
Il Vangelo a colori
Di: Rosella Ferrari
Data: 28 Ottobre 2025
Per gentile concessione di
http://www.labarcaeilmare.it
“Quello che vedi è la predella”. La prima volta che ho visitato la chiesa di St. Hugues con Arcabas, come sempre incantata davanti a una tela o un’altra (mi succede ancora oggi: non mi abituerò mai a tanta bellezza…) mi ha detto questa frase. Giuro che al momento non avevo capito. So cos’è una predella: il completamento alla base dei polittici, che riassume in qualche modo – o completa – quanto è raffigurato sopra. Ne abbiamo magnifici esempi anche nelle nostre chiese di Bergamo e della provincia. Però…
La predella
Però di solito le predelle sono considerate accessorie all’insieme, mi verrebbe da dire non sempre indispensabili; tanto è vero che alcuni polittici ne sono privi, perché le predelle sono mancanti (per varie ragioni) o perché sono custodite in altri luoghi. Il polittico, però, “funziona” comunque. Quello stesso giorno, a pranzo, dissi ad Arcabas che non ero convinta della storia della predella e gli spiegai il perché . Quel vangelo dipinto a colori, quel susseguirsi di scene della vita di Gesù ma anche di qualcosa dell’antico testamento, era il cuore vero della chiesa e della sua decorazione. Era la parte principale del suo lungo lavoro. Era il suo messaggio affidato all’arte. Credo di essere stata molto intenta e intensa nel perorare il mio pensiero, che egli ascoltò con attenzione fino alla fine. Poi mi sorrise, mi accarezzò la mano e mi rispose che era tutto vero, che avevo capito perfettamente la situazione, e ne era davvero felice (aveva gli occhi lucidi, così lo abbracciai forte).
Alla fine fece una risatina e concluse: “comunque, è la predella”.
Il Vangelo a colori
Continuo a faticare a chiamare predella le 53 splendide tele che raccontano soprattutto la vita di Gesù: nessuna traccia degli episodi dell’Antico Testamento (il Dio di Arcabas è il papà di cui ci parla Gesù…), solo 8 tele sono legate in modo simbolico ai Libri Sequenziali; la metà circa delle tele raffigura invece in modo figurativo episodi dei Vangeli.
La “semplicità” delle predelle classiche è conservata in qualche modo nell’assoluta povertà dell’esposizione del terzo ciclo di decorazione, dipinto tra il 1985 e il 1986: immaginate una lunga assicella che percorre la navata, alla quale sono appese (letteralmente) le singole opere, poste proprio all’altezza dei nostri occhi e bloccate da un’altra assicella.

La prima impressione che ho avuto è che fossero stese, come i panni lavati ad asciugare. Nulla di più semplice e pratico. Niente cornici…sussurrai piano. No, disturberebbero, mi rispose.
E così si passa da una scena all’altra, senza seguire un ordine cronologico, come se stessimo sfogliando il Vangelo soffermandoci ogni tanto. Perché la Storia non va vista in un odine preciso, ma dobbiamo imparare a cercarla – qui e là nelle scritture – nei diversi momenti della nostra vita, delle nostre giornate.
E’ così che Arcabas le ha dipinte, una tela dopo l’altro, un giorno dopo l’altro, sfogliando il Vangelo… E’ così che ci chiede di porci davanti alle scene e di ascoltarle.
La parola con immagini diverse

Non possiamo soffermarci su tutte le immagini, così do dovuto a malincuore fare una scelta. Ho deciso di iniziare come Arcabas, cioè con la prima immagine che egli ha dipinto per questa terza fase della decorazione della chiesa di St. Hugues. Non è tratta dal Vangelo, ma ci parla di lui. Questo è il suo angelo (egli ama gli angeli, ne intuisce la presenza, li raffigura molte volte, certo com’è che come sono stati accanto a Gesù per tutta la sua vita, così lo sono anche con noi), seduto su una forma non identificata, tranquillo, in posizione di riposo, di attesa. Se ne sta lì tranquillo e aspetta. Aspetta che arrivi l’illuminazione (eccola, sul fondo…) perché l’artista possa iniziare la nuova opera a lode del Signore. Ai suoi piedi la cagnolina di casa aspetta, tranquilla: sa che non deve disturbare, è un momento prezioso quello; quindi se ne sta lì tra le gambe dell’angelo, attenta, a controllare cosa accade al suo umano. Oggi non ci sarà la solita passeggiata, non subito…
Arcabas ci racconta l’animo con cui si è accinto a preparare l’ultima fase – la terza – del suo lavoro a St. Hugues. Leggendo i Vangeli, aspettando l’ispirazione, con accanto il suo angelo.
Nel Vangelo ci sono episodi di dolcezza e altri di immenso dolore, come in ogni vita. Per raccontare la disumanità di Erode che per mantenere il potere non esita a macchiarsi del sangue di bambini innocenti (Erode non è morto allora… ne nascono ancora e ancora, li vediamo ogni giorno) Arcabas dipinge due scene diverse. In una mostra, con pennellate dure, decise, taglienti fino a far male al cuore, lo strazio delle mamme di Betlemme…

Volti appena tratteggiati, fatti di bocche spalancate per l’orrore e lo strazio, e di occhi sbarrati, secchi, incapaci di produrre lacrime che possano lenire un dolore indicibile. Un quadro terribile, di una forza incredibile.

L’altra opera è apparentemente meno dolorosa: la poltrona rossa in alto con un orsacchiotto ci illude, per un attimo solo. Perché il buio che sta per irrompere nella scena non solo nasconde dei bimbi morti, ma fa sembrare morta anche la piccola bambola a terra, col visetto insanguinato.
Nel registro inferiore i piccoli di Betlemme (di Gaza, del Sudan, della Siria, dell’Ucraina…), piccoli martiri sacrificati alla fame di potere e di denaro. All’incapacità di amare e prendersi cura dei più deboli.
Se il quadro precedente ci ha colpito brutalmente come una mazzata, questo ha un modo più sottile e crudele di entrarci dentro, più lentamente ma in modo devastante.
Perché ci pare di sentire le parole di Gesù: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”…
Miracoli
Arcabas descrive anche alcuni miracoli. Vediamo qui sotto la liberazione dell’indemoniato e la disperazione del diavolo (mi chiamo legione perché siamo in tanti…) che viene scacciato dal corpo del poveretto. Legione chiede a Gesù di non essere disperso, ma di poter trovare rifugio nel corpo dei maiali che stavano in zona. Egli acconsente ed ecco gli spiriti del male prendere possesso dei corpi dei maiali (qui sembrano più cinghiali) che si slanciano verso l’abisso dove finiranno la loro corsa e la loro vita. La posizione di Gesù davanti all’indemoniato è potente e decisa e accanto a lui c’è la forma della Trinità: per sconfiggere legione ha chiesto l’aiuto del Padre…

Il padre misericordioso

Arcabas ama molto l’immagine del Padre misericordioso, che ha rappresentato più volte.
L’immagine di St. Hugues è dolcissima: il figlio, lacero e sporco, è inginocchiato a terra e non osa alzare il viso verso il padre che, invece, lo accarezza, aspettando solo di poterlo riabbracciare. Accanto a loro, la cagnolina di Arcabas si tende verso il ragazzo, annusando intensamente perché ha sentito, in mezzo all’acre odore dello sporco, della paura e dei porci, un odore famigliare. Tra un momento, lo sappiamo, salterà in braccio al suo padroncino, leccandogli il viso e scodinzolando pieno di gioia.
L’angelo in bicicletta

Chiudo (con dispiacere…avrei voluto continuare parecchio) con un’immagine conosciutissima, forse un unicum nella storia dell’arte.
E’ un angioletto ragazzino, con i capelli rossi mossi dal vento e le ali che svolazzano nell’impeto della velocità con cui egli pedala.
Un angelo uguale è dipinto nella grande tela che raffigura san Luca che dipinge il ritratto della Vergine. Allora egli scendeva in picchiata dal paradiso per controllare che il pittore (nel quale è riconoscibile Arcabas) facesse le cose per bene.
Qui, forse, scende per ciascuno di noi. Chissà, forse anche lassù si sono modernizzati e hanno fornito agli angeli custodi, soprattutto a quelli dei bambini, delle biciclette… Come ha fatto quel genio di Arcabas.
Rosella Ferrari
Sposata con Gio, mamma di Francesca e Simone, e nonna di Edo e Alice. Guida turistica, sono innamorata di Bergamo e in particolare di città alta, il mio “paese” d’origine. Amo la storia e l’arte. Ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare Arcabas, alla cui arte ho dedicato alcuni libri. Ho scritto anche dei testi su Bergamo, per grandi e piccini.