Di: Alberto Varinelli
5 Novembre 2025
Per gentile concessione di
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Ore 8:50 del giorno 2 novembre, dopo una bella celebrazione insieme alle Sorelle Clarisse di Boccaleone. È un giorno importante per i cristiani: innanzitutto perché è domenica, giorno del Signore; in secondo luogo, quest’anno la XXXI domenica del Tempo Ordinario coincide con la Commemorazione dei fedeli defunti, le cui letture vengono proclamate nella liturgia

200 funerali all’anno nella mia parrocchia

Che si dice oggi del morire? Vivo il mio ministero nella parrocchia di Seriate, città di oltre 25000 abitanti. I funerali religiosi, in media, sono circa 200 all’anno. Con i confratelli, ci impegniamo a curare bene il momento dell’incontro con la famiglia della persona venuta a mancare, la liturgia funebre e la predicazione, la benedizione al cimitero del feretro o, nella maggior parte dei casi ormai, dell’urna cineraria.

Vogliamo essere vicini con la speranza che scaturisce dalla fede a chi soffre per la morte di una persona cara.

“Ma ‘sta roba in chiesa, quanto dura”?

Quali percezioni, per me prete, su come la gente “sente” il morire? Parlo alla luce di quanto sperimento, tralasciando qui le diverse indagini e gli studi sul tema. La morte porta con sé una drammaticità non eliminabile, perché è una lacerazione: questa è una costante di ogni tempo. Ciò che si nota è che alla morte prova a dare un senso solo chi ha una certa età e la vede come un passaggio a un’esistenza ulteriore.

Anche per chi non frequenta spesso le nostre liturgie, la formazione ricevuta in passato fa sperare in una vita che, come dice il primo prefazio dei defunti, “non è tolta ma trasformata”.

Diversa è la percezione del mondo giovanile, che tiene ben lontana la questione della morte e talvolta lo fa in modo decisamente irrispettoso. Mi è capitato di benedire salme di nonni e nonne con i nipoti che ridevano tra loro, chiacchieravano con amici, chattavano durante la benedizione o chiedevano, pensando fossi sordo (lo so, porto male gli anni che ho… maledetti capelli, potevate restare un po’di più!) “ma sta roba di domani in chiesa quanto dura?”, accompagnati dallo sguardo imbarazzato del genitore che, anche più anziano di me, cercava di far capire ai figlioli che io ci sento e non era opportuna quella domanda, in quel momento.

Sperare è diventato difficile

Non generalizzo, ovviamente, ma non posso non preoccuparmi dinanzi alla perdita di ogni prospettiva che vada oltre questa vita. Sappiamo che, senza una scelta di fede, l’unico tempo che pare degno di considerazione è il presente e si può vivere l’esistenza intera sull’istante, sulla sola prospettiva del presente, mai orientato al futuro.

Tuttavia, è necessario che la nostra pastorale si interroghi sul venire meno della speranza della vita eterna, della comunione eterna con Dio e con quelle persone che hanno fatto parte della nostra vita e hanno affrontato il passaggio stretto della morte. Stiamo faticando a trovare e dare speranza, a tutti i livelli: certamente, oltre alla fatica più teologica della speranza escatologica, anche le fatiche che i giovani vivono nel dare stabilità alla loro vita, soprattutto a livello lavorativo, costituiscono un problema, perché condannano a una perenne precarietà che soffoca tutto nel presente e non lascia intravedere prospettive di futuro buone.

Don Sergio Colombo: “rannicchiato ai piedi del Signore Gesù nel sonno della morte”

Anche su questo la Chiesa deve riflettere e agire. Da parte mia, cerco di avere e dare speranza, come riesco, come posso. Sulla mia scrivania tengo il testamento di don Sergio Colombo, uomo di speranza. Vi faccio dono di alcune righe, che rileggo quasi quotidianamente, che sono per me invito a continuare a sperare, a fidarmi di Dio, a desiderare l’eternità con Lui.

Mi avete visto alcune volte piangere. Ma vi assicuro che sono state quasi sempre lacrime di dolcezza: la commozione di veder ritornare le persone e le cose belle della vita, a darmi fiducia anche per il viaggio misterioso dentro la morte. È la dolcezza di questi lunghi addii che mi sta dando la forza di mettermi, con tremore, rannicchiato ai piedi del Signore Gesù, in silenzio, nel sonno della morte, aspettando che la sua Parola mi risvegli con i miei fratelli. Ho tanta voglia di vedere il Signore, di incontrarlo. Sono curioso di vedere che cosa saprà darmi di più di quanto mi ha già dato in questa vita. Sono emozionato nel pensare a che cosa vorrà dire per me vivere accanto a lui! Ho voglia di ritrovare alcune persone il cui distacco mi ha lacerato. Ho voglia di ritrovare la bellezza di questo mondo che abbandono con tanta nostalgia.