Baruc è il segretario-scriba del profeta Geremia esiliato in Egitto, ma il libro immagina che le parole del profeta e del suo stesso scriba vengano portate tramite Baruc a conoscenza sia dei deportati in Mesopotamia sia degli israeliti rimasti in patria. Baruc funge da tramite tra le due comunità e Geremia viaggerà da un luogo all’altro portando il libro che sta scrivendo, leggendolo e facendolo pregare dove si trova.

Nel libro del profeta Geremia al capitolo 36 incontriamo Baruc, segretario del profeta e suo scriba:
Il Signore disse a Geremia: prendi un rotolo e scrivi tutte le parole che ti ho detto riguardo a GerusalemmeGeremia chiamò Baruc che scrisse su un rotolo, sotto dettatura di Geremia, tutte le cose che il Signore aveva detto…”. Dio così annuncia l’imminente conquista e distruzione della città e invita gli ebrei a convertirsi, a cambiare vita e pentirsi prima dell’arrivo di Nabucodonosor.

Con il rotolo della Parola di Dio Baruc si reca nel tempio e lo legge a voce alta; le sue parole portano scompiglio, arrivano guardie e scribi del re che gli sequestrano il rotolo e gli dicono: “va via e nasconditi insieme a Geremia; nessuno sappia dove siete”. Quindi il rotolo viene portato al re, ai ministri e funzionari regi e letto al loro cospetto. Il re getta lo scritto nel fuoco e ordina di arrestare Geremia e Baruc, che vengono esiliati in Egitto e quindi si salveranno dalla distruzione di Gerusalemme e dalla deportazione a Babilonia.

In Egitto il profeta detterà le sue memorie e le profezie al buon segretario Baruc che le farà conoscere sia ai deportati a Babilonia sia agli israeliti rimasti in patria… con questa promessa: “Oracolo del Signore, a te Baruc farò dono della vita come privilegio in tutti luoghi dove tu andrai”. Per queste parole che troviamo nel libro di Geremia la figura di Baruc diventa leggendaria; gli scritti rabbinici dicono di lui: “Baruc è uno dei pochi mortali che abbia avuto il privilegio di visitare il Paradiso e conoscerne i segreti: un angelo del Signore gli apparve mentre piangeva per la distruzione di Gerusalemme e lo portò ai sette cieli e alle dimore dei beati”. Tornato in terra assiste al ritorno degli ebrei dopo l’esilio di Ciro (circa 530 a.C.), diventa maestro di Esdra e assiste alla ricostruzione di Gerusalemme.

Nelle nostre Bibbie, tra gli scritti o libri sapienziali, troviamo invece il libro di Baruc, o meglio attribuito a Baruc, fatto risalire a lui, anche se probabilmente viene composto nel secondo secolo a.C. Troviamo come un’antologia su vari argomenti, giunta a noi solo in lingua greca. Per questo motivo il libro di Baruc non entra a far parte del canone delle Sacre Scritture ebraiche né in quello protestante. Nelle Bibbie cattoliche lo potete trovare dopo il libro di Geremia o dopo il libro del Siracide.

La nostra liturgia non usa Baruc durante le celebrazioni eucaristiche, ma uno dei brani consigliati per la veglia pasquale è costituito da alcuni versetti proprio a cura del nostro segretario sapiente. Il nome ebraico Baruc significa Benedetto e il suo libro può essere suddiviso in quattro tematiche così ripartite:

1) Introduzione storica
2) Preghiera penitenziale di richiesta di perdono
3) Poema sulla sapienza
4) Invito alla speranza e alla consolazione per i deportati.

1) Introduzione storica

Il libro inizia così: “Queste sono le parole del libro che Baruc, figlio di Neria… scrisse in Babilonia nel quinto anno (dopo la distruzione di Gerusalemme)”. Siamo a Babilonia nel 581 a.C., o così almeno si immagina il nostro autore che scrive per tutti gli ebrei che vivono lontano da Israele e che possono immedesimarsi con i deportati di quattro secoli prima.

“Baruc lesse le parole del suo libro alla presenza di tutto il popolo (nobili, anziani) dal più piccolo al più grande presso il fiume Sud vicino a Babilonia”. Dove sia questo fiume in Mesopotamia non si sa, forse era un affluente del Tigri o forse uno dei tanti canali fatti costruire per irrigare la terra brulla vicino al deserto. Quello che conta è il nome: Sud ricorda la parola ebraica shod che significa devastazione. Non solo Israele è stato da poco devastato, ma tutti gli ebrei hanno il cuore, l’animo e la vita devastata: “essi piangevano, digiunavano e pregavano davanti al Signore…era il dieci del mese di Siran” (cioè ai primi di giugno, quando secondo il calendario delle feste giudaiche si celebra la festa della Pentecoste che ricorda il dono della Torah a Mosè sul monte Sinai).

Dopo aver letto il libro, vengono raccolte delle offerte da mandare a Gerusalemme: “con il denaro che vi mandiamo comprate olocausti, sacrifici per i peccati e incenso”, che era quello che facevano nel II secolo gli ebrei che vivevano all’estero e non potevano recarsi a Gerusalemme per le grandi feste.

Pregate per noi il Signore nostro Dio perché abbiamo peccato…e ancora fino ad oggi il suo sdegno e la sua ira non si sono allontanati da noi. Leggete quindi questo libro che vi mandiamo (insieme con le  offerte) facendolo proclamare nel Tempio del Signore nel giorno della festa”. Le indicazioni che troviamo nel testo, cioè il fiume della devastazione, l’invito alla penitenza e al sacrificio per il perdono, il giorno di festa e memoria della distruzione di Gerusalemme hanno fatto sì che il libro di Baruc venisse letto, pregato e meditato in una data ben precisa: il giorno 9 del mese di Av (circa fine luglio). Giorno di digiuno e penitenza perché si ricordava come proprio in quel giorno Nabucodonosor avesse distrutto Gerusalemme e il Tempio.

Come ricorda lo storico romano Giuseppe Flavio, nello stesso giorno, il 9 di Av, i romani distrussero Gerusalemme nel 70 d.C. Sempre in quel giorno nel 1492 il re di Spagna cacciò gli ebrei dal suo Paese dando il via alle persecuzioni anti-ebraiche in Europa e sempre il 9 di Av, così si racconta, iniziarono le deportazioni naziste e la caccia agli israeliti.

2) Preghiera penitenziale di richiesta di perdono

Si tratta di un testo molto lungo, che inizia con una supplica e si conclude con una confessione comunitaria, si ricordano le azioni di Dio in favore del suo popolo a partire dalla liberazione egiziana e le infedeltà e l’idolatria di Israele con un invito alla preghiera nella conversione:“Noi non abbiamo ascoltato la voce del Signore, Dio nostro, in tutte le parole dei profeti che Egli ci ha inviato, ma tutti noi abbiamo seguito i pensieri del nostro cuore malvagio facendo il male ai suoi occhi. Così siamo diventati schiavi perché abbiamo peccato contro il Signore… Ascolta Signore la nostra preghiera, liberaci a causa del tuo nome, facci trovare grazia… “

Sono le stesse parole e tematiche che avevamo trovato nel libro delle lamentazioni, ma nel libro di Baruc c’è un’indicazione di speranza in più: “Tuttavia nella terra del loro esilio rientreranno in se stessi e riconosceranno che Io sono il Signore, il loro Dio, allora Io darò loro un cuore e orecchi che ascoltano ed essi mi daranno lode nell’esilio, ricorderanno il mio nome e si convertiranno… Farò con loro un’alleanza eterna”.

Baruc riprende le parole del suo maestro Geremia parlando di una nuova alleanza e di cambiamento di cuore; la preghiera si conclude con un’ulteriore richiesta di perdono da parte di una nuova generazione migliore di quella che ha portato alla devastazione: “Non ricordare l’ingiustizia dei nostri padri…”

3) Poema sulla Sapienza

“Ascolta Israele i comandamenti della vita, porgi l’orecchio per conoscere il discernimento! Hai abbandonato la fonte della Sapienza! Se tu avessi camminato sulla via di Dio abiteresti in pace per sempre”, invece Israele vive in terra straniera e da schiavo proprio per mancanza di Sapienza. L’elogio della Sapienza continua così: “Chi ha scoperto la sua dimora, chi è penetrato nei suoi tesori? Chi è salito al cielo per prenderla e l’ha fatta scendere dalle nubi? Chi ha attraversato il mare e l’ha trovata? Nessuno conosce la sua via, nessuno prende a cuore il suo sentiero! Solo Colui che sa tutto la conosce” e può donarla a chi la cerca e a chi la vuole “questi e il nostro Dio e l’ha data a Giacobbe suo servo, a Israele suo prediletto, per questo è apparsa sulla Terra e ha vissuto tra gli uomini”.

La lettura dei Padri della Chiesa di questi versetti ha visto una profezia della venuta di Gesù-Messia, sapienza di Dio, rivelata nel mondo all’umanità. Il Vangelo di Giovanni riprenderà spesso queste tematiche là dove indica in Gesù il logos (parola-sapienza) di Dio e la via : “Io sono la via”. Ecco perché questi versetti vengono usati nella veglia di preghiera che precede la celebrazione eucaristica della notte di Pasqua. Questa sezione si conclude: “Ritorna Giacobbe e accogli la Sapienza, cammina allo splendore della sua luce… Beati siamo noi, o Israele, perché ci è stato rivelato ciò che piace a Dio”, parole che ricordano il discorso di Gesù sulle Beatitudini e sull’essere come bambini a cui Dio ha rivelato le sue vie.

4) Invito alla speranza e alla consolazione

L’ultima sezione del libro di Baruc vede come protagonista la città di Gerusalemme. C’è prima la preghiera, il lamento della capitale, a cui segue la risposta profetica di Baruc. Riprendendo le tematiche del secondo e terzo Isaia,  Gerusalemme personificata parla ai deportati: “Coraggio popolo mio, memoria di Israele (cioè piccolo resto, ciò che rimane del popolo di Dio) siete stati riconsegnati ai nemici per non essere annientati… avete contristato anche colei che mi ha allevato, Gerusalemme vedova e abbandonata. Io adesso come posso aiutarvi? Coraggio figli, invocate Dio, io infatti spero nel Signore, l’Eterno che vi darà salvezza. Una gioia mi viene dal Santo e dall’Eterno, vi giungerà un Salvatore… decuplicate il vostro impegno nel cercarlo”. Spesso in Baruc Dio viene chiamato Eterno e Santo, come si usava dopo il II secolo a.C., questo indica ai commentatori la datazione di questo libro.

Alle invocazioni e alle preghiere della città risponde il profeta Baruc: “Coraggio Gerusalemme, chi ti ha dato un nome ti consolerà! (Gerusalemme significa Colline – lago di pace) guarda verso Oriente, Gerusalemme contempla la gioia che ti viene da Dio. Ecco ritornano i figli che hai visto partire, riuniti dalla parola del Santo! Sarai chiamata con il nome che Dio ti ha dato per sempre: pace di Giustizia e Gloria di Pietà. Dio infatti ha deciso di spianare ogni alta montagna e ogni collina, di colmare le valli e di spianare il terreno. Fanno ombra ad Israele le selve e ogni albero frondoso al comando di Dio. Perché Dio ricondurrà Israele con gioia, con misericordia e giustizia donate a Lui”. Con queste immagini che ricordano i capitolo 40 – 41- 42 del profeta Isaia si conclude Baruc, scriba e segretario di Geremia così adatto al periodo quaresimale e pasquale.

Enrico de Leon
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