Il 5 novembre offre l’occasione per commemorare una figura di frontiera, un uomo il cui destino si è intrecciato in modo indelebile con quello di un’intera nazione: Alexandre de Rhodes, il gesuita francese che non fu solo uno degli evangelizzatori più tenaci del Seicento asiatico, ma anche un geniale linguista e un pioniere il cui lascito materiale sopravvive, vivido, in ogni testo vietnamita moderno.

Un Ponte tra Due Mondi

Nato ad Avignone nel 1591, de Rhodes entrò nella Compagnia di Gesù spinto dall’ardore missionario che caratterizzava il suo ordine. Giunto in Asia nel 1619, non si limitò a predicare dall’alto di una presunta superiorità culturale. Al contrario, il suo genio risiedette nella capacità di immergersi, comprendere e sistematizzare la realtà che lo circondava. I suoi lunghi soggiorni in Vietnam (dal 1624 al 1630 e dal 1640 al 1645) non furono semplici “missioni”, ma un profondo dialogo, a volte conflittuale, con la cultura e la lingua locale.

La Genesi del Quốc Ngữ: Un’Innovazione Rivoluzionaria

Il contributo più duraturo di de Rhodes non è un’opera teologica, ma un alfabeto. Il Quốc Ngữ (letteralmente “scrittura nazionale”) non fu una sua invenzione ex-novo, ma il frutto maturo di un lavoro collettivo di missionieri europei, principalmente portoghesi e italiani, che per primi tentarono di trascrivere i toni e i fonemi della lingua vietnamita usando l’alfabeto latino.

Tuttavia, fu de Rhodes a compiere il passo decisivo. Con la precisione di un scienziato e la praticità di un evangelizzatore, sistematizzò, perfezionò e codificò quel sistema di scrittura. La sua opera fondamentale, il “Dizionario Annamita-Portoghese-Latino” (1651), pubblicato a Roma dopo la sua espulsione, e il catechismo “Phép Giảng Tám Ngày” (“L’ottavo giorno di predicazione”), divennero i testi fondativi di questa nuova scrittura.

La sua intuizione geniale fu l’introduzione di segni diacritici per indicare i toni, un elemento fonetico cruciale e distintivo del vietnamita. Senza questa soluzione elegante, la trascrizione sarebbe stata impossibile. Nacque così uno strumento di straordinaria efficacia ed eleganza, che trasformò una lingua orale complessa in una lingua scritta accessibile.

Zelo, Persecuzione e Visione Strategica

La sua attività missionaria, sebbene condotta con un rispetto insolito per la cultura locale, fu estremamente efficace e, per questo, percepita come una minaccia dalle autorità. Dopo anni di apostolato fecondo, nel 1645 fu processato, condannato a morte e, in un secondo tempo, “graziosamente” espulso.

Questo traumatico evento non fiaccò il suo spirito, ma lo spinse a pensare in grande. Rendendosi conto che l’evangelizzazione del Vietnam non poteva affidarsi solo a missionari europei, facilmente identificabili e espellibili, divenne un instancabile lobbista presso la Santa Sede. Fu il principale artefice della proposta di istituire un vicariato apostolico per la regione e di formare un clero locale. La sua insistenza portò, pochi anni dopo la sua morte, all’invio dei primi vicari apostolici, pionieri di una Chiesa radicata nel territorio.

Un’Eredità Complessa e Contemporanea

L’eredità di Alexandre de Rhodes è un paradosso fecondo. Creò il Quốc Ngữ per convertire, ma donò al Vietnam la chiave per la sua modernità. Nel periodo coloniale francese, il Quốc Ngữ fu promosso per frammentare l’identità culturale legata al cinese classico, ma fu lo stesso strumento che i nazionalisti vietnamiti del XX secolo adottarono per forgiare la coscienza anti-coloniale e costruire la nazione. Senza il Quốc Ngữ, la lotta per l’indipendenza e l’alfabetizzazione di massa sarebbero state impensabili.

Oggi, ogni vietnamita che legge un giornale, scrive un messaggio o pubblica un post sui social media, utilizza, consapevolmente o meno, il frutto del lavoro di quel gesuita del Seicento. Alexandre de Rhodes, quindi, non fu solo un evangelizzatore. Fu un architetto dell’identità. La sua storia ci ricorda che le parole, e i segni con cui le fissiamo, non sono mai strumenti neutri, ma veicoli di fede, di potere, di cultura e, in definitiva, di anima. La sua memoria vive in ogni parola vietnamita scritta, un monumento più duraturo del bronzo.