Lunedì della XXIX settimana del T.O.
Lc 12,13-21: Quello che hai preparato, di chi sarà?

Uno della folla gli disse: «Maestro, dì a mio fratello che divida con me l’eredità». 14 Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
15 E disse loro: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni». 16 Disse poi una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. 17 Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? 18 E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19 Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. 20 Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? 21 Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio».

22 Poi disse ai discepoli: «Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. 23 La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. 24 Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete! 25 Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? 26 Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto? 27 Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 28 Se dunque Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, quanto più voi, gente di poca fede? 29 Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia: 30 di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. 31 Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta.
32 Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno. 33 Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma. 34 Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

Quale posto dare al possesso dei beni per chi ha fatto la scelta cristiana?

– L’insegnamento di Gesù si sviluppa a partire da una richiesta (sembra) lecita: “Dì a mio fratello che divida con me l’eredità” (13). Gesù poteva rispondere a termini di legge (Nm 27,8-11; 36,7-9; Dt 21,15-17) o di buon senso. Passa, invece, ad una decisa affermazione di principio e poi ad una esortazione pratica.

– L’affermazione di principio è un netto rifiuto ad assumere il ruolo di rabbi/giudice/scriba: sarebbe un ruolo senz’altro positivo, ma non svelerebbe la vera identità di Gesù e la novità di vita che egli vuol portare nel mondo. “O uomo, chi mi ha costituito… sopra di voi?” L’espressione enfatica indica che il rifiuto di Gesù vuol superare il caso contingente ed applicarsi ad “ogni uomo” ed ad “ogni lite”. Già la Chiesa delle origini sentiva questo problema (cfr 1 Cor 6,7).

– State attenti e guardatevi dalla cupidigia. [La parola greca, tradotta con cupidigia, indica: abbondanza, superfluo, miglior condizione, avidità e arroganza].
Ecco l’esortazione pratica sintetizzata in un’affermazione concentrata (15b). La si comprende meglio se la frase viene divisa in due: “non nel sovrabbondare di uno dipende la sua vita” e “non dai suoi beni dipende la vita”. Anche quando è supportata/sostenuta da molti beni, la vita non perde il suo carattere provvisorio e insicuro. O meglio, non sono i beni a riscattare la vita dalla sua provvisorietà e insicurezza.

– Un parabola spiega bene il concetto (16-20).
La campagna di un uomo ricco aveva dato buon raccolto. Questi ragionava tra sé: … cosa farò … farò così… costruirò… radunerò… “dirò alla mia vita: hai molti beni (e quindi sei al sicuro!), riposati (finalmente!), mangia, bevi, godi” (17-19). Tutto questo non necessariamente in modo sfrenato o manifestamente peccaminoso (cfr 16,19ss), ma con una stupida consapevolezza: che la vita sia diventata sicura e al riparo da ogni male “per il fatto che” è supportata da molti beni!
Dio gli disse: Sei stolto (non capisci niente! sei senza testa!)! Questa notte stessa ti sarà chiesta la vita: Dio ti chiederà la vita. E i beni, allora? Essi non potranno “trattenere” la vita, “per il fatto che” non hanno la capacità di supportarla/sostenerla. La tesi è semplice: la vita non è né tua, né dei beni, ma soltanto di Dio. I tuoi beni non hanno “assicurato” per niente la tua vita. Anzi… li hai preparati stupidamente per altri (Sal 39,7; Sir 11,18s). Paradossalmente aveva ragione Qoelet, quando diceva: mangia, bevi, godi nelle tue fatiche, perché anche questo viene dal Signore (2,24; 8,15).

Conclusione: “bisogna arricchire in Dio e non tesorizzare per sé” (21). Qui si apre una riflessione che amplia il senso della parabola sopra narrata. Il contrasto sta tra il possedere per se stessi e l’arricchirsi in vista di Dio. Uno arricchisce davanti a Dio quando dà i suoi beni ai poveri o, in senso più generale, quando vive la dimensione ecclesiale della sua fede nella comunione dei beni, e non invece nell’accumulo per sé (cfr 12,33).

– Non datevi pensiero della vostra vita quanto al mangiare e del corpo quanto al vestire.
Ma la mia vita è legata al mangiare e il mio corpo al vestire! Sì, ma la vita non riceve senso dal mangiare e il corpo dal vestire: vita e corpo sono qualcosa di più. Il ragionamento che fa il Signore sui corvi (uccelli poco simapatici e impuri secondo la legge!) e sui gigli del campo è di tipo sapienziale. Non è un invito a non lavorare (cfr la regola che dà Paolo in 2 Ts 3,10), o a far nostra la spensieratezza degli uccelli (nel qual caso altri dovrebbero faticare per noi!). L’invito è a non affannarsi o preoccuparsi per qualcosa che vale meno, rispetto a qualcosa che “è di più” (23).
Cosa può fare il nostro “affanno” in ordine anche soltanto ad una cosa piccola, per esempio l’aggiunta di mezzo metro alla nostra età? Nulla, assolutamente nulla (25). L’età è una “cosa minima” (non è la vita) e nonostante questo noi non ci possiamo far niente; perché allora affannarsi di altre cose? L’esempio dei gigli (27) richiama la cura di Dio anche su cose transitorie: egli è munifico e splendido per creature che hanno un giorno solo di vita!

Dal paradosso sapienziale si passa ad un insegnamento che si compone di due affermazioni: un rimprovero e un invito. I discepoli (e i lettori del vangelo!) sono persone di “poca fede”, cioè credenti spenti o mediocri che non hanno sufficiente fiducia in Dio. Siete come la “gente del mondo” che si affanna per queste cose che sono “minime”: la gente (pagani) li ritiene come termine della ricerca, scopo della vita, perché non ha altro!
Voi invece (ecco l’invito) sapete che c’è una realtà che ha tutto rivoluzionato: è arrivato il regno di Dio! Esso è in mezzo a voi, è con voi nella presenza di Gesù. Siete un piccolo gregge, voi che avete creduto in Gesù. Ma, avendo accolto Gesù nella fede, avete ricevuto dal Padre il regno: questo è atto gratuito della benevolenza di Dio (32). Cercate ora il regno con tutte le forze, cioè, permanete nel dono ricevuto.

Come si fa concretamente a permanere nel dono? La prima risposta è quella già detta: non affannatevi come gli altri per le cose meno importanti. Sono “meno importanti”, ma voi ne “avete bisogno”! Dio lo sa e ve le darà. Come? Non in modo miracolistico, ma attraverso la sollecitudine dei fratelli nei vostri confronti.
La seconda risposta è strettametne legata alla prima: vendete quello che avete e datelo ai poveri (33). In questo modo avrete un tesoro vero e duraturo (“nei cieli”). Luca forse non ha in mente elargizioni generiche o saltuarie, ma la vita della comunità ispirata dall’esempio di Gerusalemme: “Portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno” (At 4,34-35). Per cui, l’antidoto all’affanno per le cose che non hanno importanza è la vita comunitaria nella concretezza del vangelo vissuto.
E’ il regno di Dio il nostro tesoro? E’ Gesù con la Chiesa il nostro tesoro? E’ la vita vera il nostro tesoro? Se sì, il nostro cuore (la nostra volontà) andrà in quella direzione (34). Se no…!

Martedì della XXIX settimana
Lc 12,35-38: Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli.

Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; 36 siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. 37 Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38 E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!

Mercoledì della XXIX settimana
Lc 12,39-48: A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto.

39 Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40 Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate». 41 Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 42 Il Signore rispose: «Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? 43 Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. 44 In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45 Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46 il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli. 47 Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48 quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

Giovedì della XXIX settimana
Lc 12,49-53: Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione.

49 Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! 50 C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! 51 Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. 52 D’ora innanzi in una casa di cinque persone 53 si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Venerdì della XXIX settimana
Lc 12,54-59: Come mai questo tempo non sapete valutarlo?

54 Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. 55 E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. 56 Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? 57 E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? 58 Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esecutore e questi ti getti in prigione. 59 Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».

Siate pronti!

Come” essere pronti? Siccome non c’è un’indicazione concreta sul modo di vivere la prontezza/vigilanza, bisogna ricorrere al contesto. E’ vigilante chi non si affanna (22), chi cerca il regno di Dio (31), chi con i suoi beni usa misericordia (33). Se uno fa così, è sempre pronto!
Comunque l’immagine/parabola data da Gesù è molto chiara: il discepolo è un servo che aspetta il padrone quando torna dalle nozze (35). “Fianchi cinti” (1 Re 18,46; 2 Re 4,29; cfr Ef 6,14) e “lampade accese” (Es 12,11.42) indicano un’attesa vigile, forte e intelligente (Gb 38,3). Quando il padrone busserà, non ci sarà tempo da perdere: occorrerà essere svegli per aprirgli subito!
Beati quei servi che il padrone (in greco Kurios, cioè Signore!) troverà svegli! Il Signore farà una cosa del tutto inusuale e fuori programma: si metterà a servirli! Tutta la vita di Gesù è trascorsa in un servizio d’amore (Mt 20,28), specie nell’atto legato alla santa Cena (22,27; Gv 13,1-20). Tale servizio si dilata nell’eternità, a indicare che l’amore è servizio e il servizio è amore.
[La parabola del servo nel campo (17,7-10) si pone su un altro piano e quindi ha un senso diverso]. C’è la ripetizione della beatitudine per coloro che vegliano… fino all’alba (38). Questo fa pensare ad un amore “provato”: il Signore tarda (difficoltà e prove della vita a motivo della fede in Gesù?), ma il discepolo non smette di vegliare in una attesa “costosa”.

Un’altra parabola (39) chiama in causa il padrone di casa: egli non sa quando viene il ladro. Gesù non è un ladro, ma (per chi non è vigilante) viene “come un ladro”: imprevedibilmente e quindi improvvisamente (Ap 3,3; 16,15; 1 Ts 5,2). Bisogna cogliere l’insegnamento (40): il padrone di casa “non sa”, allora anche voi state pronti perché “non sapete”. Anzi, c’è un ultimo richiamo: attenti, perché “il Signore verrà quando non pensate!”.
[E’ forse un essere dispettoso il Signore? O uno che vuol giocare degli scherzi? No, certamente! Non è che lui venga “proprio” nell’ora che non pensiamo, ma siamo noi che “non pensiamo affatto” al suo ritorno, e quindi egli, a qualsiasi ora venga, viene sempre …. quando noi non pensiamo!].

Qual è l’amministratore fedele e saggio…?

– La domanda di Pietro può essere riscritta così: Anche noi (come gli altri) siamo tra quelli che non conoscono l’ora del tuo ritorno? E quindi, anche noi dobbiamo vigilare? Non c’è una rivelazione a parte per noi? (vedi 8,9).
La risposta di Gesù (il Signore!) può essere riscritta così: Sì, voi capi dovete vigilare come gli altri, quali amministratori degni di fede e saggi (1 Cor 4,2). Voi siete posti a capo della servitù: date loro il cibo nel tempo dovuto, cioè “servite” la servitù! Beato quel servo che il suo Signore, al suo ritorno, troverà a “fare così” (43). Ma se il servo non facesse più il “servo”, cioè si mettesse a percuotere i servi e servisse soltanto se stesso (cfr. Ez 34,2ss), il Signore verrà quando meno se l’aspetta e lo escluderà dalla sua comunione (46).

Qual è il motivo che porta il servo a non “servire la servitù”, ma a servire se stesso? E’ la convinzione (diceva nel suo cuore) che “il Signore tarda a venire”. Come dire: il Signore non agisce più nella storia, e allora mi metto io al suo posto! La non vigilanza porta a ritenersi proprietari assoluti o sovrani degli altri, non più “amministratori”.
Pietro (e tutte le guide della comunità) è assimilato al servo che conosce la volontà del suo Signore (47) e al quale fu dato molto (48). Ebbene, se non compie la volontà del Signore nella vigilanza “riceverà molte precosse”, cioè sarà punito in grado massimo. [L’apostolo non è esente da castigo]. C’è invece il caso di chi non conosce la volontà del suo Signore. Ebbene, se fa cose degne di percosse sarà punito in modo lieve. E’ un discorso molto semplificato e “inculturato”, per dire che il rapporto con le parole di Dio crea “responsabilità”: il dono attende una risposta “adeguata”… in un crescendo tipico del vangelo: più uno riceve più deve dare. [Non la pensa così il sistema mondano!].

Sono venuto a portare il fuoco sulla terra….

Il brano è molto difficile, a motivo anche della traduzione. E’ bene legare fuoco a battesimo, e accensione a compimento; è bene anche vedere il contesto. La parola “battesimo” significa “immersione”: si tratta, quindi, di immersione …nella morte. In vista di essa Gesù è alle strette.
E’ “angustiato” finché non ci sia il compimento, finché non avrà messo la sua vita nelle mani del Padre. Soltanto allora, a partire dal suo battesimo/morte, verrà gettato il fuoco sulla terra.
Fuoco è il vangelo, la predicazione: Gesù stesso in tutta la sua pienezza di morte e di glori che è fuoco di Spirito. La presenza di Gesù e del suo Spirito (il vangelo/predicazione) non può lasciare le cose “come stanno” (pace nella terra). Vengono scorporate di fatto le cose , sicché non sono più come prima: c’è divisione. A partire dalla realtà più compatta: la famiglia (52).
Il linguaggio audace di Gesù (padre contro figlio…) vuole semplicemente dire che sono giunti i “tempi ultimi”, i tempi della decisione/scelta, come è scritto nei profeti (Michea 7,6ss) e come è stato annunciato alla madre di Gesù (2,34).

Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?

E’ giusto riconoscere che è giunto il “tempo ultimo”, il tempo in cui Dio ha parlato attraverso Gesù. E’ giusto sfuggire all’ipocrisia di chi non vuol decidersi. E’ tempo di “vedere/discernere questo tempo”. E questo tempo è Gesù: fuoco sulla terra!
La scelta per Gesù va fatta ora, al presente “mentre vai col tuo avversario davanti al magistrato”, mentre “sei nella via (vivi)”. Cosa fa una persona intelligente quando sa che perderà la causa? Cerca subito, mentre è in tempo, di risolvere la questione con un accordo. Comportati da intelligente anche tu: scegli “ora e subito” Gesù, convertiti a lui, perché è soltanto questo il tempo per farlo. Se arrivi al giudizio di Dio così come sei, per te è finita! (58-59)

Sabato della XXIX settimana
Lc 13,1-9: Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. 2 Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? 3 No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4 O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5 No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». 6 Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7 Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? 8 Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime 9 e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai».

Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo

– Non manca, tra gli ascoltatori di Gesù, chi pensa di essere dalla parte di Dio pronunciando facili verdetti alla luce di quello che succede, in particolare se si tratta di eventi calamitosi. O forse dobbiamo pensare a persone che cercano di mettere in difficoltà Gesù, sbilanciandolo a destra o a sinistra. L’espressione “galileo”, al tempo di Gesù, aveva parentela stretta con zelota o rivoltoso.
Il prefetto Pilato, poi, non era per nulla un magistrato indeciso e conciliante. Era piuttosto crudele. Di fatto aveva fatto uccidere delle persone nell’area del Tempio: cosa sacrilega! La disgrazia (assassinio) capitata ad alcuni galilei non deve innescare duri giudizi sulle persone e, in definitiva, su Dio quale “punitore”.
Gli uccisi sono, né più né meno, peccatori come tutti. Piuttosto (dice Gesù) è la loro “sorte finale” che deve far “pensare”. Non tanto ai perché o percome… Ma al fatto che questi uomini sono “morti”: sono quindi stati tagliati dalla vita!
Ebbene, se non volete morire, se non volete essere tagliati anche voi dalla vita, convertitevi! A chi? Certamente a Gesù, riconoscendolo come inviato di Dio e Signore (12,56-59).
La disgrazia (incidente) capitata ad alcuni abitanti di Gerusalemme (4) dà lo stesso insegnamento: bisogna convertirsi. Non solo nel senso di migliorarsi evitando il male, ma accogliendo Gesù quale “germe” e principio del regno di Dio in mezzo a noi.

– E’ possibile convertirsi? L’immagine tradizionale della vigna e del fico infruttuosi (Ger 8,13; Os 9,10; Mi 7,1) fanno da sfondo all’insegnamento. L’immagine sembra dire che non c’è speranza: il fico (uomo) non dà frutti nonostante siano passati “tre anni”: sarà dunque “tagliato” (7). Ma è giunto “l’anno di grazia” (4,19 21), è giunto Gesù: tempo o “anno ultimo” per convertirsi e salvarsi (cfr ancora 12,57). Gesù è l’ultimo, più vero, più efficace appello di Dio per l’entrata di Israele e degli uomini nel regno (salvezza). Non c’è un “dopo o senza Gesù”: l’unica via della conversione è l’accoglienza di Gesù.
[Questo brano pone il problema del popolo di Israele al quale era stato mandato Gesù, e anche degli ascoltatori della predicazione cristiana. Non pone il problema di coloro che non hanno ricevuto l’annuncio, ai quali non vengono chiesti i frutti allo stesso modo e tempo].

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