Alberto Maggi è un noto biblista. Il testo che segue è la trascrizione di alcune conversazioni tenute nel 1995 e non rivisto dall’autore. Si invita pertanto il lettore a tenerne conto, cogliendo il messaggio al di là delle forme e delle modalità con cui è stato trasmesso.
Padre Alberto si esprime in uno stile colloquiale, provocatorio e talvolta ironico. Alcune espressioni e idee possono risultare personali e non sempre condivisibili, ma lasciano comunque trasparire l’amore per la Parola di Dio e la sua freschezza.

Per gentile concessione dell’autore
dal vecchio sito www.studibiblici.it

La novità che tutti gli evangelisti affermano, seppure con sfumature e angolature differenti, è quella di un Dio amore, il cui amore va accolto, non meritato. Abbiamo visto ieri come, in maniera caricaturale, Luca ci presenta due perfetti religiosi: Zaccaria e la moglie Elisabetta, perfetti nell’osservanza e nelle devozioni, ma la cui vita è completamente sterile. Perché costoro, rappresentanti tipici della religione, pensano di poter meritare l’amore di Dio.

Nei vangeli, c’è una duplice categoria che viene vista in maniera negativa: quella del merito e dell’esempio. Sono categorie legate fra di loro: l’amore di Dio viene meritato attraverso le preghiere e gli atteggiamenti. San Paolo, che si vanta di essere stato un perfetto osservante di tutte le minime prescrizioni della legge e di tutte le devozioni, come Zaccaria e Elisabetta, nella lettera ai Filippesi dice: ma quando ho incontrato Gesù e l’ho conosciuto ho considerato tutto questo come…, e usa un termine greco un po’ brutto che i traduttori si vergognano a tradurre e allora taluni traducono con rifiuto, altri con escremento, ma la parola in greco è “merda”. Quindi Paolo dice: quando ho conosciuto Gesù, tutto quell’atteggiamento di devozioni, di preghiere, di riverenze verso Dio per meritare il suo amore, l’ho considerato un rifiuto, l’ho considerato un niente.

Questa è la novità dei vangeli: l’amore di Dio non va meritato, Dio non mi ama perché mi comporto bene, ma l’amore di Dio va accolto. Una volta compreso questo, la seconda categoria che è strettamente legata al concetto di merito, e cioè quella dell’esempio, va, è il caso di dire, “a farsi benedire”. Quando una persona ritiene di poter essere di esempio, o ritiene di poter dare l’esempio all’altro, significa che si ritiene in qualche maniera superiore alla persona alla quale concede l’esempio. Se io ritengo di poter essere un esempio per qualcuno, significa che considero inferiore a me questa persona a cui io dò l’esempio. La categoria dell’esempio significa volersi innalzare sopra gli altri. Ma quando uno si accorge che Dio non lo ama per i suoi meriti, perché Dio è amore e questo amore va accolto, la categoria dell’esempio dato agli altri non può esistere ed entra la categoria del “servizio” all’altro.

Un brano caratteristico della linea di Luca per rappresentare tutto questo, è quello della nascita di Gesù con l’annuncio agli emarginati dell’epoca. Abbiamo detto ieri sera che tutti i vangeli annunziano lo stesso messaggio e lo fanno con angolature diverse. Matteo sottolinea che i primi ad essersi resi conto della nascita di Gesù, della manifestazione visibile di Dio nella umanità, sono i pagani. I pagani sono esclusi dal progetto della salvezza, per loro non ci sarà resurrezione. Dice un proverbio ebraico: schiaccia la testa al migliore dei pagani e l’avrai schiacciata al più schifoso dei serpenti. I pagani quindi sono esclusi, e Matteo non solo inserisce un pagano, ma presenta una categoria che nell’antico testamento è vista con orrore, quella degli astrologi. I primi a rendersi conto che Dio è presente nell’umanità, non sono i sommi sacerdoti e le persone pie di Gerusalemme, ma da lontano i pagani, addirittura degli astrologi, persone per la cui professione era prevista la pena di morte. Erano persone con le quali era proibito intrattenere qualunque tipo di rapporto.

Questo è Matteo. Luca, al capitolo 2, ci presenta la stessa realtà, però vista all’interno del popolo d’Israele. I primi a rendersi conto dell’esistenza di Gesù, l’uomo Dio, sono i paria della società, che a quell’epoca erano i pastori. Possiamo immaginare le condizioni bestiali nelle quali i pastori vivevano. Emarginati dalle città, dai villaggi, vivevano in aperta campagna, vivevano nella sporcizia. Voi conoscete il concetto di impurità dell’ebraismo: non potevano mai aver nessun contatto con Dio proprio per la loro professione, erano considerati alla stregua di bestie selvagge e non avevano alcun diritto umano. Si legge nel Talmud: se trovi un pastore caduto in una fossa lascialo stare, è inutile tirarlo fuori, tanto per lui non c’è salvezza. Quindi i pastori sono degli emarginati, sia dal punto di vista della società civile, che di quella religiosa.

Nella tradizione ebraica si diceva che il Messia, cioè questo inviato di Dio, al momento della sua venuta avrebbe eliminato i peccatori e, al primo posto della hit parade dei peccatori, c’erano proprio i pastori. Non resuscitavano, erano nocivi, era proibito intrattenere con loro qualsiasi rapporto, per cui il Messia, alla sua venuta, li avrebbe eliminati fisicamente.

Leggiamo, invece, come il vangelo di Luca ci presenta la nascita di Gesù. Al capitolo 2, versetto 8: c’erano alcuni pastori, in quella regione, che di notte pascolavano il loro gregge ed ecco l’angelo del Signore. Ancora una volta ritorna questa espressione che, ricordo, non si intende come una entità spirituale particolare, è una maniera per indicare l’intervento di Dio nell’umanità. Questo è bene ricordarlo, perché una delle difficoltà che incontriamo quando leggiamo il vangelo, è che fin dall’inizio vediamo un gran svolazzare di ali e di altre realtà, che poi non corrispondono alla nostra esperienza.

Chi di noi può affermare di aver mai visto un angelo, almeno così come ce lo rappresentano, o come ce lo immaginiamo? Il termine “angelo, angeli”, nei vangeli, non significa altro che “Dio interviene”, attraverso persone, (gli angeli a volte sono degli individui concreti), o situazioni. Nel linguaggio biblico tutte quelle persone, situazioni, momenti ed emozioni che ci hanno fatto sentire il desiderio di sviluppare, di sprigionare quell’energia vitale che è prigioniera in ognuno di noi, permettendoci di comunicare vita agli altri, vanno sotto la voce “Angeli del Signore”.

Vedremo poi, che al versetto 15 si parla di Signore; prima si legge che l’angelo del Signore appare, dopo “e il Signore gli disse”. Quindi angelo del Signore, o Signore sono la stessa realtà. Continuando: “Ed ecco l’angelo del Signore si presenta a loro e… Accade qualcosa di inconcepibile. Ci dobbiamo calare nella realtà culturale e religiosa dell’epoca; qui abbiamo un gruppo di persone che vivono al di fuori della legge, immerse fino al collo nel peccato, persone che non hanno alcuna possibilità, neanche di pregare Dio, perché per pregare Dio devono essere puri e loro, per la loro condotta di vita sono sempre impuri.

Quindi, secondo una certa tradizione religiosa, una certa mentalità, dovremmo aspettarci di sentire: “e li sterminò tutti quanti”. Invece: …e la gloria del Signore li avvolse con la sua luce! Lo dico come battuta e sarà un ritornello in ognuno di questi episodi: allora non c’è più religione! A questa gente che vive ai margini della società civile, esclusa dalla religione, a queste persone che vivono come delinquenti, (tra di loro furti e omicidi erano all’ordine del giorno), quando Dio compare, anziché emettere un giudizio di condanna e quindi di castigo, li avvolge con la sua luce! Cioè li avvolge con il suo amore.

Difatti, vediamo la reazione dei pastori: “e furono presi da grande paura”. Dinanzi ad una manifestazione di Dio, sapendo che quando Dio si manifesterà li sterminerà tutti quanti, vengono presi da grande paura, sono sconvolti. Ma l’angelo, lo stesso Signore, dice loro: “Non abbiate paura”. Quando Dio si rivolge alla gente che vive nel peccato, a questa gente che teme l’atteggiamento di un Dio vendicativo, del Dio della religione che castiga, di un Dio che è capace di castigare per tutta l’eternità, la prima parola che dice è: “non temete”. Dio non è da temere, Dio non fa paura. Dice: “non temete, anzi, vi annuncio una grande gioia”.

Scusate se sono ripetitivo, ma veramente non c’è più religione! Dio non deve castigare i malvagi, punirli? Dio, quando si presenta ai peccatori, perché questi sono dei peccatori, obbiettivamente sono persone che vivono al di fuori della legge, non osservano i precetti, si comportano in maniera disonesta tra di loro, (immaginatevi questi pastori, senza istruzione, erano effettivamente dei selvaggi, dei primitivi), dice loro: “non abbiate paure io vi comunico una grande gioia”.

Queste narrazioni non sono state scritte per edificarci, per il ricordo di qualcosa avvenuto 2000 anni fa, ma l’evangelista ne carica ognuna di valori teologici che sono validi anche per noi oggi. Quindi, queste indicazioni sono valide per ognuno di noi. Ebbene, Dio a chi vive nel peccato senza possibilità di cambiare la propria esistenza, (perché questa categoria di persone non aveva la possibilità di cambiare, non poteva dire oggi smetto di fare il pastore e vado a fare il cittadino), a questa gente condannata a perpetuare la propria vita nel peccato, non mette alcuna condizione! Non dice: se cambiate vita, vi annuncio parole di gioia, ma ora vi annuncio una grande gioia, non temete.

E questa grande gioia consiste nel fatto che è nato, nella città di Davide, un salvatore che è il Messia Signore. Ma il Messia non ci doveva ammazzare tutti quanti, il Messia non ci doveva sterminare, non doveva eliminare questa feccia dalla società, dalla faccia della terra? Niente di tutto questo! L’annunzio è che troverete uno che è nato come voi, in mezzo alle bestie, lo troverete in una povera casa, in una mangiatoia. Assieme al Signore, tutto l’universo conferma questa grande realtà (il versetto 14 è stupendo): “Gloria nel più alto dei cieli a Dio e pace in terra a tutti gli uomini oggetto del suo compiacimento”. Notate questa traduzione, che almeno da una ventina di anni è cambiata. Ricordate come era settaria prima; lo ricordiamo tutti nel presepio, c’era l’angelo con lo striscione “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Quindi la gloria a Dio nell’alto dei cieli è assoluta, la pace in terra solo a quelli di buona volontà, quelli senza buona volontà non hanno la pace.

Vedete l’importanza della traduzione per rendere appieno il significato del messaggio di Gesù. Cosa ci vuol dire Luca? Che la gloria di Dio, che sta nell’alto dei cieli (gloria significa la manifestazione visibile di quello che uno è), che la manifestazione visibile di quello che è Dio, è la pace. Il concetto di pace, in ebraico, consiste nella felicità, nel benessere, nell’allegria, nella serenità, in tutto quello che concorre al bene dell’uomo. Ebbene la gloria di Dio, il compiacimento di Dio, la manifestazione visibile di quello che è Dio, si manifesta quando tutti gli uomini raggiungono questa condizione di pace. Ma quali uomini? Tutti!

Luca scrive letteralmente: gli uomini oggetto del suo amore. Vedete che Luca non fa che ridire con altra forma, con altre immagini, quello che abbiamo visto nel vangelo di Giovanni. Dio è amore e questo amore si comunica ad ogni uomo, che non lo deve meritare, lo deve semplicemente accogliere. Allora qui Luca apre con queste immagini che giustificano l’atteggiamento di Dio: la manifestazione visibile dell’amore di Dio è quando ogni uomo raggiunge una condizione di benessere e di felicità e ogni uomo è oggetto del suo amore.

Qui crolla uno dei pilastri della religione, che è quello della necessità della tribolazione e della sofferenza, dell’ascetismo per essere graditi a Dio. Dio non gradisce e non ama e non chiede le sofferenze e le tribolazioni dell’uomo, chiede soltanto di essere accolto con la sua manifestazione d’amore. Quindi l’immagine che Luca ci dà è quella della pace, la felicità dell’uomo. Il progetto di Dio sull’umanità, al quale ognuno di noi è chiamato a collaborare, è che ogni uomo raggiunga la pienezza della felicità. Tutto quel bagaglio tipico della perversione religiosa fatta di mortificazioni, rinunce, sacrifici fatti per Dio, non serve a niente. Se invece sono fatti per procurare la felicità all’uomo, senz’altro!

Appena scompare questa manifestazione divina i pastori si recano a Beetlemme per vedere tutto quello che Dio ha annunziato loro e quando entrano nell’abitazione dove trovano, scrive l’evangelista, Maria, Giuseppe e il Bambino, raccontano a tutti i presenti quella che è stata la loro esperienza. E leggiamo nel versetto 18: tutti quanti erano sconvolti. Perché? Perché cambia completamente la prospettiva religiosa; tutto quel castello teologico che ci presentava un Dio che veniva a separare i buoni dai cattivi, è crollato. Qui arrivano i pastori, questi delinquenti nati, queste bestie selvatiche, e vengono a dire: “Ci è apparso il Signore e ci ha detto che per noi è venuta una buona notizia”. “Per voi? Guardate che dice così perché ora è piccolino, ma quando cresce vi elimina tutti quanti!” “Ma no! L’angelo del Signore, gli angeli ci hanno avvolti con il loro amore”. “Impossibile! Voi siete nella impurità completa, Dio non può neanche entrare in contatto con voi!”

Tutti rimangono sconvolti da questo messaggio, tutti quanti. Però si legge, che mentre tutti erano sconvolti da questo messaggio, Maria ci riflette nella sua testa. Tutti, compresa Maria, vengono sconvolti, perché cambia completamente la religione, o meglio si distrugge la base della religione; ma Maria incomincia a riflettere nella sua testa. In questa figura di Maria, Luca ci presenta la primitiva comunità cristiana che non ha compreso ancora in pienezza il messaggio di Gesù, (anche se Luca è il più spinto tra gli evangelisti), ma incomincia questa riflessione. Sono sconvolti, perché Gesù ha eliminato tutto quello che regge il castello religioso, ci ha presentato un Dio dagli atteggiamenti tali da essere censurato, però, non viene rifiutato. Maria rappresenta la parte della comunità cristiana che, seppur sconvolta, incomincia a riflettere.

Iniziamo la lettura di un altro episodio, anche questo estremamente sconvolgente, che se compreso può cambiare la nostra esistenza e, soprattutto, dare serenità a tante persone che proprio in nome di Dio, in nome della religione e in nome della morale religiosa, vengono fatte soffrire. L’episodio è al capitolo 7, versetto 36. Gesù viene invitato a pranzo. Vi dò un consiglio da amico: se non siete con le carte più che in regola non invitate a pranzo Gesù, perché nel vangelo di Luca per tre volte Gesù viene invitato a pranzo e per tre volte manda all’aria la festa e lascia tutta la gente con il cibo indigesto. Tre volte Gesù viene invitato dai farisei e tre volte il pranzo salta all’aria.

Abbiamo visto, ieri sera, che Gesù dice ai farisei siete dei sepolcri invisibili; cos’è successo? Gesù è stato invitato a pranzo e si siede a tavola senza lavarsi le mani. Il lavarsi le mani non è considerato un gesto appartenente al campo dell’igiene, ma è un rito religioso obbligatorio. C’è la prescrizione esatta su quanta acqua bisogna versare sulle mani, con quale mano cominciare, ecc. Gesù, che non riconosce tutta la superstizione di questi atteggiamenti tutti tesi nei confronti di Dio, entra e mangia e queste persone pie lo guardano sott’occhio.

E Gesù comincia con una filippica tremenda contro i farisei, apostrofandoli con vari titoli brutti, quando calca la mano e uno dei dottori della legge dice “oh, Gesù, ma se parli in questo modo guarda che offendi pure noi!”. Non l’avesse mai fatto! Gesù si volta e dice: guai pure a voi! E tutta un’altra serie di improperi contro questa gente.

Ma vediamo la prima volta che Gesù è stato invitato ad un pranzo: “Lo invitò uno dei farisei”. Il termine fariseo significa, in ebraico, “separato”. Chi sono? Sono dei laici che attraverso l’osservanza fedele dei precetti religiosi, si separano dalla gente e questa separazione è per anticipare e far venire presto sulla terra il regno di Dio. Quindi quella gente, come abbiamo visto ieri sera con Elisabetta e Zaccaria, osservava con scrupolo tutti i precetti religiosi. Quando Gesù inizia la sua attività, questo circolo di farisei tenta di portarlo dalla propria parte, perché un leader come Gesù, naturalmente, fa comodo ad ogni espressione della vita ebraica.

Allora venne invitato a pranzo. Invitare a pranzo non significava soltanto un dividere il pranzo, ma nella mentalità culturale dell’epoca, siccome si mangiava tutti quanti ad uno stesso piatto, invitare a pranzo e mangiare con qualcuno, significava “comunanza di vita” e quindi comunanza di idee. Allora Gesù viene invitato a pranzo, perché questo fariseo tenta di portarlo dalla sua parte, essendo i farisei i propugnatori di questa idea teologica del merito: devo meritare e devo dare l’esempio. Invitato a pranzo, Gesù entra e si mette a tavola.

Ricordo che nei pranzi importanti, naturalmente non tutti i giorni, la gente mangiava sdraiata su dei lettucci e appoggiata su un gomito. Ed ecco che Luca crea la suspense: entra una donna di quella città, una peccatrice. Peccatrice è un termine per indicare una prostituta. Si crea subito un grande contrasto: c’è il fariseo, la persona che grazie all’osservanza delle legge si separa da tutti gli altri, quindi il pio per eccellenza, c’è Gesù, e durante il pranzo entra una donna, ma questa donna è una peccatrice.

Una parola sul fatto della prostituzione, per comprendere bene il brano. La prostituzione, a quell’epoca, non era una libera scelta della donna per guadagnarsi la vita, non esisteva questo concetto. Normalmente erano delle schiave costrette a prostituirsi dal proprio padrone, ma il più delle volte (e questo fa parte della cultura ebraica), siccome la nascita di una bambina era sempre considerata una punizione per i propri peccati, quando in una famiglia erano nate già un paio di bambine, tutte le altre nasciture venivano o soppresse, oppure gettate via. Questo era normale, non era un reato. La bambina veniva messa fuori della casa, passava il mercante di schiavi, prendeva la creatura, la allevava e all’età di cinque anni (di questo abbiamo tutta la documentazione storica) la iniziava alle arti orientali, particolarmente raffinate, della prostituzione; a otto anni già entrava in esercizio.

Quindi, quando nei vangeli si legge di una prostituta, non si deve intendere una donna che volontariamente, per qualsiasi motivo, esercita questa professione, ma una creatura che fin dalla più tenera età non sa far altro. E’ stata educata a questo fin dall’età di cinque anni e a otto anni entra in esercizio, per procurare piacere al maschio; è l’unica sua cultura, l’unica sua formazione. E una prostituta non può ad un certo punto della sua vita, per qualunque motivo, cambiare attività; cosa va a fare? Nella cultura orientale una donna, se non apparteneva ad un clan familiare, non aveva diritto all’esistenza e una prostituta ne era esclusa; cosa poteva a fare allora? Una prostituta non si poteva convertire e dire: oggi vado a fare la terziaria! La prostituta era condannata per sempre a fare questa attività.

Abbiamo quindi una donna di quella città, quindi conosciuta, che è una peccatrice; questa donna si rannicchia dietro Gesù e con le lacrime incomincia a bagnargli i piedi, ha portato anche un vaso con un profumo, e li asciuga con i capelli. E’ la descrizione di un’arte erotica. Le donne, tutte le donne dalla pubertà girano con il velo; ancor oggi, se andate in oriente, potete vedere nel mondo islamico come la donna è velata. La donna è velata anche in casa e si toglie il velo soltanto di fronte al marito e ai propri figli, ma di fronte ad un estraneo porta sempre il velo. A quell’epoca erano solamente le prostitute che andavano in giro senza velo.

Qui abbiamo una donna che si rannicchia accanto a Gesù e l’unica maniera che ha per rivolgersi a Lui, e vedremo che la usa per esprimere riconoscenza, per esprimere amore, è quella che le è stata insegnata fin da piccola. Non conosce altri atteggiamenti; usa le arti della seduzione, della prostituzione, per esprimere il suo atteggiamento. Vedremo poi il fariseo come giudica male questo atteggiamento. La donna prende un unguento e incomincia a ungere i piedi di Gesù e soprattutto con i capelli incomincia ad asciugarli. Ripeto che la donna onesta non faceva mai vedere i capelli, i capelli erano un elemento di forte erotismo.

E’ una scena veramente scabrosa, ma scabrosa agli occhi di chi? Ci sono due atteggiamenti, che ora vedremo, che dovrebbero incidere profondamente in ognuno di noi. C’è questa scena, che sembra di seduzione, ed ecco il fariseo che pensa tra sé: costui (riferito a Gesù, con un termine dispregiativo “questo qua”), se fosse un profeta, saprebbe che razza di donna è questa che lo…. qui il termine è molto forte perché c’è una connotazione sessuale, non è semplicemente toccare, ma la traduzione in italiano sarebbe “palpare”, “tastare”; un massaggio erotico, è questo che il fariseo vede. Davanti ad una donna che sta facendo una data azione, il fariseo, dal punto di vista della religione, di cui egli è un rappresentante, vede una peccatrice che tenta di sedurre Gesù e quindi lo accusa: se costui fosse un profeta saprebbe che razza di donna lo sta tastando, lo sta palpando. Quindi è il discredito verso Gesù, perché dovrebbe sapere che è una peccatrice, una peccatrice che lo sta provocando e sta facendo tutti i preliminari per invitarlo ad una relazione erotica. Questo è il punto di vista del fariseo.

Il racconto si sviluppa in maniera magistrale per far vedere il contrasto tra i due sguardi: quello del fariseo, che in nome della religione vede un dato atteggiamento e lo giudica, e quello di Gesù. Gesù si rende conto di questa atmosfera e reagisce: “Simone ho qualcosa da dirti”. Notate, perché è tipico delle persone molto religiose, Simone ha appena disprezzato Gesù in cuor suo, non considerandolo un profeta perché si sta facendo fare queste cose, ma appena Gesù gli rivolge la parola è subito molto rispettoso: “Maestro dimmi”. Se io mi rivolgo a qualcuno chiamandolo maestro, significa che voglio imparare da lui, ma in realtà è Simone che sta facendo da maestro a Gesù: se fosse profeta saprebbe che razza di donna è questa. Quindi è Simone che vuole fare da maestro e insegnare a Gesù, ma quando Gesù gli rivolge la parola, ecco che cambia, diventa tutto untuoso e lo chiama maestro.

E Gesù pone quell’esempio dei due debitori, uno che deve 500 denari, circa un anno e mezzo di salario, e uno che deve 50 denari; al che, il creditore condona a tutti e due. Chiede Gesù: chi dei due sarà più riconoscente? E Simone risponde giustamente: quello al quale ha condonato di più. Allora Gesù incomincia l’accusa e dice: vedi questa donna… Ecco il contrasto tra le due visioni. Simone ha detto “se Gesù fosse un profeta vedrebbe la peccatrice”, Gesù lo richiama alla realtà “vedi questa donna”. Il religioso vede la peccatrice, Gesù vede la donna senza etichetta, vede quello che è la sua realtà.

Gesù rimprovera il fariseo, dicendo: sono entrato e non mi hai unto, mentre questa donna mi sta ungendo con le sue lacrime, non mi hai baciato e questa donna sta ancora continuando a baciarmi. Poi il finale, veramente scandaloso e scabroso, in cui Gesù dice che questa donna ringrazia molto, perché molto le è stato perdonato; ma ancora di più, qualcosa di inaudito, al versetto 50, quando Gesù dice alla donna: la tua fede ti ha salvato. La fede? Quello che agli occhi della religione era un atteggiamento di peccato, un invito a peccare, Gesù lo considera come espressione di fede. Questa donna voleva esprimere la sua riconoscenza a Gesù, ma non aveva altra maniera di esprimerla se non nel modo nel quale era stata educata. Era stata educata per piacere agli uomini fin dalla sua più tenera infanzia, come abbiamo visto erano le prostitute; ora vuole ringraziare il Signore e lo fa nella maniera con cui è stata educata. Gesù, se fosse stato una brava persona religiosa, avrebbe dovuto ritirarsi schifito: tu con quelle mani sporche, con quelle labbra luride, tocchi me, il santo di Dio?

Invece Gesù accetta, sa che per questa donna è una manifestazione della sua riconoscenza e quello che agli occhi della religione è peccato, agli occhi di Gesù viene innalzato al livello di una manifestazione di fede. Una fede, scrive l’evangelista, che ottiene il perdono del proprio passato, con l’invito di Gesù di continuare a camminare nella pace. Guardate che è una cosa veramente scandalosa.

L’altro brano che, come abbiamo visto, è stato censurato dalla comunità di Luca è meno grave di questo, perché almeno lì Gesù dice vai e non peccare più, mentre qui Gesù assolve la peccatrice, ma non le dice di cambiare mestiere, iscriviti tra le terziarie; dice la tua fede ti ha salvato, continua nella pace.

Il vangelo termina qui e quindi facciamo una cosa che non ci è lecita, ma ci possiamo chiedere: quale è stato il seguito? Questa donna cosa ha potuto fare dopo? Rientrare nella famiglia? Figuriamoci, chissà quale sarà stata la sua famiglia. Trovare marito? No di certo, era una prostituta. Ripeto, stiamo facendo una cosa che non è lecita perché il vangelo termina qui, però penso possa essere stimolante, quella donna avrà continuato nell’unica cosa per la quale era stata allevata a fare. E perché Gesù non le dice di cambiare vita, come all’adultera, non le dice vai e non peccare più? Gesù, vedendo questa manifestazione di amore, prima dice che il suo passato le è completamente perdonato, i peccati le sono stati perdonati e poi, dice la tua fede ti ha salvata, continua (letteralmente) a camminare nella pace.

Ricordate il termine pace, l’apparizione angelica “pace a tutti gli uomini”, qualunque categoria degli uomini, qualunque sia la loro condizione, qualunque sia la loro vita, ogni categoria è chiamata a partecipare a questa pienezza di felicità. Ma quello che è scandaloso, è che Gesù non chiede a questa prostituta di cambiare vita. Non sappiamo, può darsi che abbia cambiato vita, come hanno fatto tante sante, che si sia ritirata in una grotta a macerarsi per il resto della sua vita; ce ne abbiamo di storie, o di leggende del genere. Il vangelo non lo dice; la cosa scandalosa é che quello che agli occhi della religione, di Simone il fariseo, viene visto come espressione di peccato e quindi di morte, agli occhi di Gesù viene visto come espressione di fede e quindi di vita.

Allora, già questo primo brano ci invita a cambiare completamente lo sguardo nei confronti sia di noi stessi, che degli altri e sintonizzare la lunghezza d’onda del nostro sguardo con quella di Dio. Tante persone vengono tenute lontane da Dio in nome di Dio stesso, o in nome della religione e viene posto uno steccato affinché non si avvicinino, viene considerato un peccato il loro avvicinarsi. Ebbene Gesù, quando queste persone hanno il coraggio di trasgredire i tabù religiosi e morali, una volta che costoro lo fanno, dice: la tua fede ti ha salvato!

L’altro episodio, che facciamo brevemente perché termina con le stesse parole, è quello della donna con un flusso mestruale continuo; capitolo 8, versetto 43. C’è una donna che è in una condizione disastrosa, ha un continuo flusso mestruale, che significa perdita di vita. Questa condizione la fa considerare, agli occhi della religione, come impura, per cui non può pregare Dio, ma l’unico che potrebbe guarirla è Dio stesso. E’ un circolo vizioso. Si trova in una situazione dalla quale non può uscire se non chiedendo l’aiuto a Dio, ma l’aiuto a Dio non lo può chiedere proprio perché si trova in questa situazione. E’ una donna con la quale non si possono avere rapporti matrimoniali, quindi condannata alla sterilità e alla morte.

Ebbene questa donna, (ecco di nuovo che le donne nel vangelo di Luca sono privilegiate), si avvicina a Gesù e lo tocca e la reazione di Gesù è alquanto strana. Se fosse stato una brava persona religiosa (per fortuna Gesù non era religioso) avrebbe detto: tu, brutta zozzona, con quella malattia che hai tocchi me? Perché la donna in quelle condizioni rendeva infetta ogni cosa, o persona che toccava. Gesù, vedendo che questa donna ha trasgredito la parola di Dio, (il libro del levitico diceva che una donna in quelle condizioni non poteva toccare nessuno) non solo non la rimprovera, ma le parla con amore, la chiama addirittura “figlia”, (figlia significa che è una consanguinea sua), e le dice: figlia la tua fede ti ha salvato.

La fede? Ma allora qui e mi ripeto ancora una volta, non c’è più religione! Questa donna sta trasgredendo tutte le norme della religione, perché una donna in quelle condizioni non può toccare nessuno, non si può rivolgere a Dio; questa trasgredisce tutto quanto e Gesù, anziché rimproverarla e minacciarla, dice che il gesto che ha fatto è un’espressione di fede! Una fede che addirittura salva e permette di continuare ad andare nella pace. Si capovolge il mondo!

Quello che agli occhi della religione viene considerata trasgressione e sacrilegio, agli occhi di Gesù è espressione di fede! Sono tante le persone che, in nome di Dio, vengono tenute lontane da Dio stesso, e non osano passare questo confine della trasgressione, ma quando hanno il coraggio di farlo, Gesù dice: finalmente, era ora, cosa aspettavi! Ma non ho peccato? Avvicinarsi a Gesù è sempre manifestazione di fede, anche se ci possono essere norme religiose che lo vietano, anche se ci può essere la parola di Dio scritta che lo proibisce.

Bene, terminiamo qui questa prima parte.

16-9-95
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