anche Daniele e i suoi compagni erano ricercati per essere messi a morte. 14Ma Daniele rivolse parole piene di saggezza e di prudenza ad Ariòc, capo delle guardie del re, che stava per uccidere i saggi di Babilonia, 15e disse ad Ariòc, ufficiale del re: «Perché il re ha emanato un decreto così severo?». Ariòc ne spiegò il motivo a Daniele. 16Egli allora entrò dal re e pregò che gli si concedesse tempo: egli avrebbe dato la spiegazione del sogno al re.
Ci accorgiamo che non è possibile una composizione storica. Qui ci troviamo di fronte a un racconto che sa di favola. Nabucodonosor condanna a morte tutti i saggi, naturalmente quello giusto si salva, prende tempo, riesce ad andare da Nabucodonosor come se niente fosse, chiede un po’ di tempo per pensarci e il re glielo concede.
A Daniele è rivelato il mistero
17Poi Daniele andò a casa e narrò la cosa ai suoi compagni, Anania, Misaele e Azaria, 18affinché implorassero misericordia dal Dio del cielo riguardo a questo mistero,
È la prima volta che nella Bibbia compare la parola “mistero”. È il Libro di Daniele, un testo apocalittico, che introduce il linguaggio del mistero, inteso come il progetto di Dio recondito, non facilmente conoscibile. Questo è un testo scritto in aramaico, non in ebraico; a partire dal cap. 2 inizia infatti il testo in aramaico. Mistero si dice “raz”, in greco viene tradotto con «musth,rion» (mystérion), e noi in italiano abbiamo mantenuto la trascrizione del greco “mistero”.
Il gruppetto di questi giovani giudei implora la misericordia dal Dio del cielo riguardo a questo mistero… perché Daniele e i suoi compagni non fossero messi a morte insieme con tutti gli altri saggi di Babilonia.
v. 19Allora il mistero fu svelato a Daniele in una visione notturna; perciò Daniele benedisse il Dio del cielo:
Il saggio prega per avere illuminazione e il mistero viene rivelato. È la manifestazione – in greco apocalisse – la rivelazione del progetto di Dio e allora il saggio Daniele benedice, formula la preghiera di benedizione.
20«Sia benedetto il nome di Dio di secolo in secolo, perché a lui appartengono la sapienza e la potenza. 21Egli alterna tempi e stagioni, depone i re e li innalza, concede la sapienza ai saggi, agli intelligenti il sapere. 22Svela cose profonde e occulte e sa quello che è celato nelle tenebre, e presso di lui abita la luce. 23Gloria e lode a te, Dio dei miei padri, che mi hai concesso la sapienza e la forza, mi hai manifestato ciò che ti abbiamo domandato e ci hai fatto conoscere la richiesta del re».
Questa è una bella preghiera che non conosciamo, non usiamo; è un modo con cui il saggio intelligente ringrazia Dio della illuminazione che gli ha dato. A questo punto è pronto:
v. 24Allora Daniele si recò da Ariòc, al quale il re aveva affidato l’incarico di uccidere i saggi di Babilonia, si presentò e gli disse: «Non uccidere i saggi di Babilonia, ma conducimi dal re e io gli rivelerò la spiegazione del sogno». 25Ariòc condusse in fretta Daniele alla presenza del re e gli disse: «Ho trovato un uomo fra i Giudei deportati, il quale farà conoscere al re la spiegazione del sogno».
Ma Daniele non era già a corte? Non era già uno dei quattro migliori giovani che Nabucodonosor conosceva? Ci accorgiamo allora che questa storia è indipendente dalla precedente. Questo è semplicemente uno dei deportati e il capo della guardie porta dal re questo giovanotto: “C’è uno che dice di essere in grado di spiegare il sogno”.
v. 26Il re disse allora a Daniele, chiamato Baltassàr: «Puoi tu davvero farmi conoscere il sogno che ho fatto e la sua spiegazione?». 27Daniele, davanti al re, rispose: «Il mistero di cui il re chiede la spiegazione non può essere spiegato né da saggi né da indovini, né da maghi né da astrologi; 28ma c’è un Dio nel cielo che svela i misteri ed egli ha fatto conoscere al re Nabucodònosor quello che avverrà alla fine dei giorni.
Daniele afferma che la spiegazione del sogno è la rivelazione di un mistero relativo alla fine dei giorni, quindi il testo sta contenendo una profezia escatologica, quello che avverrà alla fine. Tutto questo racconto, fino adesso, è stato messo in piedi per avere una cornice narrativa avvincente, adesso arriva il pezzo forte. Questo è un brano apocalittico, è una rivelazione del mistero.
Ecco dunque qual era il tuo sogno e le visioni che sono passate per la tua mente, mentre dormivi nel tuo letto.
Quindi, grazie al Dio che è nel cielo, Daniele può rivelare al re il sogno, cosa che nessuno al mondo potrebbe fare. Ed ecco la descrizione.
v. 29O re, i pensieri che ti sono venuti mentre eri a letto riguardano il futuro; colui che svela i misteri [Dio] ha voluto farti conoscere ciò che dovrà avvenire.
Conoscere quello che avverrà tra centinaia di anni non interessa però ai contemporanei, interessa a quelli che vengono parecchio tempo dopo. Spiegare a Nabucodonosor quello che capiterà secoli dopo non serve; serve a quelli che vivono quasi cinquecento anni dopo perché Daniele spiega la storia dall’esilio fino alla persecuzione dei Maccabei. Lui finge di prevedere un fatto già accaduto, ecco perché viene scelto come protagonista un personaggio antico. È come se voi raccontaste una storia dove santa Teresa interpreta un sogno che riguarda la storia del mondo fino a oggi e dà delle chiavi di lettura per interpretare le varie vicende.
v. 30Se a me è stato svelato questo mistero, non è perché io possieda una sapienza superiore a tutti i viventi, ma perché ne sia data la spiegazione al re e tu possa conoscere i pensieri del tuo cuore.
La capacità di interpretare questo mistero è quindi un dono che viene dall’alto, è una illuminazione che permette di conoscere i pensieri del cuore.
Il sogno
31Tu stavi osservando, o re, ed ecco una statua, una statua enorme, di straordinario splendore, si ergeva davanti a te con terribile aspetto. 32Aveva la testa d’oro puro, il petto e le braccia d’argento, il ventre e le cosce di bronzo, 33le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte d’argilla. 34Mentre stavi guardando, una pietra si staccò dal monte, ma senza intervento di mano d’uomo, e andò a battere contro i piedi della statua, che erano di ferro e d’argilla, e li frantumò. 35Allora si frantumarono anche il ferro, l’argilla, il bronzo, l’argento e l’oro e divennero come la pula sulle aie d’estate; il vento li portò via senza lasciare traccia, mentre la pietra, che aveva colpito la statua, divenne una grande montagna che riempì tutta la terra.
C’è una storia in questo sogno, molto bella come immagine, è una visione apocalittica di prim’ordine.
v. 36Questo è il sogno: ora ne daremo la spiegazione al re.
Abbiamo notato che si parte dalla testa e si scene fino ai piedi e il materiale diminuisce di valore; ci sono quattro metalli diversi: oro, argento, bronzo, ferro, poi c‟è una divisione e i piedi sono misti: ferro e argilla.
Le spiegazioni riguardano gli imperi che si succedono. La testa d’oro rappresenta i babilonesi, il petto d’argento sono i Medi, le gambe di bronzo sono i persiani e le due gambe di ferro sono le due dinastie greche: i Seleucidi di Siria e i Tolomei di Egitto; sono gli ultimi e i piedi sono mescolati, un po’ di ferro e un po’ di argilla. Questa è l’epoca in cui vivono i destinatari del libro, è la situazione peggiore che ci sia, perché peggio di oggi non è mai andata, così dicono sempre tutti.
v. 37Tu, o re, sei il re dei re; a te il Dio del cielo ha concesso il regno, la potenza, la forza e la gloria. 38Dovunque si trovino figli dell’uomo, animali selvatici e uccelli del cielo, egli li ha dati nelle tue mani; tu li domini tutti: tu sei la testa d’oro. 39Dopo di te sorgerà un altro regno [i Medi], inferiore al tuo; poi un terzo regno, quello di bronzo, che dominerà su tutta la terra [i Persiani]. 40Ci sarà poi un quarto regno,
È quello dei greci, il peggiore, perché è quello dei contemporanei, dei lettori del libro.
duro come il ferro: come il ferro spezza e frantuma tutto, così quel regno spezzerà e frantumerà tutto. 41Come hai visto, i piedi e le dita erano in parte d’argilla da vasaio e in parte di ferro: ciò significa che il regno sarà diviso, ma ci sarà in esso la durezza del ferro, poiché hai veduto il ferro unito all’argilla fangosa. 42Se le dita dei piedi erano in parte di ferro e in parte d’argilla, ciò significa che una parte del regno sarà forte e l’altra fragile. 43Il fatto d’aver visto il ferro mescolato all’argilla significa che le due parti si uniranno per via di matrimoni, ma non potranno diventare una cosa sola, come il ferro non si amalgama con l’argilla fangosa.
Questa è storia contemporanea, sono le vicende dei matrimoni tra Seleucidi e Tolomei come tentativi politici di accordo, ma non riescono mai a unirsi.
Una profezia apocalittica
v. 44Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e non sarà trasmesso ad altro popolo:
Ecco, l’elemento più importante non è la statua, ma è la pietra che distrugge la statua. Perché si parla di una statua? Perché ce l’avevano sullo stomaco che Antioco avesse messo una statua di Zeus nel tempio. Allora fanno sognare a Nabucodonosor – che è vissuto quasi cinquecento anni prima – una statua che rappresenta l’impero, i poteri umani. È sempre peggio, più passa il tempo e più i governanti peggiorano e noi siamo alla fine dei tempi. Che cosa succederà? Ecco l’annuncio apocalittico: si stacca una pietra non mossa da mano d’uomo, cioè sarà un intervento divino che colpirà i piedi e manderà in frantumi tutta la statua, cioè il potere umano che diventa come pula che il vento disperde. Quella pietra diventa però una montagna. La pietra è l’intervento di Dio, un intervento non mosso da mano d’uomo. Noi leggiamo questo testo come una autentica profezia della incarnazione: quella pietra è il Messia che si stacca non mossa da mano d‟uomo. È Dio che interviene nella storia per un intervento proprio, divino, non umano. Quella pietra colpisce il principe di questo mondo, rompe il basamento delle forze umane, fa crollare la struttura perversa e diventa una montagna che riempie la terra.
È una autentica profezia che dice molto di più di quello che l’autore pensava. Lui pensava solo che se noi resistiamo riusciremo a far fuori i greci, il Signore ci aiuterà a vincere la guerra. Con questo sogno, però – proprio perché ispirato da Dio – il narratore ha detto qualcosa di molto più grande rispetto a quello che lui stesso pensava. È chiaro che questa storia l’ha inventata di sana pianta e che ha una bella fantasia. Ha inventato il sogno del re, ha inventato la spiegazione, ma – mentre quest’uomo inventava per insegnare – era ispirato da Dio. Certo. L’ispirazione sta nell’invenzione; Dio l’ha ispirato a raccontarti questa storia, perché questa storia ti comunica un messaggio. Non ti comunica che è vero quel che è successo, ma ti comunica veramente che Dio interverrà. Questo è l’elemento profetico. Anche Gesù quando racconta le parabole se le inventa tutte; le parabole di Gesù sono tutte storie inventate, eppure comunicano un messaggio importantissimo. Non è importante che il buon samaritano sia esistito davvero, è importante quello che è descritto in quell‟episodio.
v. 44Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e non sarà trasmesso ad altro popolo: stritolerà e annienterà tutti gli altri regni, mentre esso durerà per sempre. 45Questo significa quella pietra che tu hai visto staccarsi dal monte, non per intervento di una mano, e che ha stritolato il ferro, il bronzo, l’argilla, l’argento e l’oro. Il Dio grande ha fatto conoscere al re quello che avverrà da questo tempo in poi. Il sogno è vero e degna di fede ne è la spiegazione». 46Allora il re Nabucodònosor si prostrò con la faccia a terra, adorò Daniele e ordinò che gli si offrissero sacrifici e incensi.
Quest’uomo è un Dio…
v. 47Quindi, rivolto a Daniele, gli disse: «Certo, il vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei re e il rivelatore dei misteri, poiché tu hai potuto svelare questo mistero». 48Il re esaltò Daniele e gli fece molti preziosi regali, lo costituì governatore di tutta la provincia di Babilonia e capo di tutti i saggi di Babilonia; 49su richiesta di Daniele, il re fece amministratori della provincia di Babilonia Sadrac, Mesac e Abdènego. Daniele rimase alla corte del re.
Una carriera strepitosa; questi quattro ebrei sono diventati governatori di tutta Babilonia in forza della loro sapienza.
Nel capitolo 3 i quattro giudei vengono poi condannati a morte perché non adorano la statua e quel Nabucodonosor che li ha adorati e ha conferito loro incarichi prestigiosi, è tornato indietro completamente, non capisce niente ed è presentato come il re pagano violento. Ma la storia del capitolo 3 non ha nulla a che fare con la storia del capitolo 2, è un’altra storia, non è una continuazione. Questo autore ha infatti cucito insieme storie diverse, ognuna con un proprio messaggio.
Il capitolo 2 corrisponde al capitolo 7 con un’altro sogno, quello delle bestie. Invece il capitolo tre, della fornace, corrisponde al capitolo 6 con la fossa dei leoni e il capitolo 4, il giudizio contro Nabucodonosor, corrisponde al capitolo 5, il giudizio contro Baldassar. Il libro è stato compilato con capitoli corrispondenti incrociati, quindi sono stati messi con un certo ordine, però noi dobbiamo imparare a leggerli come quadretti che hanno un messaggio ciascuno. Il primo è un semplice esempio da imitare, il secondo è un trattato di teologia apocalittica, la rivelazione del mistero.
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Corso Biblico tenuto da Don Claudio Doglio alle Monache Carmelitane di Genova nei mesi di ottobre-dicembre 2011