Il Re, crocifisso con noi malfattori
Anno C – 34a Domenica del Tempo Ordinario
Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo
Luca 23,35-43: “Oggi con me sarai nel paradiso”
Oggi, ultima domenica dell’anno liturgico, celebriamo la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. Questa festività fu introdotta da Papa Pio XI nel 1925, in un periodo storico segnato dalle difficoltà e dalle turbolenze del primo dopoguerra. Pio XI era convinto che solo la proclamazione della regalità di Cristo su tutti i popoli e le nazioni potesse garantire la pace. Con la riforma liturgica, in seguito al Concilio Vaticano II, la festività è stata collocata alla fine dell’anno liturgico, come sua naturale conclusione.
Il testo del Vangelo di oggi è preso da san Luca, che ci ha accompagnato durante quest’anno liturgico, ciclo C.
La Madre del Re e il suo lungo travaglio
Luca dà l’avvio al suo vangelo con il racconto di una doppia visita celeste: quella a Zaccaria, nel tempio di Gerusalemme, e quella a Maria, a Nazareth in Galilea. A Maria l’angelo Gabriele fa un solenne e impressionante annuncio e promessa: “Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1,31-33). Figlio dell’Altissimo e Re! Tre volte viene sottolineata la sua regalità e per due volte ribadito che essa sarà eterna.
Tutto il vangelo di Luca si svolge attorno a questa promessa, portata avanti però in tempi lentissimi per le nostre aspettative e in modo paradossale per i nostri criteri.
- Un re in balia dell’imperatore di Roma. Maria è costretta ad andare a partorire a Betlemme. La Parola le viene in aiuto: Davide suo padre è nato a Betlemme!
- Un re che nasce in una stalla. La Parola però le ricorda che Dio scelse Davide suo servo “e lo prese dagli ovili delle pecore” (Sal 78,70).
- Un re che deve fuggire alla furia omicida di Erode. La Parola di Dio la sostiene ancora una volta: anche Davide fu un fuggiasco per scappare dal re Saul.
- Un re che va a dimorare nella periferia del regno, in uno sperduto villaggio di Galilea chiamato Nazareth. Anche qui la Parola viene in aiuto a Maria: “Sarà chiamato nazareno” (Mt 2,23). Il nome ebraico “Nazareth” ha la stessa radice verbale “naszar”, che significa “germoglio”, il germoglio di Davide (Is 11,1).
Ma poi seguono trenta lunghi anni in cui il Re fa il carpentiere, mettendo a dura prova la fede di Maria!
Il Re venuto da lontano per rivendicare il suo Regno
Tutto il vangelo di Luca si snoda attorno a questa doppia rivelazione: Gesù Figlio di Dio e Re Messia.
Nella prima parte, Gesù è proclamato Figlio di Dio dal Padre, nel battesimo e sul monte Tabor, ma solo Satana e gli indemoniati lo riconoscono come tale.
Nella seconda parte del vangelo di Luca, il Regno di Dio diventa il tema privilegiato della sua predicazione. A un certo momento Gesù si mette in viaggio verso Gerusalemme (Lc 9,51) per rivendicare il suo titolo di Re. Come egli stesso racconta in una parabola, mentre sale da Gerico verso la Città santa: “Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare” (Lc 19,12). Lo ottiene in occasione del “secondo battesimo” (vedi Lc 12,50), quello di sangue, sul trono della croce: “Costui è il re dei Giudei”.
Durante il percorso dalla Galilea verso Gerusalemme però Gesù si aliena man mano i suoi seguaci che si aspettano ben altro re. C’è ancora un tentativo entusiasta dei suoi concittadini galilei di proclamarlo re, col trionfale ingresso in Gerusalemme, fallito però subito. I capi religiosi e politici presto riprendono in mano la situazione. E la folla dei suoi simpatizzanti, intimorita e delusa, starà a guardare in attesa dell’evoluzione degli eventi. Così faranno anche i suoi discepoli.
Dunque un re senza regno, senza sudditi, senza esercito e luogotenenti. Il re si troverà solo!
Un re nel mirino della tentazione
Il suo titolo di Figlio di Dio era stato per tre volte messo alla prova da Satana: “Se tu sei Figlio di Dio…”. Adesso è “il momento fissato” per il ritorno dell’Avversario (vedi Lc 4,13). Infatti, il demonio torna alla carica per altre tre volte, attraverso tre protagonisti della crocifissione: i capi religiosi, i soldati e uno dei malfattori: “Se tu sei il Cristo, il re dei Giudei, salva te stesso”.
Se nella prima serie di tentazioni Gesù aveva cacciato via il demonio con la Parola, adesso lo fa con il Silenzio. Sì, parla tre volte: ma la prima e la terza rivolgendosi al Padre (Lc 23,34.46) e la seconda per rispondere alla supplica del secondo malfattore.
Un re con un solo suddito
“Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno. Gli rispose: In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”. È sorprendente! Questo malfattore è l’unico a riconoscere la regalità di Cristo e diventa il primo cittadino del suo Regno.
Secondo alcuni, il dialogo di Gesù con il secondo malfattore non è un semplice dettaglio aggiunto dall’evangelista, ma il punto culminante e centrale del quadro lucano della crocifissione (J.A. Fitzmyer e W. Trilling). In questo senso diventa la sintesi e l’apice della missione di Gesù, secondo il Vangelo di Luca: “Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto (Lc 19,10).
La tradizione apocrifa (Vangelo di Nicodemo, apocrifo del IV secolo) assegna al cosiddetto buon ladrone il nome di Disma o Dismas, e lo colloca alla destra di Gesù, mentre l’altro che lo insultava si chiamerebbe Gesta o Gestas. E Disma diventa… San Disma, molto popolare nel Medioevo. La Chiesa lo celebra il… 25 marzo, data collegata dalla tradizione alla morte di Gesù! “Santo subito!”, per direttissima, è il primo decreto del Re: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”! Nemmeno Giovanni Paolo II è riuscito in simile impresa, nonostante l’acclamazione popolare!
“Oggi stesso sarai con me nel paradiso!” San Luca è l’evangelista dell’oggi, semeron (dieci volte, otto delle quali sulla bocca di Gesù). È l’ultima volta che troviamo questo avverbio temporale. Sulle labbra di Gesù diventa la sua parola suprema. Si tratta dell’oggi della misericordia che ci introduce nell’OGGI eterno. Quindi, una parola piena di speranza e di consolazione, per Disma e per noi, visto che questo “oggi” dura ancora (Eb 3,13). Anzi, “Dio fissa di nuovo un giorno, oggi” (Eb 4,7) per ciascuno di noi. Come non approfittarne?
Gesta o Disma?
Il nome Gesta, in una interpretazione un po’ fantasiosa, potrebbe significare, dal latino “gesta” (imprese eroiche). Disma, invece, significherebbe “tramonto”, dal greco. Gesta e Disma potrebbero rispecchiare la nostra umanità, due maniere antagonistiche di condurre l’esistenza.
Tutti noi siamo dei “mal-fattori” e, prima o poi, ci ritroviamo, in qualche modo, sulla croce. E allora abbiamo solo due alternative: mettere la nostra fiducia nelle opere delle nostre mani o affidare nelle mani di Dio la nostra vita. Possiamo essere come Gesta e guardare indietro alle “gesta” del nostro passato: qualche rara volta orgogliosi delle nostre conquiste o, più spesso, delusi e amareggiati. O possiamo fare, invece, come Disma: guardare verso la croce del Re e implorare fiduciosi: Gesù, ricordati di me! Gesù, ricordati di me! Solo lui potrà riempire di luce serena il nostro tramonto!
P. Manuel João Pereira Correia, mccj

P. Manuel João, comboniano
Riflessione domenicale
dalla bocca della mia balena, la sla
La nostra croce è il pulpito della Parola