Una riflessione commemorativa sull’anniversario dell’Incontro di Assisi, un evento che ha segnato una svolta epocale nel dialogo interreligioso

Il 27 ottobre 1986 non fu semplicemente una data sul calendario. Fu un segno profetico lanciato dal cuore dell’Umbria al mondo intero. Quell’oggi, ad Assisi, città-simbolo di pace e fratellanza per eccellenza, San Giovanni Paolo II radunò leader e rappresentanti di religioni da ogni angolo della terra per una Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace.
In un’epoca ancora segnata dalla divisione della Guerra Fredda, quel gesto fu rivoluzionario. Non fu un sincretismo, una confusione delle fedi, ma un’affermazione potente e coraggiosa: l’unità nella diversità. Cristiani, ebrei, musulmani, buddisti, indù, sikh, shintoisti e rappresentanti di tradizioni spirituali native si incontrarono non per negoziare dottrine, ma per pregare, ciascuno secondo la propria tradizione, per un unico, urgente obiettivo: la pace.
Il Coraggio di un Sogno
L’Incontro di Assisi fu un atto di coraggio. Coraggio di un Papa che, sfidando critiche e incomprensioni anche all’interno della stessa Chiesa Cattolica, credette che la fede non fosse un motivo di divisione, ma una forza potentissima per l’unità del genere umano. Il suo discorso fu chiaro: “Il fatto che noi siamo venuti qui non implica alcuna intenzione di ricercare un consenso religioso tra noi o di negoziare le nostre convinzioni di fede. Né significa che le religioni possono essere riconciliate sul piano di un comune impegno in un progetto terreno che le supererebbe tutte. Né è una concessione a un relativismo nelle convinzioni di fede, perché ogni essere umano deve sinceramente seguire la sua coscienza con l’intenzione di cercare e obbedire alla verità.”
Quel giorno, il mondo vide non un’arena di disputa, ma un “laboratorio della pace”. I leader religiosi, con i loro abiti tradizionali, non pregavano insieme nello stesso modo, ma pregavano gli uni accanto agli altri per la stessa causa. Questa distinzione è fondamentale: si riconosceva e rispettava l’identità di ciascuno, mentre si collaborava per un bene che trascende tutti.
L’Eredità che risona oggi
A distanza di decenni, lo “Spirito di Assisi” è più attuale che mai. In un mondo lacerato da nuovi e vecchi conflitti, da nazionalismi esasperati e da fondamentalismi che strumentalizzano la religione, l’invito di Assisi è una bussola.
1. Il Dialogo come Via: Assisi ci ricorda che l’ignoranza dell’altro è il terreno fertile del sospetto e dell’odio. Il dialogo non è un optional, ma un dovere urgente per disinnescare pregiudizi e costruire ponti.
2. La Preghiera come Forza: In un mondo che spesso considera la spiritualità un fatto privato e inefficace, Assisi ha mostrato al mondo la forza pubblica e trasformatrice della preghiera, che scuote le coscienze e ispira azioni concrete.
3. La Pace come Obiettivo Comune: La pace non è solo assenza di guerra. È giustizia, accoglienza, cura del creato, rispetto della dignità umana. Su questi valori, ogni tradizione religiosa ha un tesoro di saggezza da offrire.
Una sfida ancora aperta
Commemorare l’Anniversario di Assisi non è solo un ricordo, è un appello all’azione. Lo “Spirito di Assisi” ci sfida a:
- Abbattere i muri che costruiamo nei nostri cuori verso chi è diverso da noi.
- Cercare l’incontro con l’altro, non per paura, ma con la curiosità di chi vuole riconoscere un fratello, una sorella nell’unica famiglia umana.
- Essere operatori di pace nei nostri ambienti quotidiani: in famiglia, a scuola, nel lavoro, sui social network.
Quel 27 ottobre, le campane di San Francesco risuonarono non solo per i tetti di Assisi, ma per la coscienza del mondo. Oggi, a noi, il compito di farle risuonare ancora, con le nostre scelte, le nostre parole e il nostro impegno per una pace che, come ci ha insegnato il Poverello, inizia con un semplice, coraggioso “pace e bene”.