XXXI Settimana del Tempo Ordinario 
Commento di Paolo Curtaz


bibbia

Lunedì 3 Novembre (Feria – Verde)
Lunedì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Rm 11,29-36   Sal 68   Lc 14,12-14: Non invitare i tuoi amici, ma poveri, storpi, zoppi e ciechi.

Martedì 4 Novembre (Memoria – Bianco)
San Carlo Borromeo

Rm 12,5-16   Sal 130   Lc 14,15-24: Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia.

Mercoledì 5 Novembre (Feria – Verde)
Mercoledì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Rm 13,8-10   Sal 111   Lc 14,25-33: Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Giovedì 6 Novembre (Feria – Verde)
Giovedì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Rm 14,7-12   Sal 26   Lc 15,1-10: Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte.

Venerdì 7 Novembre (Feria – Verde)
Venerdì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Rm 15,14-21   Sal 97   Lc 16,1-8: I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

Sabato 8 Novembre (Feria – Verde)
Sabato della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Rm 16,3-9.16.22-27   Sal 144   Lc 16,9-15: Se non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?

Domenica 9 Novembre (FESTA – Bianco)
DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE

Ez 47, 1-2.8-9.12   Sal 45   1Cor 3,9-11.16-17   Gv 2, 13-22: Parlava del tempio del suo corpo.

Quanto è esigente il Signore e quanto ci spiazza! Ci chiede di essere autentici sempre, senza tentennare, senza eccezioni, soprattutto quando abbiamo a che fare con la manifestazione dell’amore verso i più poveri… Ha ragione: con diverse sfumature secondo il proprio carattere ma tutti, tendenzialmente, facciamo le cose per averne un tornaconto. Amiamo chi ci ama, ci innamoriamo di chi ci fa i complimenti, abbiamo amici fra le persone simpatiche e coltiviamo le conoscenza che ci arricchiscono o che ci possono tornare utili… E questo mi sembra normale, istintivo, da parte della sopravvivenza e della capacità dell’essere umano di adattarsi all’ambiente circostante. Ma quando entra in gioco la fede, però, le cose cambiano inevitabilmente. L’amore di Cristo in noi, quell’amore che scopriamo essere più grande dell’istinto che ci motiva e ci spinge, ci porta ad amare gratuitamente come Dio ci ama. Senza porre condizioni, senza averne un tornaconto, senza calcoli… amare per amare, amare per la gioia di rendere gloria a Dio e di assomigliargli nel suo gesto creatore dell’amore totale.

Un pastore buono è un dono eccellente per la Chiesa, come san Carlo è stato per la Chiesa di Milano e per tutta la Chiesa. Consacrato vescovo a soli 25 anni, questo giovane, vissuto negli agi e negli onori del suo rango, si diede tutto al servizio del suo popolo, profondendo ricchezze e salute, sostenendo fatiche e penitenze estreme, che certamente gli abbreviarono la vita. Propugnò con energia e pazienza l’applicazione del Concilio di Trento, con la costante preoccupazione di formare sacerdoti santi e pieni di zelo.
L’amore di Gesù crocifisso era per lui modello e continuo sprone. “San Carlo è stato detto fu l’uomo della preghiera, delle lacrime, della penitenza intesa non come opera eroica ma come partecipazione misteriosa, appassionata alle sofferenze di Cristo, al suo entrare nel peccato del mondo, fin quasi allo scoppio del cuore e alla divisione dell’animo”.
Oggi preghiamo in modo speciale per il nostro papa, vero buon pastore intrepido e noncurante di sé, che moltiplica i viaggi, i discorsi, che accoglie tutti, che annuncia con coraggio e franchezza la verità del Vangelo in ogni circostanza e in ogni punto del mondo.

Martedì della XXXI settimana del Tempo Ordinario
Lc 14,15-24: Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia.

Mentre si pranza di parla del più e del meno, tutti contenti di avere a tavola un ospite d’eccezione come è il Nazareno. Ad un certo punto uno dei commensali, probabilmente per innalzare il livello del dialogo e per fare bella figura, afferma che stare insieme a mangiare è bello ma pensa come sarà bello farlo al banchetto del Regno, aspettandosi forse una spintarella da parte del profeta. E Gesù, tenero, ne approfitta per constatare una orrenda verità: molto spesso diciamo di desiderare Dio, di avere voglia di vederlo, lo cerchiamo mettendoci in gioco e diventando discepoli… salvo poi, al momento opportuno, accampare mille scuse. Non è il momento opportuno, non ho la testa, non me la sento… E così ci perdiamo la felicità: qui e altrove. Vorrei assistere alla scenetta quando, dopo il nostro passaggio, davanti alla bellezza immensa di Dio ci sentiremo sciogliere e diremo a Dio: che meraviglia Signore, a saperlo prima quanta meno sofferenza avrei vissuto! Immaginatevi l’espressione di Dio! Non aspiriamo genericamente al Regno di Dio ma realizziamolo giorno per giorno, a partire da oggi!

Mercoledì della XXXI settimana del Tempo Ordinario
Lc 14,25-33: Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Che presuntuoso è Gesù! Che coraggio ha nel chiedere ciò che chiede! Ai discepoli, a noi, dice di essere la gioia più grande della più grande gioia che possiamo sperimentare! Che l’esperienza più coinvolgente e luminosa che possiamo vivere, l’innamoramento, la genitorialità, l’amicizia è sempre e solo seconda all’amore che egli può dare e che possiamo ricambiare! La sfida è lanciata: è possibile ciò che egli chiede? O fa parte della categoria delle cose pie e devote che alcuni fra noi, quelli per capirsi portati alla vita religiosa fin dalla culla, sentono di abbracciare? È un amore asettico, disinfettato, angelico, etereo quello che propone Gesù? Un amore per persone che non possono che essere sdolcinatamente accondiscendenti col capino reclinato e la vocina suadente? No, certo. Questa pagina è proposta ad ogni discepolo e la sua forza consiste proprio in questo! Mettere Gesù nel mezzo significa ridefinire ogni relazione, dandole spessore e valore, ma anche limite e opportunità. Nessuna moglie, nessun figlio, nessuna soddisfazione, dice Gesù, possono colmare l’infinito desiderio d’amore che abita il nostro cuore e che Dio solo colma!

Giovedì della XXXI settimana del Tempo Ordinario
Lc 15,1-10: Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte.

Gesù scandalizza col suo atteggiamento libero e adulto. Nella logica ebraica, attenta a distinguere le cose sante dalle cose profane, il puro dall’impuro, l’atteggiamento di Gesù era assolutamente incomprensibile: avere a che fare con l’impurità, i peccatori, ad esempio, significa inesorabilmente venire macchiati dall’impurità. Perciò i farisei evitavano di frequentare i peccatori. Gesù, invece, non esita a frequentarli. Ma questa idea, tutto sommato, è rimasta intatta anche nella nostra cultura. Siamo abbastanza convinti che chi va con lo zoppo impara a zoppicare e, ancora oggi, se qualche prete frequenta ambienti non troppo ortodossi storciamo il naso. Gesù esplicita la sua logica, cerca di coinvolgere gli altri riguardo alle sue scelte: avere a che fare con i peccatori è un atteggiamento di Dio che cerca la pecora smarrita, la moneta perduta. Dio vede in ogni peccatore il santo che non è ancora, vede brillare la scintilla che gli ha posto nel cuore. Perciò insiste, accoglie, perdona, cerca. Con una libertà interiore e un rispetto assoluti, senza guardare dall’alto chicchessia, senza cedere al compromesso, manifestando l’instancabile volontà salvifica di Dio.

Venerdì  della XXXI settimana del Tempo Ordinario
Lc 16,1-8: I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

Gesù loda l’amministratore disonesto. Non perché è disonesto e ha fatto la cresta sui beni che, in teoria, avrebbe dovuto amministrare per conto del padrone. Gesù non ci invita certo alla corruzione o alla collusione! Loda la sua scaltrezza: è stato scoperto e sa che lo aspetta un pessimo futuro. Così decide di fare un’ultima azione illegale, condona i debiti ad alcuni clienti del padrone sperando che, così facendo, possano ricordarsi di lui quando sarà nelle ristrettezze. E Gesù commenta, amareggiato, che i figli di questo mondo sono molto più furbi dei figli della luce. Quanto ha ragione! Quanta attenzione mettiamo nell’amministrare i nostri risparmi! E quanto ci preoccupiamo se abbiamo una rata in scadenza! E quanto siamo astuti se immaginiamo di avere un tornaconto da un’amicizia o da una relazione con qualche persona! È normale che sia così, è bene vivere con prudenza pensando al futuro (onestamente, però!), specialmente in questi tempi così fragili. Ma mettiamo la stessa energia e la stessa intelligenza nell’investire nelle sole cose che restano e che contano, quelle di Dio!

Sabato della XXXI settimana del Tempo Ordinario
Lc 16,9-15: Se non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?

Mettessimo nelle cose di Dio la stessa attenzione che mettiamo nelle cose degli uomini! Fossimo capaci di dedicare alla nostra anima anche solo un decimo delle energie che investiamo per le cose di questo mondo! È paradossale, ma è un errore in cui incorriamo continuamente: a ciò che rimane, alla nostra vita interiore, spirituale, dedichiamo gli avanzi del nostro tempo, dell’intelligenza. Ben diverso trattamento riserviamo al nostro corpo, al nostro tempo libero, al nostro lavoro! Gesù ne approfitta anche per ammonirci: attenti alla ricchezza. Intendiamoci: contrariamene a quanti pensano in molti Gesù non è un pauperista, né loda la povertà come virtù. La Bibbia, su questo tema, à molto più prudente di noi: nella povertà una persona potrebbe scoraggiarsi e prendersela con Dio! e fra i propri sostenitori Gesù aveva numerosi amici ricchi, come Nicodemo. Ma, come ammonisce il Maestro, non dobbiamo dar credito alla ricchezza, che è un atteggiamento del cuore prima che lo spessore del portafoglio: la ricchezza promette ciò che non riesce a mantenere perché non riesce in alcun modo a colmare il nostro cuore. Viviamo liberi, allora, lasciando a Dio il primo posto!

Quando l’imperatore romano Costantino si convertì alla religione cristiana, verso il 312, donò al papa Milziade il palazzo del Laterano, che egli aveva fatto costruire sul Celio per sua moglie Fausta. Verso il 320, vi aggiunse una chiesa, la chiesa del Laterano, la prima, per data e per dignità, di tutte le chiese d’Occidente. Essa è ritenuta madre di tutte le chiese dell’Urbe e dell’Orbe.
Consacrata dal papa Silvestro il 9 novembre 324, col nome di basilica del Santo Salvatore, essa fu la prima chiesa in assoluto ad essere pubblicamente consacrata. Nel corso del XII secolo, per via del suo battistero, che è il più antico di Roma, fu dedicata a san Giovanni Battista; donde la sua corrente denominazione di basilica di San Giovanni in Laterano. Per più di dieci secoli, i papi ebbero la loro residenza nelle sue vicinanze e fra le sue mura si tennero duecentocinquanta concili, di cui cinque ecumenici. Semidistrutta dagli incendi, dalle guerre e dall’abbandono, venne ricostruita sotto il pontificato di Benedetto XIII e venne di nuovo consacrata nel 1726.
Basilica e cattedrale di Roma, la prima di tutte le chiese del mondo, essa è il primo segno esteriore e sensibile della vittoria della fede cristiana sul paganesimo occidentale. Durante l’era delle persecuzioni, che si estende ai primi tre secoli della storia della Chiesa, ogni manifestazione di fede si rivelava pericolosa e perciò i cristiani non potevano celebrare il loro Dio apertamente. Per tutti i cristiani reduci dalle “catacombe”, la basilica del Laterano fu il luogo dove potevano finalmente adorare e celebrare pubblicamente Cristo Salvatore. Quell’edificio di pietre, costruito per onorare il Salvatore del mondo, era il simbolo della vittoria, fino ad allora nascosta, della testimonianza dei numerosi martiri. Segno tangibile del tempio spirituale che è il cuore del cristiano, esorta a rendere gloria a colui che si è fatto carne e che, morto e risorto, vive nell’eternità.

In questo giorno la liturgia romana celebra la data della dedicazione della basilica di san Giovanni in Laterano, la Cattedrale di Roma che non è san Pietro, come quasi tutti pensano.
Il cristianesimo porta alle estreme conseguenze l’intuizione che Israele ha maturato durante la sua travagliata storia e di cui troviamo tracce nella Scrittura: nessun tempio umano può contenere la presenza di Dio, non esistono luoghi “sacri” perché tutto appartiene al Creatore. Gesù, attribuendosi la sacralità dell’appena ricostruito (e non ancora concluso) tempio di Gerusalemme, ammonisce la samaritana e noi: non a Gerusalemme né sul monte Garizim si adora Dio, ma nel proprio cuore. Gesù, vero tempio di Dio, consacra, rende sacro ogni uomo, ogni luogo, ogni tempo. Incarnandosi, diventando uomo, Gesù annulla la divisione fra sacro e profano, restituisce armonia, ricostruisce l’unione che era all’origine della Creazione. E allora a che ci servono le chiese fatte di pietra e mattoni? A ospitare “la” Chiesa fatta da persone, da credenti. In splendide basiliche romaniche o in anonimi chiesoni in cemento delle periferie degradate, sono i discepoli che fanno la Chiesa e non viceversa. Al punto che il diritto canonico dice che se in una parrocchia non si celebra più l’eucarestia domenicale e non si raduna più una comunità, il vescovo ha il dovere di abolire la parrocchia.

Materiale ripreso da
http://www.lachiesa.it